Blackout – Anna Lombardo
Il deserto della verità e l’Oltre
Adam Vaccaro
Anna Lombardo, Blackout, El martillo press, 2024, pp. 178
Questa raccolta bilingue di Anna Lombardo è traduzione sulla pagina della costante instancabile azione che l’Autrice conduce tra Venezia e le Americhe, organizzando continue iniziative con Palabra en el Mundo, di connessione tra voci che non smettono di dare testimonianze di resistenza vitale nella pervicace tempesta di sabbia prodotta dai poteri economici, politici e socio-tecnologici contemporanei. Un contesto innervato nelle logiche ideologiche, costitutive e contraddittorie, di due teste e forme dei domini in atto: da una lato una globalizzazione che spaccia illusioni di Eden di libertà senza limiti, di persone e merci, dall’altro un orizzonte asfissiato da guerre senza fine, imposte dalla testa dell’espansionismo imperialistico.
Nelle varie aree di influenza dei livelli di interesse e potere hanno agito nel corso degli ultimi decenni logiche particolarmente pervasive e tese, per un verso a disgregare senso di comunità, dall’altro ad accecare la capacità di pensiero autonomo e critico. La risultante, per essere efficace, deve innervarsi in una orchestrazione di mezzi di comunicazione di massa, storicamente mai così vasta e onnipotente come quella contemporanea. I mass-media sono oggi fonti essenziali di dominio, in primo luogo culturale, che martellano 24 ore su 24 una Verità (tra)vestita da pensiero unico falsificante e fondamentalista. Al tempo stesso, l’orchestra deve assordare e ottundere attenzioni emotive e mentali con una incessante trasmissione di forme del cosiddetto intrattenimento. Ne scaturisce una guerra di distrazione di massa in cui, al pari di quella con bombe e missili, “La verità è la prima vittima di guerra” (p.156), titolo e oggetto di un testo, dedicato a Julian Assange.
Ecco, di questo articolato processo di erosione antropologica, questo libro di Anna Lombardo si fa voce di denuncia lucida, appassionata e al tempo stesso fredda, alla ricerca di oasi in cui ricostruire e salvare il bisogno prioritario di relazioni sociali non alienate, denunciando il buio epocale, le ferite e il dolore di degradi, imbarbarimenti e desertificazioni umane crescenti, come in questi versi: “mani salivano amore, lenzuola intrecciate/ come pergole sui giardini sognati dell’Eden/ piantati in libri osannanti città bruciate,/ lingue storpiate, per diritto divino di primigenie// Sirene intrappolate dall’abbondanza mescolano/ il giusto e il vero, dai balconi della borghesia diamanti,/ sangue e foreste ammassate su navi guerriere”(p.76).
Pochi versi capaci di raggrumare l’intruglio di dominio globale che falsifica e disumanizza, in cui tuttavia si riafferma il bisogno di un Oltre e Altro di amore, utopico quanto necessario. E ogni pagina di questo libro replica tale verso e musica: “nel silenzio di vuoti modelli di stato/…costante testimone è il cielo assente/ ed il fiume scorre da altro lato. Dove/ non c’è solo l’andare verso la corrente?” (p.52). L’imperativo categorico, etico ed epico, è cercare un altro verso, che coniughi e congiunga vita e poesia, se la poesia non è intesa solo come segno trascritto sulla pagina, ma voce di bisogni ancorché qui e ora non contemplati. Perché “Le cose non dette ristagnano: nel cuore gonfiano rabbiose le vene/ vegetano nel vivere segreto di colpe/ ignote a vigilare risvegli, moti/ o speranze di ritrovamento/…/ nell’angolo più buio del pianeta/ come fossi veramente tu il pirata” (p. 38). Scrittura densa di serena passione, critica e autocritica, capace anche di graffi ironici, mentre “L’umanità schiacciata la si può cogliere” (p.22), al pari di “Quel lamento di conchiglia – strappata al mare/ che accorcia il tempo dei tempi, sa anche/…/ in attesa di proiettili calibrati/…/ di dirci della nostra vita (p. 26), che “tra case, alberi e canali, quella dell’umano/ è la forma più precisa su cui sparare” (p.22).
Questo libro (con copertina di un’opera dell’artista neozelandese Kaye Cederman) è una sorta di anello di totalità della vita, dalla biologica alla intimità psichica, in cui l’umano “appare goffo manichino”, sconnesso al Resto, per cui esplode la pena per l’anima che “si acquatta là al suolo/ senza neppure la dignità di blatta,/ formica o verme…/…latrato di cane, nitrito di cavallo/ o il cincillare di uccelli in volo” (p.22).
Da queste citazioni emerge la musica poematica del testo, tra sguardo lucido, pietas e non arresa speranza di riscatto umano, un canto resistente che nelle tre sezioni del libro (Blackout, Con candide mani / With candid hands, Tracce / Traces) sviluppa un percorso dal buio alla resistente ricerca di luce, un moto laico e dantesco, svolto in lampi d’amore di memorie personali e collettive, per cui: “Quando la Speranza sembra andata – e il dolore della vita è alto// è allora che ritorno/ a cercare scintille dentro”, che fanno “Ricordare la dolcezza del tuo sguardo/…/ Ricordare la soffice luce del giorno e della notte”, che rigenera energie e fa sentire che “La natura è con me ogni volta che la faccio entrare” (p.172).
8 novembre 2024
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