A. Vaccaro

Scarti Alfabetici – Paolo Gera e Alessandra Gasparini

Pubblicato il 20 gennaio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

L’Enigma e il Gioco
Adam Vaccaro

Paolo Gera, Scarti alfabetici, con Abbeccedario di Alessandra Gasparini, Terra d’ulivi Ed. 2024

I libri di poesia – come nell’esempio offerto da questi Scarti alfabetici di Paolo Gera, con opere di Alessandra Gasparini – si muovono su due binari di senso: bisogno di aiuto e piacere del gioco. La forma, la titolazione e la veste tipografica della copertina ricordano un album scolastico, con colori vivaci consoni a fantasie infantili, giocose ma a tratti angosciose, quali quelle che strutturano ogni fiaba, che oscilla sempre tra rosa e nero, tra fiduciosa attesa e minacce, che implicano richieste di consolazione e aiuto.
Aggiungo che i due linguaggi, verbale e figurativo, si compenetrano in questa pubblicazione d’arte, con disegni che traducono in modi autonomi ma adiacenti gli echi dei versi, lungo il percorso espressivo di Paolo Gera, che qui sviluppa le tematiche del libro precedente, Ricerche poetiche. Nella sua Introduzione, Paolo sintetizza il complesso intreccio cercato, partendo da una citazione del filosofo Giorgio Colli, in cui “l’enigma sorride” anche se “interviene sullo sfondo il presentimento della ferocia…di una violenza spietata”.
Disegno che in me genera l’immagine di un toboga che scivola nell’indefinito, nell’Autore produce l’ossimoro di uno “schiaffo allegro”, su una “altalena” incessante e senza soluzioni definitive, tra “Il sì e il no”. Ne deriva che se la poesia si misura con la complessità della vita, trova forme nelle quali “La poesia è gioco ed enigma”. Bipolarità irrisolta persino ne “La dolcezza della madre”, che non cancella “la sua violenza, i suoi pensieri imperscrutabili”, mentre “mi afferrava i polsi e mi faceva dondolare” senza poter eliminare il timore di battere “la testa con violenza contro il pavimento”. È un illuminante scorcio di memorie infantili, nucleo epifanico della poetica dell’Autore, di voler “trasformare un gioco linguistico in poesia”. (pp. 5-6).
Un gioco, che se in Ricerche poetiche va dalla lallazione primaria all’articolazione di parole di senso e denominazione compiuti, qui ci offre il percorso opposto, che ricava da una parola scarti verbali, dopo aver eliminato via via, lettere e sillabe. Ne deriva un gioco serio, ricco di stimoli, con i quali Gera mostra l’enigma custodito da ogni parola, dietro l’apparente chiarezza del suo nome. Evidenziando con ciò che ogni parola non è un termine, ma un inizio. Un abbrivio, tuttavia, di libera impotenza, senza punti di arrivo solutori.
L’enigma non si scioglie, e le 21parole scelte, “una parola per ogni lettera dell’alfabeto italiano dall’A alla Z” sono sbucciate come cipolle e, strato dopo strato, diventano metafore di vuoto terminale e di scarti nel nulla. Detto altrimenti, ogni parola è una somma di bamboline nascoste in una matrioska, che apre, invita, illude e allude, a una esplicazione molteplice e sospesa, che perviene a scarti privi di senso. E tuttavia, il percorso del libro non ripiega su un pessimismo nichilistico, perché fa brillare l’energia di una scossa amorosa tra violenza e sorriso, sintetizzata in uno schiaffo allegro, che “cerca di capirci qualcosa, di quest’epoca di parole incerte, spezzate, violate” ma “resistenti”, come ribadisce nella sua nota, Alessandra Gasparini.
Talché, ogni testo ci immette in un pozzo dei desideri, senza uscita, ma ci regala ali di risalita, rispondendo così a suo modo al sottotesto, di richiesta di aiuto del poièin. Che qui, in ogni poesia sprigiona scintille di invenzioni, di cui ci limitiamo a citare pochi brani tratti dalla prima e dall’ultima, riferite alle lettere A e Z.
E non a caso ho utilizzato la metafora dell’ala, suggerita dal primo testo, che si snoda a partire dalla A di Alea: ALEA-ALE-AL-A:
“L’alea ha prodotto/ questo entanglement/ di lettere e parole/ l’alea è rischio/ il dado che tira/ il crocicchio a cui si ferma Edipo/ l’azione del destino e la destinazione/ dove la linea diventa verticale/ l’abisso classico, lo sprofondo grave”. E in tale sprofondo “Appare ale”, co-autrice “compagna d’impresa” del libro, con un lampo autoironico finale; “Rimane a, la prima/ di questa impresa assurda/ termine iniziale e finale.” (pp.9-10).
L’ultima poesia, dedicata alla Z di Zero, titola: ZERO-ERO-ER-R:
“Quanto doveva il gioco è durato./ via dal tavoliere le pedine e i dadi, le carte coi valori e gli imprevisti,/ proprietà dei poetici nomi./ Questo mio gioco senza meraviglia/ io do all’incanto./…/ e zero è solo zero./ Se guardo indietro ero una dea africana/ una bestia feroce accanto al focolare/ un gruppo di scrittori sovversivi./ Ero una bimba saltata su una bomba,/…/ Una r alla giugulare, arrotata al punto giusto” (pp. 57-58).
Confido, anche solo con queste limitate citazioni, di riuscire a sollecitare la lettura, e aggiungo quanto ribadito da Paolo Gera in chiusura della sua Introduzione: “Le mie 21 parole piene di altre, corrispondono ai 21 Arcani Maggiori, più il numero zero, che nei tarocchi come nel mio mazzo corrisponde al matto, alla libertà finale che non ammette freni.”. Una rivendicazione che nel libro, come spero di avere mostrato, è svolta in un controcanto critico di ogni delirio di onnipotenza, quale declinato dall’ideologia dei poteri in atto.
20 gennaio 2025

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Le cose del mondo – Paolo Ruffilli

Pubblicato il 7 gennaio 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

LA PAROLA PER ESSERE NEL MONDO

Adam Vaccaro

Paolo Ruffilli, LE COSE DEL MONDO, Mondadori, Lo Specchio, 2020

Questo libro di Paolo Ruffilli rientra appieno nel sogno e bisogno da me sempre coltivati, di versi capaci di parlare di sé parlando dell’Altro, in un continuo entresci teso a dare forma alla molteplicità del Sé. Detto altrimenti, ne deriva un disegno poematico di passi nell’ignoto dell’autopoiesi, che man mano dischiude l’intreccio di una prassi che decostruisce materia, corpi, pensieri ed emozioni, cancellando i nomi ricevuti per ricostruirli e ridargli nuova vita. Ne deriva una narrazione di gesti del daimon socratico, che esiste e resiste, nel percorso diacronico del Soggetto Storicoreale (SSR), solo generando punti di attimi d’infinito del sincronico stato modificato di coscienza del Soggetto Scrivente (SS), in cui si rinnova la vita, anche attraverso il fulgore e l’illusione dell’arte primigenia di dare nomi nuovi alle cose del mondo.

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Marcio d’Occidente – Piergiorgio Odifreddi

Pubblicato il 22 dicembre 2024 su Saggi Società da Adam Vaccaro

Reificazione e deificazione neoliberista del capitalismo globalizzato
Adam Vaccaro

Nel libro di Piergiorgio Odifreddi, C’è del marcio in Occidente, Raffaello Cortina Editore, 2024, p. 261
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Una prima versione di questo saggio è sulla Rivista “Odissea” del 22 dicembre 20024
https://libertariam.blogspot.com/2024/12/ce-del-marcio-in-occidente-di-adam.html

I-1
Questo libro di Piergiorgio Odifreddi regala un vento benefico che irrompe in una atmosfera soffocata da smog sempre più irrespirabile, e ci aiuta a spazzarla via.
È un vento di irrisione di ogni falsità spacciata come verità, dai poteri in atto, in Occidente, ma non solo, nel presente, ma non solo. E per farlo somma una impressionante dotazione di conoscenze pluridisciplinari, dalla filosofia, alla storia, alla letteratura, all’economia, ma non solo. Perché, se si vogliono smascherare i crimini e le menzogne del potere, o meglio, dei poteri storicamente articolati in Occidente, occorre dotarsi di adeguate ricchezze di conoscenze delle sovrastrutture portanti la realtà complessa in cui viviamo. La quale ci riversa verità apodittiche e ideologiche, attraverso un esercito mai così vasto di propaganda massmediatica, con la quale ci raccontano di essere i più liberi e i migliori custodi della Verità e del Mondo secolarizzati. Ne deriva un pensiero unico e assoluto, consono alla radice patriarcale di un fondamentalismo religioso su cui è cresciuto, che ha sempre ucciso socialmente e fisicamente, ogni obiezione critica, o visione altra.
Odifreddi è un esempio, tra i pochissimi, di superamento della divisione tra le due culture – umanistica e scientifica – fonte di impoverimento delle nostre possibilità di conoscenza, e conseguentemente di libertà concreta rispetto alle falsità spacciate e necessarie alla gestione di ogni potere. Tale indirizzo è seguito dall’Autore con passione, coraggio e un lavoro incessante di acquisizione di strumenti di analisi nel corso dei suoi decenni di vita, che questo libro sintetizza con efficacia, non solo di argomentazioni, ma di esposizione chiara e divulgativa, che rende la lettura delle sue 260 pagine, un attraversamento benefico dei temi e problemi intricati con cui, qui e ora, ogni persona dalla mente minimamente viva si confronta quotidianamente.
Tuttavia, la sua apertura di ricerca, non penalizza una critica serrata rivolta a pressoché tutti i pilastri millenari della nostra identità culturale, a cominciare da quella umanistica “Gli umanisti… dall’Ottocento in avanti hanno rimosso le vere origini dei Greci, inventando il mito di un popolo unico che arrivava dal nulla, e di un sapere unico che non si basava sui nulla… di una razza pura e di un pensiero puro, senza contaminazioni biologiche e culturali. Un mito colonialista, razzista e protonazista durato quasi due secoli, che ha cominciato a essere smantellato soltanto negli anni Ottanta del secolo scorso” (pag. 141-143). È stato in effetti un frutto malsano de Le Origini rimosse, analizzate dal libro di “Martin Bernal, Atena nera. Le radici afroasiatiche della civiltà classica (Il Saggiatore, 2011)”.
È un tema enorme di cui mi limito qui a citare qualche spunto, con la finalità di sollecitare la lettura del libro e ulteriori approfondimenti, su questo come sul corollario di problemi complessi sollecitati da un testo spoglio di ogni connotato ideologico, motivato dalla conoscenza di un sistema di potere invisibile e presente in cielo in terra e in ogni luogo, al pari del Dio inventato dai suoi figli prediletti.
Ma mentre quel Dio è silente o parla solo a chi è acceso dalla sua fede, il dio dell’impero odierno continua a parlare e assordarci, raccomandano di mai disconnetterci, perché solo così diventiamo, piccoli atomi del suo corpo, alimento e merci di un circuito incessante di suoi e nostri deliri. È il più potente dio mai creato, perché è dentro di noi, anche non credenti, fatto di cose, succhiate come ostie, senza bisogno di un ministro e una messa. Perché di ministri ne ha un numero immenso e la messa non è solo la domenica, ché è di ogni giorno e notte, senza interruzioni. Una messa officiata da cori di voci trasmutate in meccaniche, fonti di una realtà virtuale, rispetto alla quale è difficile resistere e non farsi ridurre a illusi senzienti senza realtà:
“Oggi viviamo infatti in un rintontimento collettivo in cui non contano i fatti, ma solo le fantasie. E non tanto quelle istituzionalizzate come la religione, la metafisica e la letteratura… Quanto piuttosto quelle… del divertimento immediato e mediatico: film, serie televisive, programmi spazzatura, talk show, videogiochi, giochi di ruolo e parchi di divertimento…Oltre al Grande Fratello televisivo, che paradossalmente ha tutto di huxleyiano e niente di orweliano” (p211).
È una giostra di illusioni e divertimento, di cui è perno l’industria della pubblicità, il più parassitario, redditizio e fiorente settore economico di questa decantata era della libertà, canestro di chiacchiere, falsità e idiozie che producono soggetti omologhi, quali definiti dalle analisi del meme, delle nuove scienze: la mente fatta anche di neuroni-specchio, che la sua anima bambina, affamata spugna di immagini e suoni, trasmuta attraverso i cinque sensi del ‘cervello bagnato’ (come chiamato da Rita Levi Montalcini) in pandolce da succhiare, prima di verificare se è un panettone inondato dalla muffa.
“Questo spiega la vera e propria epidemia di stupidità che ‘per l’universo penetra e risplende’… prodotto di veri e propri virus della mente”, messi in scena “dal gran circo dei media” e “che si diffonde non perché meriti… ma perché più adatto a farlo”, che “non significa affatto ‘migliore’, e confondere le due cose può causare guai… significa soltanto ‘più contagioso’, e spesso ‘letale’” (pp. 56-57)
Se la letteratura, la poesia e la musica erano condimenti della pietanza della vita, che comunque aiutavano a sentirne il sapore e quindi a conoscerne la sostanza, tanto da poter dire che la poesia in ogni forma era ciò che dava nome alle cose, nel circo mediatico dello spettacolo contemporaneo, ogni funzione di conoscenza della realtà è polvere drogata di emozioni che – con diluvi di cartoons, serial killer, fantasy, soap opera, supereroi ecc. – devono infarcire la capacità di pensare, scodellando un polpettone che diventa la vera realtà mentale. La civiltà dello spettacolo e dell’immagine è un traghetto delizioso di arma di distrazione di massa, che senza una visione critica, castra la capacità di elaborazione conoscitiva della complessità di sé e dell’altro. Il che diventa una vera festa per il dio al potere, se “i nostri occhi sono perennemente puntati su uno schermo, del cellulare, del computer, della televisione, del cinema o dei videogiochi. Raramente interagiamo con altri esseri umani o con il mondo esterno.” (p. 211).
Il risultato è una massa alienata e passiva di atomi singoli senza identità e comunità, che realizzano il sogno neoliberista di E. Thatcher: “non esiste la società, esistono solo gli individui”. L’essere sociale è cancellato e nel suo vuoto regnano libere le catene invisibili del dio che decide vita o morte di miliardi di esseri viventi (umani e no) con dei clic. Il libro di Odifreddi è, all’opposto, corpo di testo che riafferma come il processo autopoietico dell’identità individuale è alienato, perduto e impossibile, senza l’interazione con l’Altro, costruita entro una complessità e molteplicità sociale e culturale. Per cui una identità individuale o è propaggine di una collettività, o non è. Ed è solo il misticismo che fa della propria potenza di immaginazione un illusorio colloquio e cammino con e nella Totalità personificata nell’Altro, nell’alto dei cieli.
Delle tante interazioni di cui il libro si fa scrigno di ricchezze, c’è quella con lo scrittore portoghese Josè Saramago, del quale si ricorda che “il suo Vangelo secondo Gesù Cristo (1991) fu censurato in Portogallo, andò a vivere in volontario esilio nelle isole Canarie, fino alla morte. E dopo uno dei periodici eccessi di difesa perpetrati da Israele nei confronti dei Palestinesi, fu accusato di antisemitismo per aver dichiarato: Mi chiedo se quegli ebrei che morirono nei campi nazisti non proverebbero vergogna per gli atti infami che i loro discendenti stanno commettendo. (p.215). E, a tale proposito, Odifreddi ricorda che “Per difendersi dal disdegno nei confronti delle disumane azioni israeliane, soprattutto quelle dei governi di ispirazione nazifascista del Likud di Begin, Sharon e Netanyahu, gli ebrei hanno iniziato a confondere ad arte “l’antisionismo contro la politica israeliana e l’antisemitismo contro il popolo ebraico” (p.120)
Il pensiero critico di Saramago evidenzia come la democrazia politica, diventi illusione democratica entro una struttura con un “unico indiscutibile potere: la finanza mondiale”. Per cui concludeva: se la “democrazia economica ha ceduto il passo a un mercato oscenamente trionfante” e la “democrazia culturale” rientra anch’essa tra i prodotti sussunti dalla “massificazione industriale” della giostra dello spettacolo, rischia di aggiungersi ai fiori di arredamento di una sovrastruttura priva di capacità dialettica di incidere sulla realtà dell’invisibile potere dominate, talché “Noi non stiamo progredendo, ma regredendo” (pp.216-217)

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Appello Poeti per la Pace a Gaza

Pubblicato il 20 dicembre 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Don’t Kill, Let’s Talk

Poets’ appeal for dialogue

With the conviction that every act of violence must be condemned, but also the absurd continuous massacre of civilians in GAZA only fuels incurable injustice and hatred and is configured as a ferocious and inhumane act, we firmly ask for the initiation of a credible and authentic DIALOGUE that leads to the concrete settlement of disagreements with the PERMANENT CEASEFIRE, THE RELEASE OF HOSTAGES ON BOTH SIDES, THE END OF APARTHEID. As writers of poetry, we strongly believe in the effectiveness of the word, the only one capable of profoundly clarifying every friction and arriving at a just recomposition without inhuman outcomes and massacres of innocents. Building a new humanism is possible if we accept the fundamental principles of the dignity and freedom of every people and person for a coexistence based on respect for human rights and every identity, without prevarications: the only fertile ground for ensuring a future of peace and well-being for the new generations. As poets, we defend the freedom to think, dream, and express ourselves, and we use poetry to continue to put out every fire.

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Anticipazioni – Ivan Pozzoni

Pubblicato il 29 novembre 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Ivan Pozzoni
Inediti

Con nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica
Il poeta/sophos e l’estetico come frammento filosofico: una philosophical explanation
I miei riot-texts, mera raccolta di testi/documento, verbali d’assemblee d’arte, rivolte alla concretizzazione dell’ideale estetico normativo della democrazia lirica e simbolo di resistenza, o sovversione, contro i valori nomadi delle élites dominanti fondano, tecnicamente, sull’«invettiva» (triade Villon/Brassens/De André), moderata dall’«ironie» (Derrida), dal «citazionismo», dallo «straniamento» (Šklovskij), dalla «carnevalizzazione» (Bachtin), dai «mistilinguismo» e «dédoublement» (De Man), dalla grammatica generativa (Chomsky), dalla «sovversione/eversione» (anarco-individualismo della Post-Left Anarchy) e dall’estremo «impegno sociale» movimentista a tutela dei deboli e dei diseredati, con opposizione allo star system dei dominanti e dell’arte.

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TRASMUTAZIONI – Alchimie in Caoslandia – Genova

Pubblicato il 15 novembre 2024 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

Giovedi 28 Novembre ore 17,00

Biblioteca Universitaria di Genova
Via Balbi 40

PRESENTAZIONE

Adam Vaccaro

TRASMUTAZIONI

Alchimie in Caoslandia

 Dialogano con  L’Autore
Gabriella Galzio
Paolo Gera

Scarica la locandina 

Info:  Associazione Culturale Milanocosa – www.milanocosa.it – info@milanocosa.it – T. 3477104584

Blackout – Anna Lombardo

Pubblicato il 9 novembre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Il deserto della verità e l’Oltre
Adam Vaccaro

Anna Lombardo, Blackout, El martillo press, 2024, pp. 178

Questa raccolta bilingue di Anna Lombardo è traduzione sulla pagina della costante instancabile azione che l’Autrice conduce tra Venezia e le Americhe, organizzando continue iniziative con Palabra en el Mundo, di connessione tra voci che non smettono di dare testimonianze di resistenza vitale nella pervicace tempesta di sabbia prodotta dai poteri economici, politici e socio-tecnologici contemporanei. Un contesto innervato nelle logiche ideologiche, costitutive e contraddittorie, di due teste e forme dei domini in atto: da una lato una globalizzazione che spaccia illusioni di Eden di libertà senza limiti, di persone e merci, dall’altro un orizzonte asfissiato da guerre senza fine, imposte dalla testa dell’espansionismo imperialistico.
Nelle varie aree di influenza dei livelli di interesse e potere hanno agito nel corso degli ultimi decenni logiche particolarmente pervasive e tese, per un verso a disgregare senso di comunità, dall’altro ad accecare la capacità di pensiero autonomo e critico. La risultante, per essere efficace, deve innervarsi in una orchestrazione di mezzi di comunicazione di massa, storicamente mai così vasta e onnipotente come quella contemporanea. I mass-media sono oggi fonti essenziali di dominio, in primo luogo culturale, che martellano 24 ore su 24 una Verità (tra)vestita da pensiero unico falsificante e fondamentalista. Al tempo stesso, l’orchestra deve assordare e ottundere attenzioni emotive e mentali con una incessante trasmissione di forme del cosiddetto intrattenimento. Ne scaturisce una guerra di distrazione di massa in cui, al pari di quella con bombe e missili, “La verità è la prima vittima di guerra” (p.156), titolo e oggetto di un testo, dedicato a Julian Assange.
Ecco, di questo articolato processo di erosione antropologica, questo libro di Anna Lombardo si fa voce di denuncia lucida, appassionata e al tempo stesso fredda, alla ricerca di oasi in cui ricostruire e salvare il bisogno prioritario di relazioni sociali non alienate, denunciando il buio epocale, le ferite e il dolore di degradi, imbarbarimenti e desertificazioni umane crescenti, come in questi versi: “mani salivano amore, lenzuola intrecciate/ come pergole sui giardini sognati dell’Eden/ piantati in libri osannanti città bruciate,/ lingue storpiate, per diritto divino di primigenie// Sirene intrappolate dall’abbondanza mescolano/ il giusto e il vero, dai balconi della borghesia diamanti,/ sangue e foreste ammassate su navi guerriere”(p.76).
Pochi versi capaci di raggrumare l’intruglio di dominio globale che falsifica e disumanizza, in cui tuttavia si riafferma il bisogno di un Oltre e Altro di amore, utopico quanto necessario. E ogni pagina di questo libro replica tale verso e musica: “nel silenzio di vuoti modelli di stato/…costante testimone è il cielo assente/ ed il fiume scorre da altro lato. Dove/ non c’è solo l’andare verso la corrente?” (p.52). L’imperativo categorico, etico ed epico, è cercare un altro verso, che coniughi e congiunga vita e poesia, se la poesia non è intesa solo come segno trascritto sulla pagina, ma voce di bisogni ancorché qui e ora non contemplati. Perché “Le cose non dette ristagnano: nel cuore gonfiano rabbiose le vene/ vegetano nel vivere segreto di colpe/ ignote a vigilare risvegli, moti/ o speranze di ritrovamento/…/ nell’angolo più buio del pianeta/ come fossi veramente tu il pirata” (p. 38). Scrittura densa di serena passione, critica e autocritica, capace anche di graffi ironici, mentre “L’umanità schiacciata la si può cogliere” (p.22), al pari di “Quel lamento di conchiglia – strappata al mare/ che accorcia il tempo dei tempi, sa anche/…/ in attesa di proiettili calibrati/…/ di dirci della nostra vita (p. 26), che “tra case, alberi e canali, quella dell’umano/ è la forma più precisa su cui sparare” (p.22).
Questo libro (con copertina di un’opera dell’artista neozelandese Kaye Cederman) è una sorta di anello di totalità della vita, dalla biologica alla intimità psichica, in cui l’umano “appare goffo manichino”, sconnesso al Resto, per cui esplode la pena per l’anima che “si acquatta là al suolo/ senza neppure la dignità di blatta,/ formica o verme…/…latrato di cane, nitrito di cavallo/ o il cincillare di uccelli in volo” (p.22).
Da queste citazioni emerge la musica poematica del testo, tra sguardo lucido, pietas e non arresa speranza di riscatto umano, un canto resistente che nelle tre sezioni del libro (Blackout, Con candide mani / With candid hands, Tracce / Traces) sviluppa un percorso dal buio alla resistente ricerca di luce, un moto laico e dantesco, svolto in lampi d’amore di memorie personali e collettive, per cui: “Quando la Speranza sembra andata – e il dolore della vita è alto// è allora che ritorno/ a cercare scintille dentro”, che fanno “Ricordare la dolcezza del tuo sguardo/…/ Ricordare la soffice luce del giorno e della notte”, che rigenera energie e fa sentire che “La natura è con me ogni volta che la faccio entrare” (p.172).
8 novembre 2024

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Uc de Saint Circ – Alessandro Cabianca

Pubblicato il 2 novembre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Radici eticosociali ed estetiche della poesia moderna

Adam Vaccaro

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Alessandro Cabianca, Uc de Saint Circ – Un trovatore alla corte degli Ezzelini, Cleup (Cooperativa Libraria Editrice di Padova) – Romanzo, pp. 234 . € 18,00

Alessandro Cabianca è stato un importante compagno e amico del viaggio di ricerca intrapreso con Milanocosa all’inizio degli anni 2000, di cui è stato referente di un adiacente gruppo veneto, che a Padova in particolare ha curato e organizzato non poche iniziative.È un abbrivo non gratuito o cortese della lettura di questo romanzo, perché della visione interdisciplinare di ricerca intorno alla poesia (quale ha animato nell’arco di tre decenni il progetto e le cento e più iniziative di Milanocosa), l’appassionato viaggio intorno alle vicende umane e creative di Uc (Ugo) de Saint Circ ci arricchisce di conoscenza delle radici della poesia moderna.

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Bookcity 2024 – Evento Milanocosa

Pubblicato il 30 ottobre 2024 su Eventi Milanocosa da Adam Vaccaro
Giacomo Guidetti e Maurizio Baldini hanno registrato e immesso il video della manifestazione nella pagina Youtube di Milanocsa. Segue il link: https://youtu.be/xU7Hycpiqpo Presidenza Milanocosa

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XIII Edizione BookCity Milano
Fond. Cult. San Fedele – Sala Loyola
Piazza San Fedele 4 – Milano
17 novembre 2024 – H 14,30-16,00

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Progetto di Milanocosa
A cura di Adam Vaccaro

La vita è un paese straniero
Kerouac in Italia 1966

Alessandro Manca
El Doctor Sax, Beat & Books, 2023

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Giacomo Guidetti e Maurizio Baldini hanno registrato e immesso nella pagina Youtube di Milanocosa il relativo video della bella manifestazione, di cui segue il link 

https://youtu.be/xU7Hycpiqpo ***

Un libro di approfondita ricerca socio-culturale, stimolato anche dalla iniziativa di Milanocosa realizzata nel 2019 col titolo, all’interno della serie Attraverso Milano,
Jack Kerouac e i poeti della Beat Generation italiana.
Fu un incontro a cura di Luigi Cannillo e la partecipazione di Alessandro Manca, che divenne una sorta di radice da cui si è poi sviluppata la ricerca del libro che presentiamo.
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Il volume La vita è un paese straniero è la ricostruzione del viaggio che Jack Kerouac fece in Italia nel 1966, quando fu invitato da Mondadori per presentare il suo romanzo Big Sur, scelto come 500° della collana Medusa. Più che un semplice resoconto di un viaggio è il racconto dello scontro titanico, ricco di provocazioni e caustiche recensioni, fra Kerouac, insofferente e ubriaco, e un establishment culturale che in Italia, ancor più che in America, non lo comprende, ne sminuisce il valore letterario e lo riconduce a uno stereotipo.

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Trilogia di Racconti – Gianni Caccia

Pubblicato il 24 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

A caccia della difficile Armonia
Adam Vaccaro

Gianni Caccia, Trilogia di Racconti, Puntoacapo Editrice, Pasturana (AL):
– RICERCA, 2018
– TRIODOS, 2021
– L’ULTIMO BIVIO, 2024

Conosco Gianni Caccia da alcuni decenni, ma dopo La Vallemme dentro di oltre 20 anni fa, non avevo ancora letto la serie di racconti lunghi di questa trilogia, in cui ritrovo il suo respiro misurato e lungo, di maratoneta, teso a indagare l’Orizzonte socioculturale e a tradurre sulla carta la ricerca (sic!) a caccia (omonimia e gioco verbale che la lettura mi scodella) di un equilibrio che, nell’arco degli ultimi anni, è diventato sempre più difficile.
Sono già esplicativi di tale sintetico nucleo di senso, i titoli, incentrati e motivati dall’ansia di capire. Che non si muove in ambiti speculativi astratti, ma sul territorio del proprio orizzonte vitale, trasmutato in materia di pensiero, riflessione filosofica e visione critica, entro una esemplare messa in forma della lezione di Anassimandro di Mileto, per il quale la filosofia fioriva interconnessa alla geografia.
E la fonte alta del pensiero greco è richiamata sin dalla citazione di Eraclito in esergo a Ricerca: “Armonia che si tende da un estremo all’altro, come dall’arco alla lira”.
Dopo di che prende avvio il primo racconto, dal titolo Palintomia, che fa ricordare palinodia, termini entrambi di profonde radici greche, ma quest’ultimo con senso che si contrappone a dettati precedenti, mentre Palintomia è subito eco di complessità, termine polisemico, di tensione alla pluralità semantica e alla capacità di considerare sensi opposti, quali sono poi svolti dal racconto.
La narrazione parte da «Il profilo delle montagne che si stagliavano sotto il cielo di cenere sembrava apposta per respingere chi volesse violarle… mentre l’auto intraprendeva le prime salite… sotto la guardia delle montagne». Dopo di che il racconto ci conduce nelle trame della ricerca del protagonista, Giovanni, traslucido alter ego dell’Autore, dedicata a una setta dal nome evocante, Penti, e motivata dalla fascinazione per ciò che è eretico, anomalo e fuori dai dogmi indiscussi dai fedeli assuefatti. Metafora di sensi ampi e molteplici.
Il testo trasmette la suddetta fascinazione e il passo lungo è necessario a un tragitto lungo, già presente nell’animo pregno che inizia a premere sui tasti del pc, che si traduce in periodi altrettanto lunghi, intercalati da subordinate, virgole e punti e virgole. Eppure il respiro del testo non trasmette affanno e fatica, come a volte capita anche con certi classici. È che la levità non deriva solo da piccoli passi, brevità di articolazioni frasali. Ed è un dono di cui Gianni Caccia mostra di conoscere il segreto.
Ivano Mugnaini, di questa trilogia non è solo un fraterno compagno di viaggio, è un esempio di ciò che io chiamo lettore co-autore, di un’Opera consistente – sia per le complessive 570 pagine, che per i 6-7 anni di vita dedicati alla sua stesura, che hanno magari lasciato qualche capello di meno e qualche ruga in più. Ma la consistenza è soprattutto di grani di coscienza in più, e di spessore culturale, che qui cerchiamo di lumeggiare almeno nei suoi nuclei principali.
Mugnaini intercala la trilogia cacciana con la postfazione del primo e le prefazioni del secondo e terzo tomo, evidenziando con condivisione adiacente ed affettuosa acribia, sin dall’abbrivo della sua lettura di Ricerca, la sapienza di scrittura: «Non c’è fretta né approssimazione, nei racconti di Gianni Caccia, Non c’è frenesia tipica di chi vuole produrre per apparire, sfornare di continuo per raccogliere esclamazioni di plauso che durano quanto un croissant sul bancone di un bar. Caccia dà l’idea di scrivere con gusto antico e tuttavia attualissimi. Cerca la parola esatta, indirizza il cursore del computer e della mente con occhio serissimo e divertito…che sente di voler comunicare…la dimensione onirica apparentemente eterea e l’asfalto apparentemente saldo e impoetico… che ancora parla della memoria leggera e tenace, quella che in fondo ci rende ciò che siamo».
Il secondo e terzo racconto di Ricerca si svolgono guidati da un altro alter ego, il professor Konrad Jaeger, tra sfondi di passioni per corse di Formula 1, attività scolastica, territori e orizzonti di memorie storiche lontane, in cui Jaeger è filo conduttore; ciò si ritrova anche in Triodos, titolo che richiama un orizzonte geografico più definito, di vicende collocate nel triangolo di tre Regioni – Lombardia, Piemonte ed alta Emilia, con lo sfondo dell’oltralpe ligure – area dell’Appenninico Oltregiogo, territorio in cui è posta Novi Ligure, e dove vive Caccia: un territorio marginale e ibridato tra le provincie di Alessandria, Pavia e Piacenza, davanti al bastione di montagne, oltre le quali c’è la Liguria.
Anche nel terzo libro permane il filo conduttore di Konrad Jaeger, in un percorso che si fa più serrato e formalmente più secco, di un tratto del viaggio di ricerca e acquisizione conoscitiva del Sé e del Resto, che è – come ben sottolineato da Mugnaini nella prefazione a L’ultimo bivio – a specchio, radicato in un tempo e in un territorio materici e interiori, trasmutati in paesaggi dell’anima, e immagini del processo autopoietico della interminabile ricerca della propria identità.
Ed entro tale quadro, questo ultimo disegno è, come già indica il titolo, tutt’altro che un punto di arrivo definitivo, una Itaca e un porto in cui dare riposo e appagamento alla ricerca di sé stessi. Perché l’orizzonte geografico-temporale contemporaneo non consente equilibri armonici, innervati in una polis e in relazioni gioiose, quali intese da Spinoza.
Ne consegue che il dono di un giardino fiorito di senso, rimane una utopia umana, sociale e storica. Che però non va lasciata nel ripostiglio delle cose dismesse e irreparabilmente logorate. Anzi, quanto più le condizioni attuali tendono a negarla, essa va ripresa e coltivata in quel giardino, seppure devastato e sommerso da nebbia, in atmosfere cupe che lo contornano e irridono.
Questo è almeno il mio personale punto di arrivo, aperto e non arreso, di tre libri di cui sollecito la lettura. Un viaggio da condividere e che rimarrà nella memoria, perché ci offre una misura attiva con la complessità e le difficoltà di armonia ecologica ed antropologica, entro l’orizzonte di Tempo che stiamo vivendo.
Ottobre 2024

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