A. Vaccaro

Trasmutazioni-Alchimie in Caoslandia – Adam Vaccaro – Roma

Pubblicato il 29 marzo 2025 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

Ringrazio di cuore l’impegno culturale e organizzativo di Anna Maria Curci che, insieme a Donato Di Stasi e Francesco Muzzioli, saranno con me al Villaggio Pentatonic di Roma, il prossimo 6 aprile – H 16,30-18,30 – a presentare il mio Trasmutazioni.

Invito gli amici che potranno essere presenti a condividere questo momento di poesia e riflessioni stimolanti (A.V.)

Associazione Culturale “Villaggio Cultura – Pentatonic”

Viale Oscar Sinigaglia, 18/20 – Roma
Domenica 6 aprile 2025, dalle 16,30 alle 18,30*

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GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA – PADOVA

Pubblicato il 18 marzo 2025 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini
XXXII Giornata Mondiale della Poesia
Padova – 21 Marzo 2025
*** scarica la locandina 

I poeti di Gaccione – Adam Vaccaro

Pubblicato il 16 marzo 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Angelo Gaccione, Poeti – Ventinove cavalieri e una dama,
Di Felice Edizioni, Martinsicuro, 2025
Adam Vaccaro

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Articolo già apparso sul Giornale d’Italia, il 6 marzo e su Odissea del 9 marzo 2025 – seguono i link relativi:
https://www.ilgiornaleditalia.it/gallery/cultura/687640/angelo-gaccione-ritorno-alla-poesia-con-la-pubblicazione-di-poeti-ventinove-cavalieri-e-una-dama-per-la-di-felice-edizioni.html
*
https://libertariam.blogspot.com/2025/03/i-poeti-di-gaccione-di-adam-vaccaro_9.html

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Il J’accuse di Adam Vaccaro – Francesco De Napoli

Pubblicato il 14 marzo 2025 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro

Dopo la I Parte – vedi a https://www.milanocosa.it/saggi-poesia/il-jaccuse-di-adam-vaccaro-francesco-de-napoli – segue la

II Parte del saggio di Francesco De Napoli, dedicata specificamente a  Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia 

(2024, puntoacapo Ed.)

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IL SOFFERTO J’ACCUSE DI ADAM VACCARO
IN UN MONDO DI PERVERSI ANTROPOIDI

Francesco De Napoli

II PARTE

IL POEMA DELLA DISPERAZIONE E DELLA RIFLESSIONE “TRASMUTAZIONI – ALCHIMIE IN CAOSLANDIA”

Nel 2024 Adam Vaccaro pubblica una nuova raccolta, “gemella” di Google – Il nome di Dio. Si intitola “Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia”, nella quale le tematiche affrontate si presentano dialetticamente e strettamente collegate con quelle della silloge precedente, ma con accenti lirici che mutano impostazione e prospettiva. Il poeta ha scaricato nella raccolta precedente tutto il suo rancore, la sua ironia, il suo disappunto. Ora alla passione e al risentimento si affiancano, fin quasi a sostituirli, la riflessione e la ponderazione. Nella Postfazione, Gabriella Galzio parla di sistole e diastole della poesia di Vaccaro. L’autore è consapevole che la poesia deve sforzarsi di costruire, non di distruggere. Certamente è possibile edificare anche attraverso la satira più feroce, ed è ciò che Vaccaro aveva realizzato in Google – Il nome di Dio. Ma ora è necessario raccogliere le schegge infrante d’una realtà irriconoscibile, cercare di riunirle e armonizzarle per contrastare l’infinita varietà di spurie manipolazioni perpetrate in un mondo in liquefazione. Nota John Picchione nella Prefazione:
“Vaccaro è guidato da una poetica radicata nella consapevolezza che la disintegrazione temporale e la crisi dei grandi racconti, legate alla nostra tarda modernità, rappresentano due poli di una medesima condizione storica. Ne consegue una poesia che nel suo macrotesto mira a restituirci la possibilità di rielaborare un metaracconto dei nostri tempi e di avversare lo sbriciolamento e l’indebolimento delle versioni del mondo. (…) Al dissolvimento di un obiettivo umano diretto a medicare le ferite della Storia, Vaccaro propone mappe conoscitive, etiche e politiche per restituirci un orientamento e ravvisare segnali di liberazione.”
Come Google, anche Trasmutazioni è suddiviso in quattro Parti: Frane quotidiane – Cosa senza Nome; Pietre senza Luna – Nel macero della Storia; Sassi volanti – Davide senza Golia; Pietre miliari – Memorie e Visioni.
La Prima Sezione mette a nudo con uno sguardo non più giustizialista – ma sempre estremamente severo – i falsi miti della modernità, che poi altro non sono che le sciocche credenze in cui l’umanità affoga da sempre: dall’“altare del fuoco acceso” dei templi pagani e cristiani ai “deliri di conquista”; dal bruco di “Alice nel Paese delle Meraviglie” alla “Cosa” (è ancora la poesia?) “che carezza e consola” nonostante la latitanza dell’atteso “godot rimasto irridente nel nulla”; dagli “Eroi quotidiani” che si nutrono della “Cultura del brutto” al “Regno D’Io” da cui “s’alzano nere colonne/ di fumo d’anime consunte” sulle quali fluttua “l’ala gelida del male”, mentre “i cancelli del Cielo” hanno perso ogni credibilità e “arrugginiscono nel loro/ caduco arzigogolo”.
La Seconda Sezione tratteggia con superiore acutezza e senza eccessivo livore le macabre carnevalate di quanti “parlano di guerra come fosse / un torneo di calcio”, inoltre dipinge un ritratto nuovo di zecca del “Dottor Stranamore 2022” sulla cui groppa cavalcano “trionfalmente / allegri (…) ignari” – soprattutto incoscienti – ciurmaglie di invertebrati incapaci di vedere “in fondo la luce dell’Apocalisse”.
La Terza Sezione sembra rievocare in diverse liriche la primigenia saggezza dei filosofi e poeti presocratici, quel sapere istintivo e ingenuo su cui fu edificata la cultura dell’antichità classica. È l’insuperabile patrimonio di valori che per Adam Vaccaro è fondamentale per cercare di individuare l’originaria sapienza umanistica, e insieme scientifica, della storia della civiltà. Questo perché nell’Umanesimo delle origini era tenacemente radicata una componente esistenzialistica. Nell’antica filosofia greca l’osservazione e la meditazione sul significato dell’esistenza erano inseparabili da una concezione etica e umanistica del mondo.
Era un esercizio collettivo basato sull’osservazione della realtà che tendeva a ridimensionare le credenze sul mito per sviluppare un pensiero razionale, ancorato alla realtà antropologica e naturalistica. Ciò accadeva nonostante che i miti greci fossero l’espressione genuina, spontanea e diretta di quella cultura primordiale.
In un’epoca in cui la menzogna viene elevata a verità e la sopraffazione è la regola, il crollo di qualsiasi ideale positivo è un fatto compiuto e quasi irreversibile. Oggi i manipolatori del pensiero s’inventano a tavolino falsi miti (Harry Potter, Batman, Capitan America, ecc.) assolutamente sganciati dalla realtà concreta, che vengono imposti su masse composte da soggetti psicolabili.
In “Armi di distrazione” Vaccaro affronta la questione con tagliente fermezza: “(…) sei libero e felice di/ scegliere tra i/ mille canali/ dove/ affogare/ nel vuoto/ di ogni idea/ d’un pensiero/ drone d’una mano/ avida di telecomando/ tra supereroi e serialkiller/ poliziotti machi e criminali (…)”.
Ricordiamo che una delle maggiori opere filosofiche del Novecento, firmata da Jean-Paul Sartre, si intitola: “L’esistenzialismo è un umanismo”. È questa la vera Cultura che gli antropoidi del Terzo Millennio avevano ereditato senza minimamente apprezzarla né meritarla, ragion per cui l’hanno calpestata e rinnegata con colpevole faciloneria.
In questa Terza Sezione ci imbattiamo in “La Mano e il Sasso”, un distico perfetto. È un capolavoro di immediatezza poetico-creativa. Leggiamo: “nel volo di un sasso cogli la mano e/ nel suo brillio la memoria dell’acqua”.
Notevolissimo anche “Sassi e Scale”, un frammento poetico leggermente più articolato che si avvale d’una costruzione metrica più ampia, ma sempre racchiusa nell’orbita del discorso precedente: “Se un sasso/ ferisce il tuo passo/ tu fanne canto momento/ e moto teso a un salto più alto”.
Cosa intende dirci Vaccaro attraverso versi così scabri e nudi? Le immagini del “sasso” e dell’“acqua” simboleggiano la primitività dell’essere e della nostra stessa vita. Il poeta lancia un segnale preciso: la prospettiva di un “salto più alto” si pone come umile auspicio, esortazione al recupero degli strumenti primordiali e antichissimi che consentirono all’umanità di progredire. È illusorio pretendere di spingersi oltre utilizzando meccanismi informatici sempre più sofisticati. Il pianeta Terra non è in grado di sostenere ad oltranza l’attuale sperpero di energie e di risorse al servizio di un consumismo sfrenato che sta appestando terra, aria e acqua, e da cui trae beneficio una piccola cerchia di privilegiati.
La Quarta Sezione rappresenta l’epifania finale. È un affranto j’accuse appena mormorato, l’estremo e sommo canto di decantazione del perenne incubo/sogno del quale gli esseri umani sono, ad un tempo, gli artefici e le vittime. È la condizione comune di fatale alienazione che lega indissolubilmente passato, presente e futuro, minando alle radici il raggiungimento d’un vero e duraturo progresso civile e culturale. La poesia intitolata “Trasmutazioni” – che dà il titolo alla raccolta – chiarifica i legami, e insieme le fratture insanabili che avvinghiano eppure dividono – in maniera sempre più folle e stridente – l’impasto di allucinazioni, ambizioni e angosce da cui l’umanità è morbosamente affetta. Scrive Adam Vaccaro:
“La vita è a volte così amata, amore mio,/ che ti versa qui gocce di falsodolce/ di prove di miracoli folli di/ trasmutazioni d’alchimista/ alla ricerca di nomi a cose esistenti/ così resistenti, ma solo in sogni d’Icaro/ d’ali impossibili d’umano”.
In questi versi troviamo tutto ciò che conta veramente, vale a dire la condanna di qualsiasi chimera e superstizione, dai miracoli su cui è costruito il potere temporale delle gerarchie sacerdotali alle moderne ali d’Icaro (le astronavi di ultima generazione) di cui magnati come Elon Musk intendono dotarsi per dominare non solo la Terra ma l’intero Universo.
Alle sfrontate e grandiose messinscene che i potenti di turno danno in pasto a un servitorame sempre più inebetito, il Poeta contrappone alcune sequenze di vita vera forse possibili ancora per poco: l’apina che “volava felice di fiore in fiore” pur temendo il ronzio del calabrone che la inseguiva; il piccolo Pierino che “tra pozzanghere e ciuffi d’erba/ (…) credeva/ ancora in quello che vedeva e sentiva”; infine “quei tram verdi/ degli anni sessanta, sogni di una libertà/ priva di colori (..)/ bastava quel verde/ un po’ serioso e composto come la speranza/ che cresceva forte in noi (…)”.
Siamo di fronte a memorie struggenti di vita vissuta che si mescolano con i flash apocalittici d’un presente surreale ed estremamente funesto. È ormai indubitabile che il genere umano – malato di una “illusione resistente di immortalità” (in “Verginelle”) – ha toccato il fondo: “Sta cambiando la terra sotto i piedi / Fratello”, leggiamo in “Frantumi”.
Adam Vaccaro non ha perso, tuttavia, l’ultima speranza. Egli si rivolge a sé stesso – e nel contempo ai “piccoli uomini-zattere” di Caoslandia –, levando una folgorante supplica che è anche un monito. L’umanità rischia di estinguersi e insieme con essa la vita sulla Terra, ma ancora esiste una minima possibilità di salvezza.
Questa speranza di salvazione potrà venire soltanto grazie alla Cultura e alla Poesia, cioè grazie ai supremi valori dell’Umanesimo. In un giorno non lontano, forse, il terrore d’un universale flagello darà voce a “parole che non sai/ se scendono o salgono lucide come/ attesi sapienti inascoltati nel loro canto (…)” (da “Perle”). Saranno rinnovate “perle sapienti di salvezza”, poiché a parlare sarà l’innocenza e il candore dei poeti, da sempre umili e dimessi come “anime accese fuori/ dalle cloache (…) tra cielo e terra” (da “In questo Fiume”).
Per un mondo di fratellanza e di pace.

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Il J’accuse di Adam Vaccaro – Francesco De Napoli

Pubblicato il 13 marzo 2025 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro

Un’analisi profonda del poeta e saggista, Francesco De Napoli, animatore culturale di Cassino e del Basso Lazio, che – attraverso la lettura degli ultimi libri: Google il nome di Dio e Trasmutazioni – ricolloca nell’ambito storico-sociale degli ultimi decenni l’azione poetica e critica di Adam Vaccaro.

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IL SOFFERTO J’ACCUSE DI ADAM VACCARO
IN UN MONDO DI PERVERSI ANTROPOIDI

Francesco De Napoli

I PARTE

ù***

IL QUADRO GENERALE AGLI ALBORI DEL TERZO MILLENNIO

In Italia e, contestualmente, in altri Paesi del mondo, tutto ebbe inizio negli anni in cui fu liquidata, con un colpo di spugna, la Prima Repubblica. A ragion veduta, è da credere che sia esistito davvero, e che esista tuttora, una sorta di “complotto globale” – magari scalcinato ma abbastanza funzionale allo scopo, come nelle vignette di Sturmtruppen di Bonvi – pilotato dai poteri occulti del Pentagono e di altre lobby sommerse degli Stati Uniti. Nel 1989 Achille Occhetto e Giorgio Napolitano compirono uno stranissimo – anzi misterioso – viaggio a Washington, dove furono ricevuti in separata sede dapprima dal miliardario Edgar Bronfman capo del Congresso Ebraico Mondiale, quindi da Henry Kissinger e infine addirittura da David Rockefeller. Qualche mese dopo il PCI fu sciolto.
La nuova “sinistra” nata dalle ceneri del PCI cancellò istantaneamente qualsiasi traccia del proprio passato marxista e gramsciano, per abbracciare una politica gradita alle spudorate tecnocrazie che già allora imperversavano in Occidente e nell’Unione Europea. In Italia Veltroni, D’Alema e Bersani appoggiarono senza pensarci due volte dei governi liberal-conservatori come quelli di Ciampi, Dini, Prodi, Monti, Letta, Draghi e altri. La motivazione ufficiale era contrastare l’oligarca e imprenditore Silvio Berlusconi, ma in realtà gli esecutivi di cui fece parte il neonato Partito Democratico della Sinistra erano tutti di tendenze moderate e centriste, tant’è che la maggior parte delle privatizzazioni fu realizzata dai governi presieduti da Romano Prodi.
Con la fine della Repubblica fondata dai Padri Costituenti era comparsa all’orizzonte l’ombra funesta del padrino/predone Berlusconi affiliato alla P2 e in odore di mafia, forte d’uno smisurato potere mediatico capace di oscurare senza pietà le altre emittenti televisive. Il crollo, più che politico, fu pertanto di tipo socio-culturale. Venne stravolta e soffocata sotto montagne di falsità e denigrazioni la letteratura dell’“impegno” che era stata il cavallo di battaglia degli eredi di Antonio Gramsci e che aveva contribuito a formare una coscienza di classe tra i lavoratori. Furono tacitamente messi all’indice i grandi capolavori del cinema neorealista e di protesta – pensiamo a maestri come Francesco Rosi, Elio Petri, Giuliano Montaldo, Pier Paolo Pasolini, Damiano Damiani -, che dal dopoguerra in poi avevano educato intere generazioni ai valori della giustizia, della fratellanza e dell’uguaglianza.
Anche “Tangentopoli” fu un pretesto per fare piazza pulita dei personaggi scomodi che, in un modo o nell’altro, si riallacciavano agli ideali dell’antifascismo e della Resistenza. Basta pensare che il bottino complessivo accumulato dai ladroni di “Tangentopoli” non superò i due miliardi di lire (circa un milione di euro), mentre oggi vengono rubati – tra appalti pilotati e finanziamenti occulti – ogni giorno decine di milioni di euro senza che nessuno faccia obiezione.
I magnati mondiali dell’alta finanza – con il tacito assenso di politici compiacenti e corrotti – avevano iniziato già da tempo a parlare in pubblico, sempre più diffusamente, della necessità di un “nuovo ordine mondiale”, per giungere al quale il primo passo da compiere era riconoscere e accettare la totale “globalizzazione” dei mercati. Con lo scioglimento dell’Unione Sovietica era finita la “guerra fredda”, e in molti Paesi – ivi compresa la Russia – avevano preso piede nuove forme di nazionalismo reazionario tutte collegate, in un modo o nell’altro, con la piovra capitalistica dell’Occidente. Perfino la Cina, che ufficialmente esalta ancora il Partito Comunista, è parte integrante non soltanto dei mercati e dei commerci mondiali, ma della stessa catena di produzione di beni di consumo commissionati dai grandi marchi degli Stati Uniti e d’Europa. La logica degli scambi finanziari impose di realizzare delle tacite alleanze sovranazionali che garantissero e rafforzassero equilibri affidabili sia per la Borsa che per i vari “sovranismi”, vista la loro multiforme e instabile consistenza. I Paesi rimasti fuori da queste coalizioni furono destinati all’isolamento e a un inesorabile declino. Da tutto ciò nacque una “piovra” dai mille tentacoli al servizio del Dio danaro, un mostro gigantesco più attivo e possente che mai.
Oggi in Occidente le istituzioni parlamentari sono degenerate al punto da somigliare sempre più ai regimi totalitari sudamericani: sono finte democrazie che non interpretano più i bisogni della collettività, bensì si prefiggono di tutelare sfacciatamente gli interessi dei “poteri forti”: banche, lobby, alta finanza, mafie, imperi mediatici.
C’è da dire che già agli inizi del Novecento aveva cominciato a diffondersi tra gli uomini di cultura più sensibili e attenti la netta sensazione che qualcosa di molto pericoloso e opprimente stesse per verificarsi. Nel mondo soffiavano i venti di guerra di ben due conflitti mondiali, ma c’era dell’altro. L’allettante prospettiva d’un “nuovo ordine mondiale” era alimentata dalle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche, che invogliavano le masse a idolatrare l’aura fascinosa dei maggiori luminari della tecnologia e della scienza, descritti come Superuomini di nietzschiana memoria. Nello stesso tempo, si andava radicando tra i lavoratori la perdita d’una propria “identità di classe” che induceva ad approvare le regole e i metodi del corporativismo fascista e nazista, laddove covava il delirante germe del disprezzo nei confronti dell’uomo della strada considerato alla stregua d’un miserabile granello di sabbia in balia degli eventi.
Quel nichilistico clima di follia collettiva aveva ispirato già sul finire dell’Ottocento non pochi saggi e romanzi di fantapolitica e di fantascienza, volti a ritrarre realtà distopiche in contesti sempre più inquietanti. Quel filone si arricchì nel secolo successivo di opere ancora più ardite e coinvolgenti. Ne cito alcune tra le più significative:
“Guardando indietro 2000-1887”, di Edward Bellamy, un successo mondiale edito nel 1888, che Erich Fromm definì “uno dei più importanti libri mai pubblicati in America”; “Il tallone di ferro” (1908), di Jack London; “Noi”, di Evgenij I. Zamjatin, scritto tra il 1919 e il 1921 e pubblicato postumo in Russia nel 1988; “Cuore di cane” e “Uova fatali” (entrambi del 1925), di Michail A. Bulgakov; “Il mondo nuovo” (1932) di Aldous Huxley; “La vita è nostra” (1938) di Ayn Rand; “1984” (1949) di George Orwell; “Fahrenheit 451” (1953) di Ray Bradbury; “Il complotto contro l’America” (2004) di Philip Roth. In Italia furono pubblicati dossier romanzati come “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini, scritto tra il 1972 e il 1975 e pubblicato postumo, incompiuto, nel 1992. Né vanno dimenticati i tanti romanzi di Leonardo Sciascia sulle collusioni tra mafia, politica, finanza e spionaggio internazionale, come il superlativo “L’affaire Moro” (1978). Questo perché i grandi capolavori del pensiero posseggono una spiccata valenza premonitrice, in grado di prefigurare eventi futuri a lunghissimo termine.

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Anticipazioni – Danila Di Croce

Pubblicato il 28 febbraio 2025 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Danila Di Croce
Inediti
Con nota di lettura di Adam Vaccaro

Nota di poetica
“Quello che cerca col suo bastone / il cieco è la luce, non la via” (Hugo Mujica). E io procedo a tentoni, non sapendo bene nemmeno dove mi trovo, perché il cammino con la poesia può prevedere soste lunghissime o svolte improvvise ed è così multiforme da lasciare attoniti.
C’è tuttavia una sete da interrogare, anzi da tenere ben viva. E bisogna fare i conti con una cecità che si appoggia a qualcosa di tanto esile e leggero, da tenere in mano, però, come un sostegno prezioso. Cosa fa la poesia, se non affiancarsi al mio passo vacillante che si illude di intraprendere una via, quando invece è alla luce che chiede dimora? E lei, dritta e ferma nel suo inconoscibile intento, non si piega sotto il peso delle mie esitazioni. Continua a sostenere che andare è il verbo degli occhi.

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La Collana Viola – Francesco De Napoli

Pubblicato il 25 febbraio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Francesco De Napoli

La Collana Viola E L’epistolario Pavese – De Martino

Centro Culturale “Paideia”, Cassino 2008

 Adam Vaccaro

Propongo la rilettura del prezioso saggio del 2008 di Francesco De Napoli, a commento della pubblicazione di Bollati Boringhieri, Torino 1991, “Cesare Pavese – Ernesto de Martino, ‘La Collana Viola, Lettere 1945- 1950, a cura di Pietro Angelini, sul carteggio tra i due condirettori della storica Collana di Giulio Einaudi, “la prima collezione di studi etno-antropologici e religiosi apparsa in Italia”, dedicata ai miti e alle pratiche esoteriche di società primitive.
L’interesse del saggio di De Napoli è accentuato dalla sua impronta, tesa a focalizzare non solo le consonanze e differenze tra i due protagonisti, ma di collocarle nella temperie culturale dell’Italia di allora, tra personalismi, tentativi coraggiosi di uscire dai limiti culturali e politici, e condizionamenti ideologicamente chiusi, nell’area di destra, come in quella di sinistra, rispetto a ricerche anomale e innovative.
Poche le personalità che si distinsero e si attivarono in tal senso, tra le quali si collocava ad esempio sia quella di Elio Vittorini, sia in modi diversi, per la specifica sensibilità poetica e fragilità, anche Cesare Pavese. Il saggio ripercorre le varie fasi in cui si svolse il rapporto tra due personalità, napoletano de Martino e piemontese Pavese, lontane sia geograficamente, ma soprattutto con tensioni mentali e culturali totalmente differenti: il primo con passioni, ambizioni e contraddizioni non esenti da calcoli venali, il secondo con orizzonti culturali immersi in un humus di tormenti esistenziali, da cui non riuscì ad affrancarsi, tanto da sfociare poi nel suicidio del 1950.

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La poesia Resistente di Adam Vaccaro – Fabio Dainotti

Pubblicato il 11 febbraio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Un articolo del poeta Fabio Dainotti, sulla Rivista scientifica siciliana Il Convivio, dedicato alla ricerca poetica di Adam Vaccaro, che richiama ultimi libri e testi inediti della prossima raccolta, Restituzioni.

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LA POESIA RESISTENTE DI ADAM VACCARO

Lettura dalle ultime raccolte e dalla raccolta inedita, Restituzioni

 Fabio Dainotti

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Kolektivne NSEAE – Ivan Pozzoni

Pubblicato il 7 febbraio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

FURIE E FUGHE
In
KOLEKTIVNE NSEAE di Ivan Pozzoni

La malattia del «disinteresse» del lettore e l’ontologia estetica moderna della ipersoggettivizzazione
La terapia come eredità non-ontologica del Kolektivne NSEAE: la neoN-avanguardia
Adam Vaccaro

È un orizzonte di furie e fughe, diverse e innervate nella complessità contemporanea, che emerge da questo libro di Ivan Pozzoni, in un quadro di analisi che le designa e lucida entrambe a cera, cantate e accarezzate con una spazzola d’acciaio. Che scorre dalla groppa al deretano sul pelame arruffato di una gatta in calore. Un animale dall’anima multipla che miagola, ringhia e si veste da tigre, che forse non ti sbranerà, ma ti copre gli occhi di una patina, rosa o nera, su cui pianta unghie che li rendono ciechi, liberi di urlare, impotenti ma tendenti ad ammantarsi della pretesa di sapere, come il cieco che guida un cieco, della parabola poi soggetto del quadro di Pieter Bruegel.
Tiresia è stato ucciso e Diogene è senza lampada. E non c’è salvezza, né con me, né contro di me, pare avvertano i versi di Ivan Pozzoni. Ma se l’io/noi è/siamo col sedere per terra, è il momento dell’ora di ricreazione e del gioco o dell’ira e di tornare sul banco a scrivere a lettere cubitali sulla lavagna o su pezzetti di carta salvati dal tritatutto, i bisogni che cercano altro e oltre gli stracci ermetici e paleontologici, oltre le parole incazzate, i deliri egotici, fino alle molliche raccolte sotto un tavolo di lordi lardosi, che guidano la trottola del comando di radere a zero ogni residuo di senso, in ogni caso, in ogni casa? L’identità non esiste, al pari della società, dixit l’idiota bicefalo, impotente e onnipotente! Dopo di che, l’eccidio e la distruzione della polis, sono le matrici matrigne delle egolalie masturbatorie in tutti i campi, compresa la poesia.
Intanto il Dottor Stranamore fabbrica e dispensa milioni di bombe, predica pace e ride a crepapelle, idiota criminale che pensa di salvarsi su Marte, volando sulle sue Aquile libere nell’iperuranio sopra il cielo di piombo. Mentre Colombe libere e ammassate sotto tonnellate di putridume sospeso, sono ammazzate come mosche cieche, inferocite e rintontite da un subisso di immagini, estasi drogate e parole di niente, creatrici di rostri, che diventano mostri di una fame infinita di libertà dal destino di una progenie antropofaga.
Poi c’è l’altra fuga, nell’ovatta della culla di un iperurarnio di parole innamorate di sé, di quella malattia che ho chiamato iperdeterminazione del significante, connivente della distruzione del senso. Poi c’è l’illusione di contrapporvisi con l’iperdeterminazione del significato, convinta di poter spiegare tutto, uccidendo la complessità di un dire che vuole dare nome alla complessità del mondo.
La prima malattia è diventata pandemia lungo il crinale parnassiano di significati rarefatti, persi nella nebbia di dire tutto e niente, che riducono il pubblico – come diceva Berardinelli, citato anche da Pozzoni – a rasentare lo zero, agli altri scriventi versi, in un circuito grottesco, inutile e autoreferenziale. In cui sguazzano felici, fino a teorizzare che l’arte, la poesia, devono essere inutili. Ma utilissime a vati desideranti e immaginari, affollati e ininfluenti, e perciò inesistenti nel corpo di una società già negata e disgregata, che urla affamata di voci che sognino e incarnino il bisogno di ricrearla.
Prova a rispondere Pozzoni a questo panorama di molecole gassose che si dibattono tra le pareti stagne di un bagno di stitici:
“LA TERAPIA COME EREDITÀ NON-ONTOLOGICA DEL KOLEKTIVNE NSEAE: LA NEON-AVANGUARDIA Il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica) ha un’eredità non-ontologica derivata dalle neo-avanguardie millennials, lontanissima dalla ontologia estetica moderna. La NeoN-Avanguardia, da me fondata, cede – come ogni altra avanguardia – all’«ἀντίφράσις», all’«ironia» (Jacques Derrida), al «citazionismo», allo «straniamento» (Viktor Borisovič Šklovskij), alla «carnevalizzazione» (Michail Bachtin), al «mistilinguismo», al «dédoublement» e «vertigine che sfocia nella follia» (Paul De Man), alla grammatica generativa (Noam Chomsky), alla «sovversione/eversione» (anarco-individualismo stirneriano e della Post-Left Anarchy), all’«invettiva» (triade Villon/Brassens/De André) e all’estremo «impegno sociale» movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione allo star system dei dominanti e dell’arte.” [p.13]
È dunque un libro-manifesto di guerra subita e di pace sognata, piena di lacrime asciutte e irrisioni clownesche, anche se non placano alcunché. Ma è già utile porre il problema, anche se è un chiodo ribattuto, come sopra accennato, da ormai parecchi decenni. Sia da Berardinelli, sia in modi diversi da costole lucide e critiche da certi estremismi della Neoavanguardia, quali, ad esempio, Antonio Porta. Pozzoni si pone lungo la stessa direttrice di ricerca:
“Preso atto della conclusione della krisis e della transizione dall’evo moderno al nuovo evo tardomoderno, ho riconosciuto l’urgenza del discorso sul cambiamento di «paradigma» storico ed estetico, dovuto al venire meno del senso teoretico dell’ontologia estetica moderna, e ammessa l’anacronisticità della NeoN-Avanguardia, movimento di krisis, ho deciso di fondare uno nuovo movimento non ontologico, il Kolektivne NSEAE (Nuova socio/etno/antropologia estetica), aperto a tutti i mille movimentisti neon-avanguardisti e a nuove menti in grado di captare il cambiamento di «paradigma» sociale ed estetico.” [p.13]

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Trasmutazioni3 – Adam Vccaro

Pubblicato il 3 febbraio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia, di Adam Vaccaro,

puntoacapo, 2024

Lettura critica di Luigi Cannillo

Gli elementi del titolo e del sottotitolo della più recente raccolta di poesia di Adam Vaccaro formano l’immagine di un triangolo equilatero: al vertice con Trasmutazioni l’elemento della trasformazione e del mutamento. Nei due angoli alla base le Alchimie, il procedimento di manipolazione della materia, e Caoslandia, il contesto sempre più diffuso di confusione e mistificazione che ci vede sempre più disorientati e sgomenti nell’assistere all’interagire di molteplici elementi contraddittori della realtà.
Davanti a questo intrecciarsi di fenomeni, alla poesia spetta il compito di dare voce alla complessità e sviluppare, in quanto energia di pensiero al lavoro, forme di pensiero critico. E impone di immergersi nei tanti linguaggi che costituiscono la totalità, rispecchiarli e restituirli.
Lo stesso Vaccaro nella nota finale esplicita la creazione di “forme resistenti all’entropia del vivente, nell’incrocio di scambi antropologici di condivisione e moltiplicazione di sensi.”. Il triangolo di cui sopra potrebbe assumere allora la forma e la funzione di un cuneo/cuore che scava nella complessità e la approfondisce nella coscienza e nel linguaggio.
Si può intendere la trasmutazione anche come estensione e rimescolamento delle tematiche della raccolta precedente, Google – Il nome di Dio, puntoacapo, 2021. E in un certo senso, con accezione critica e negativa, anche come il cinico trasformismo agito dai poteri in gioco. Anche a questo potremmo riferire la citazione di Primo Levi che apre, insieme ad altre, la raccolta più recente: “Ogni tempo ha il suo fascismo”, nello spirito di irriducibilità dell’intero percorso di Vaccaro.
La foto in copertina, dell’autore stesso, riunisce nel medesimo paesaggio radici e terra, origine e materia, con valore plurivalente: la memoria contadina dell’autore in quella convivenza/complessità di elementi diversi così mescolati. Ad essa si può riferire la conclusione della poesia Bianco re”: “[…] mia radice viva/ che resiste e batte ancora qui/ intatta.”. Come afferma John Picchione nella sua approfondita nota di lettura: “la poesia di Vaccaro non esibisce mai un soggetto poetico ripiegato su una narcisistica contemplazione di sé, ma evoca un pathos che avvolge la negatività sofferta dal singolo nella sfera del collettivo. Si tratta di un atto poetico che nasce dalla convinzione che solo a partire dalla ricognizione stoica delle patologie radicate nel sociale e nel politico siano ravvisabili forme di cura in grado di aprire passaggi verso azioni di mutamento.”
La struttura del libro si articola in quattro sezioni, che si concludono tutte con una poesia flash dal titolo propiziatorio Auguri! Questi sigilli conclusivi confermano una caratteristica della scrittura di Vaccaro, che si può rilevare anche in raccolte precedenti: a una parte critica e destruens se ne affianca un’altra dove vengono tracciate anche traiettorie di futuro più favorevoli. Le sezioni di Trasmutazioni però non sono da interpretare come compartimenti stagni, bensì piuttosto come affondi o approfondimenti di linee tematiche che si intrecciano e riemergono carsicamente e metamorficamente.
Così la prima sezione, “Frane quotidiane – Cosa senza Nome” si riferisce frequentemente alla denuncia della sete di potere ma anche all’attesa della “Cosa senza nome” che inseguiamo come utopia o tentativo irriducibile, anche a confronto con nuove forme di sfruttamento, nuovi individualismi e illusioni quotidiane:
“Ora che, anima mia fratella, questi/ miei versi di urla dolore e rabbia/ non baciano più la tua pelle re/ legati fuori dalla tua carne al gelo/ che ti spezza le ossa senza più ri/ fare la Cosa che carezza e consola/ la tua parte angela assetata e fragile/ non incolpare me ma senti questa// polvere nera che cade cade e non/ riusciamo a renderla pioggia di/ quella Cosa ancora senza nome che/ aspettiamo aspettiamo come quel godot rimasto irridente nel nulla/ chiuso e perdente nel suo mai”.
La seconda sezione, “Pietre senza luna – Nel Macero della Storia” – si articola nel rapporto tra globalizzazione e conflitto, spaziando tra Europa e Palestina, USA e Africa, ricordando le migrazioni recenti ma anche i tabarri e i frantoi del centro-sud Italia:
“La claudicante ruota si staglia/ e ci stritola come olive sotto/ il torchio – e piano piano/ tra ragionevoli follie ci sfoglia/ fino a ridurci a/ poltiglia// Mentre cola l’olio santo/ dal becco smunto del trappeto/ che pressa e ammassa l’asciutta/ sua scura conchiglia da bruciare/ in omaggio al dio immane/ dalla mano benedicente/ l’oro liquido e sacro/ che gli appartiene”.
La terza sezione, “Sassi volanti – (Davide senza Golia)”, accentua lo spirito ironico-critico contro le tante “Armi di distrazione” con testi spesso brevi e caustici: “Carta-forbice-sasso – è anche una ruota di irrisione/ a ogni illusione di onnipotenza e vittoria definitiva”.
Infine, la quarta sezione “Pietre Miliari – (Memorie e Visioni)” trova felici sintesi in storie ed immagini che sottolineano la differenza tra realtà e narrazione, ma anche momenti di memoria di luoghi e personaggi e possibili vie e figure di salvezza: “Arrivano come perle parole che non sai/ se scendono o salgono lucide come/ attesi sapienti inascoltati nel loro/ canto – che intanto tutti/ gli altri piangono/ vinti dal male invisibile/ che dilaga in una pioggia infusa/ a salse d’ansia asservite e chiuse alle/ invisibili attese perle sapienti di salvezza”.
All’interno degli intrecci dinamici tra una sezione e l’altra, alcuni testi sono riedizioni di poesie esistenti in precedenti raccolte, che qui assumono più che valore di citazione, quello di nuova valenza nel contesto del progetto poetico più recente.
Un elemento tematico centrale significativo è quello rappresentato nella pietra: le pietre del letto del fiume o che costituiscono un paese di sassi, ma anche frammiste come detriti tra muschi e sterpi: pietre da costruzione ma anche frananti. Con un effetto fortemente evocativo come nel distico La mano e il sasso: “nel volo di un sasso cogli la mano e/ nel suo brillio la memoria dell’acqua”.
Simbolo quindi di opposti, proprio a partire dalla sua matericità. Come osserva Gabriella Galzio nella postfazione, “quelle di Vaccaro non sono semplici trasformazioni dell’esistente, ma vere e proprie trasmutazioni, ovvero mutamenti di sostanza, di natura, che in quanto tali ricorrono alla via della trasmutazione alchemica o al registro biologico del bruco che muta in farfalla […] Ma, in quanto umane, le trasmutazioni di Vaccaro sono colte nella loro ambivalenza, ora regressiva ora evolutiva […]”
Altre tematiche, spesso trasversali, riguardano gli eroi quotidiani, momenti di socializzazione e incontro, di comunità, in un panorama che si forma tra un selfie e l’altro, elementi della contemporaneità e della storia più recente (il green pass, la guerra in Ucraina e in Palestina insieme alle figure della propria origine o dell’infanzia, quella del padre o dei prodotti della terra (le mele verginelle, l’origano).
D’altra parte l’uso dell’immagine come metafora è frequente in Vaccaro: i criceti alla ruota, la macina, l’odore di sedere del potere, il gioco carta-forbice-sasso, le parole come perle, insieme alle sinestesie (acqua di luce) o alle similitudini (come formiche, come un tapiro). Altre forme di slittamento dal linguaggio convenzionale sono rappresentate dall’uso di neologismi (fratella, dindare) o vocaboli attinti dal linguaggio centromeridionale dell’area d’origine dell’autore (trappeto, tabarra, tina) o accostamenti di parole polivalenti (mostro Stato).
Molto variegata, insieme all’uso delle figure e del lessico, è la struttura dei testi, anche graficamente diversificati tra strutture lineari e altre in diagonale, a bandiera, in calando/crescendo o articolati attorno a un punto di snodo, o allineati al centro, in blocchi prosastici, o con utilizzo del verso lungo, in sonetto o in sole terzine. Ricorrendo anche alla figura della tmesi, come tipico della scrittura di Vaccaro: re/legati, ri/fare farfuglia/menti, pro/cesso, uni/versi, co/stanza, in/tenta. Diversificato appare anche l’uso della rima, fino all’interno dello stesso verso (“calura che dura”) o in immediata successione (sasso passo) o sdoppiamenti (lamento Mento) con assonanze (Soros cuore d’oro), anche giocose, con scambi di consonanti come anagrammi (l’alibi di abili) o cambi di vocale.
L’arco e lo slancio creati dalla raccolta sono ben rappresentati da due estremi, personificati in due figure: quella di Vilma, staffetta della Resistenza partigiana e prima donna giornalista della Rai (suocera di Vaccaro): (“[…] a voi spetta il tempo di inventare un vento/ capace di liberare l’aria e i vostri cuori spersi […]), e Chiara, la nipotina del poeta: “Soffia Chiara iride sospese bolle di/ sapone ignote a chi non vede i mondi/ dei clausi fiori nel tuo nome – tondi/ come i tuoi occhi – pianeti ricolmi di te/ […]”.
Al Poeta il compito etico, creativo, di farsi traghettatore, oltre che di senso, di rivendicazioni e sogni, di speranze e realizzazioni tra mondi e generazioni. Nel compito/impegno della poesia.
3 febbraio 2025

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