Contrappunti e fughe interminate di poesia
Adam Vaccaro
Antonio Spagnuolo, Proiezioni al crepuscolo, Le stelle di Macabor 8, giugno 2022
Dovrei richiamare quello che scrissi nel 2019 a proposito di due libri precedenti di Antonio Spagnuolo – ISTANTI O FRENESIE, puntoacapo, 2018, e POLVERI NELL’OMBRA, Oèdipus, 2019 – vedi in https://www.milanocosa.it/eventi-milanocosa/mauro-macario-e-antonio-spagnuolo. In esso parlai di Sinfonie d’Autunno e di musica resistente agli schiaffi e alle dure leggi della vita. Con questo libro l’Autore continua a dare forma alla sua musica, che non solo resiste, ma entra nel nontempo, irridendo ogni inevitabile punto di arrivo del nostro limite umano.
È una musica che parte magari dalle perdite e insolenze dell’esperienza, ma trova poi modi di fuga per non piegarsi ad esse, facendo di questo moto fonte di invenzioni di onde sonore, interminate e interminabili di aria e libertà. Le singole molecole verbali – che i linguisti chiamano microtesti – diventano anelli di rifrangenze di uno spirito lucido incarnato in figure che ci conducono oltre le angustie di spazio e materie da cui incidentalmente partono.
Come nelle precedenti opere, Antonio Spagnuolo inanella platoniani attimi d’infinito, che la poesia autentica sa far brillare e risuonare tra corpo e sacralità, oltre il proprio giardino, vincendo la scommessa di non rimanere solo fascinose formiche di carta, ma lascito di sapori di vita.
I suoi sono moti di toccata e fuga che ci riconducono a quella musica inventata da un gigante del Barocco, quale è stato Johann Sebastian Bach. E la connessione tra le forme bachiane e la poesia di Antonio Spagnuolo spinge a un pur rapido richiamo di un arco storico in cui il Barocco divenne, in tutte le arti, la forma di un’epoca che va dalla fine del 16° secolo alla metà del 17°. Forme che a mio parere non sono sconnesse da un clima socioculturale di repressione di un pensiero unico dominante, articolato tra Chiesa romana, Tribunali dell’Inquisizone, Indice dei libri proibiti, monarchie assolute in Europa, con immense povertà di popolo, pestilenze e indifferenti, ignare sfarzosità nobiliari. Un contesto in cui maturavano, invisibili, le uscite rivoluzionarie successive.
Il Barocco diede forma a suo modo ai bisogni di andare oltre staticità apollinee, e Bach elaborò in Musica una architettura sonora che prende anche noi moderni col suo fascino, perché irride porti chiusi continuando a condurci lungo un flusso di domande di un oltre, che non è mistico ma terreno, quanto più è capace di trasmettere godimento nel tempo e nello spazio del presente.
Tutto questo, da un lato rende modernissima l’arte sublime dei contrappunti dinamici costruiti dalla musica di Bach, dall’altro ci fa capire perché essa continua ad affascinarci, nel contesto attuale, ugualmente ricco di insolenze che al momento ci appaiono senza uscite. Al tempo stesso, danno conto del perché, parlando e leggendo i versi di Antonio Spagnuolo, sia giustificato il richiamo della musica di Bach. E credo che anche solo pochi versi possano riuscire a darne un’eco:
“Era tempo di luci, a volte morbide, / attorno al tuo profilo delicato dei colori,/ tra le semplici velature di foschie/ lungo le strade del destino”, e mentre si “precipita a ritroso/ dove tutto si piega terribilmente/ nell’altrove.” (Prigioniera, p.7); “Attesa è oscuro filtro, un singhiozzo/…/ pronto al delirio di semplici dolcezze/…/ Prendo il foglio bianco a penetrare/ geometrie incredibili socchiuse alle ceneri/…nel rinnovare sorrisi ed utopie/ corrose.” (Attese, p.38); “Come una conchiglia sulla spiaggia/…tra sabbia e alghe lussureggianti/…Sento il piombo della morte sulla pelle/ nessuna promessa da offrire,/ soltanto narrare una storia/…rotolando nei sogni.” (Conchiglia, p.76).
E sia pure solo per confermare il filo ininterrotto delle fughe di Antonio, cito da ISTANTI O FRENESIE alcuni versi: “Era la storia che spezzava gli anni/ tra le mie parole,/ la paura del flauto ferito/ da quel dio insolito…/ sgualcendo cattedrali”.
8 settembre 2022
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