Trasmutazioni – Adam Vaccaro
Via Laghetto 2 – Milano
Via Laghetto 2 – Milano
Un’Autoantologia 1964-2014 con
Premessa di Paola Ferrari, Saggi introduttivi di
Flavio Ermini, Giovanni Fontana, Francesco Muzzioli, Chiara Portesine, Marilina Ciaco
e Saggi conclusivi di Adam Vaccaro, Vincenzo Guarracino
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Paola Ferrari, Ranieri Teti, Laura Caccia, Silvia Comoglio. Marilina Ciaco, Vincenzo Guarracino, Adam Vaccaro
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Paola Ferrari, Claudia Azzola, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo, Roberto Caracci,
Gabriela Fantato, Barbara Gabotto, Angelo Gaccione, Giacomo Guidetti, Rosemary Liedl
Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Marco G. Maggi
Inediti
Con nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica
Scrivo avvertendo una reminiscenza, il richiamo dei ricordi, ma la mia scrittura si confronta anche con la quotidianità dell’attimo, a volte si fissa sul particolare o sull’oggetto più banale per rimandare a discorsi ed evoluzioni più profonde. Nelle mie poesie la natura ha un’importanza particolare: sono nato e cresciuto in una zona agricola in quella fetta di pianura che si estende da Milano fino all’appennino ligure, ma in realtà sono e resto concentrato sull’umanità, che guardo con sguardo compassionevole, a volte mosso anche da impeti civili, perché mal sopporto i soprusi e le ingiustizie. Per la tipologia degli argomenti proposti ho scelto quindi di esprimermi con il verso libero, al quale non disdegno di aggiungere, di tanto in tanto, versi in metrica, soprattutto endecasillabi, perché la poesia non dovrebbe perdere mai, a mio avviso, la sua capacità di diventare canto e quindi la sua espressività orale.
Un tema che mi è sempre stato caro, e a cui sto indirizzando la mia scrittura degli ultimi anni, è il tema del lavoro, sul quale incide anche la mia esperienza personale e famigliare: anche in questo caso si toccano tasti molto delicati. In piena pandemia ho iniziato quindi questo progetto, del tutto work in progress, il cui titolo rimane ancora vago ma che, orientativamente, dovrebbe essere “La fabbrica della gomma”, che dovrebbe costituire una silloge a cui potrebbero aggiungersi anche testi inediti degli ultimi anni.
Visioni e sfide di Perseo
Laura Cantelmo
Adam Vaccaro, Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia, puntoacapo Ed, Pasturana (AL) 2024
La recente raccolta di Adam Vaccaro – Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia – dà nuovo respiro all’indagine di ispirazione civile e politica da lui prediletta, riprendendo il discorso intrapreso in Google- il nome di Dio (2021) intorno ai molteplici aspetti e agli inganni del Potere, per altro già presenti nelle opere precedenti, tanto da apparire una delle tappe di un poema incessante.
Il tono e l’intera impalcatura di Trasmutazioni sono, dunque, in perfetta sintonia con le opere già pubblicate nell’indicare gli aspetti sempre più evidenti di una degenerazione dei rapporti economici e sociali dovuta alla globalizzazione, al predominio dell’economia di mercato, nonché alla crisi delle Grandi Narrazioni. Il tutto aggravato dall’uso delle moderne tecnologie e quindi da una spersonalizzazione del Potere, divenuto invisibile e, in quanto tale, sempre più disumano e spietato. Confermando, per altro, la rappresentazione tramandata dall’antichità, come entità di natura infera e mostruosa, benché sottoposta – nell’agostiniana Civitas terrena – al controllo dell’Etica. Concezione successivamente superata, in seguito alla separazione della Politica dall’Etica – e da altre forme di controllo, quali la legge e il diritto – come già dimostrato da Machiavelli.
La mostruosità del Potere come Questione del Male. La figura di Perseo
Il tema del Male, che appassiona Vaccaro, si è sempre imposto anche nell’interesse manifestato dalla filosofia, nonché dalla vasta letteratura che ne ha indagato gli aspetti più rilevanti. Pensiamo, ad esempio al Leviatano di Hobbes (1651), il trattato di teoria politica che ha come fulcro la questione dello Stato come entità mostruosa, simbolicamente incarnata nel Leviatano, il mostro centipede tratto dalla Bibbia, Libro di Giobbe, che affronta la questione del Male. Ed è la connessione col Potere politico, nelle sue varie espressioni, ad essere qui affrontata da Vaccaro, con la stessa passione civile e politica che in questo Poeta già conosciamo, capace di dettargli versi scabri, veementi e sardonici, caratteristici del suo stile. Anche la creazione di divertenti, benché sarcastici lemmi, come il neologismo Caoslandia, nasce da un’ironia che si esercita soprattutto nella creatività lessicale.
Gli strali vengono equamente suddivisi tra chi esercita il Potere politico nello spaesamento del nonluogo, che è la condizione che oggi viviamo, e i cittadini – “pescatori intrappolati da bi/sogni, illusioni d’amore”, sudditi inconsapevoli della beffa operata a loro danno (“Reti”). In realtà, si avverte un malcelato senso di pietas nei riguardi di costoro – i cittadini vittime delle sirene del Potere – che sanno “far /diventare persino il nulla e il vuoto di un/ nonluogo, un luogo pieno di…/…sogni d‘anima in cerca di comunità.” Nella comunità, parola chiave e concetto fondamentale nella poetica di Vaccaro, il Poeta riconosce l’antidoto alla frantumazione sociale del nostro tempo. Il profondo anelito alla socialità, per non sentirsi entità isolate è da lui vissuto ora con stizza, ora con dolore, ma sempre rivendicato con profonda nostalgia.
La tematica al centro dell’interesse poetico e politico richiama inevitabilmente anche le origini mitiche legate alla eroica figura di Perseo, uccisore di Medusa – che è una delle tre mostruose Gorgoni, altro simbolo del Potere, a cui fa riferimento, tra tanti, anche Italo Calvino, nelle Lezioni americane.
Grazie allo stratagemma suggeritogli da Atena, Perseo riesce a non guardare il volto orrifico della Gorgone Medusa, ma solo la sua immagine riflessa nello scudo lucidato a specchio, fornito dalla Dea, tanto da non subirne il paralizzante sguardo che pietrificherebbe chiunque lo fissasse. Secondo alcuni studiosi del tema, la grandezza simbolica dell’eroe Perseo consiste nell’avere con coraggio vinto la paura, riuscendo ad evitare lo sguardo del mostro, venendone a conoscere solo l’immagine riflessa, così da poter rivelare l’Inguardabile all’umanità (v. Marco Revelli, I demoni del potere, Laterza, Bari 2012). Come riferisce Calvino, a liberare gli umani “dalla morsa di pietra” sarà la sua eroica funzione di medium nel trasmettere la conoscenza della ferocia del Potere.
Lo studio di questo perturbante mito si irradia in molte interpretazioni, ma è interessante citarne la valenza simbolica per affrontare l’itinerario poetico di Vaccaro, al quale potremmo attribuire, mutatis mutandis, un ruolo simile a quello di Perseo: lo smascheramento dell’orrore insito nel Potere e nelle sue numerose trasmutazioni subite nella Storia.
Agli occhi del Poeta, gli umani appaiono succubi del raggiro e dell’inganno, avendo ormai smarrito qualsiasi capacità di pensiero critico, a causa delle tecnologie comunicative e della feticizzazione della scienza, che sono strumenti efficacissimi di manipolazione e di propaganda: tali si mostrano gli “stolidi criceti” al servizio del “mostro Stato” (“Criceti alla ruota”). Di qui l’auspicio di una trasmutazione dei cittadini da bruchi in farfalle, in esseri consapevoli del loro vivere responsabilmente in questo mondo:
“Inventare un vento nella vertigine senza scampo”.
L’organizzazione quadripartita della raccolta, simile a quella del precedente libro, offre una scansione paradigmatica dei temi trattati. Se ipotizziamo che i temi siano in realtà maschere dell’Autore, possiamo individuare le tappe del discorso, che John Picchione, nella prefazione, definisce mappe conoscitive, di natura etica e politica, ma anche campi semantici, evidenziando la ricchezza del lessico, delle figure retoriche e della metrica, abilmente utilizzate – come la tmesi e l’ellissi – al fine di ottenere una significativa concisione del linguaggio, attraverso la pluralità semantica dei significati e il movimento alterno tra l’asse diacronico e quello sincronico della Storia.
Appare chiaro che i testi che compongono queste ultime raccolte sono intesi a combattere l’afasia generale con lo svelamento di alcune “immagini” del Potere, fustigando l’inerzia dei “sudditi” mediante una vis polemica e rivoluzionaria su cui si basa il carattere epico della narrazione. Grazie al quale non compare mai un Io narrante, ma solo il racconto di un soggetto onnisciente, come nell’epica classica.
La visione catastrofica del tempo attuale, come cumulo di macerie devastato dalla crisi climatica e dalle scelte economiche neoliberiste, apre la prima sezione, Frane quotidiane. I singoli testi paiono quadri di una mostra di arte visiva relativa alla condizione sociopolitica del nostro paese, tra i quali potremmo trovare persino l’Angelus Novus di Klee, il cui sguardo fisso sulle rovine del passato ha ispirato l’immagine dell’Angelo della Storia di Benjamin.
Nella prima sezione Frane quotidiane, in apertura viene indirizzata una frecciata al Patriarcato vigente: il “sole maschio/ sepolto nei suoi deliri di conquista.”, nel breve testo sul rapporto tra i sessi (“Altari e deliri”). Sullo sfondo di un paesaggio desolato si apre il grande affresco della crisi socioeconomica e culturale odierna, determinata anche dall’incapacità generale di comprendere il presente, nella vana attesa di un “Godot” senza nome, di per sé, già perdente. La denuncia dello sfruttamento dei riders (“Eroi quotidiani”), i nuovi proletari che in funzione di fattorini percorrono in bicicletta le nostre città per servire pasti a domicilio a giovani incapaci di autonomia e di pietà verso i diseredati, mette in evidenza le carenze educative di un sistema di vita. Sono, essi stessi, malinconici esemplari, a suo vedere, di una società narcisistica e autoreferenziale (“Nel regno D’Io”), priva di prospettive future. Molto severo il giudizio sulla gioventù attuale: insensibili verso la bellezza e intrappolati nei non luoghi del consumismo, essi sono fatalmente destinati all’infelicità. La visione tragica di un mondo devastato da povertà, diseguaglianze e guerre, piagato dall’assenza d’amore, richiama l’analisi di Baumann sulla società liquida, pur rispettando, come base filosofica e politica di riferimento, il materialismo storico e le teorie sociologiche ad esso collegate.
La seconda sezione, Pietre senza luna, individua i molti aspetti della crisi a livello geopolitico, criticando la globalizzazione, la subalternità dell’Europa agli USA, patria del disastroso neoliberismo imperante, dove il Dottor Stranamore usa la guerra come una partita di scacchi finalizzata al profitto (“Dottor Stranamore 2022”). Di fronte ad essa vediamo il “popolo” schierarsi acriticamente a sostegno di uno dei contendenti, come in un Derby calcistico, Protagonisti dei testi sono gli ultimi della società, i poveri, i migranti, l’aspetto terrificante dello scontro in Palestina, con i territori ridotti a “campo senza fine di sterminio”. Un elenco di disvalori che dipinge in termini realistici la distopia in cui siamo immersi – “…vittime/ fino a quando/ saremo tifosi di paure diverse”. (“Frantumi”)
La terza sezione, Sassi volanti, evoca il mito di Davide (senza Golia), indirizzando gli strali verso lo sfacelo dell’informazione fuorviante, incarnata simbolicamente in una nota e influente conduttrice televisiva (“Virago della Settima”), nell’assoluta abulia della popolazione, incessantemente bersagliata da immagini di tragedie di ogni genere. La possibilità di un superamento degli ostacoli, già velatamente individuabile nelle sezioni precedenti, appare qui più esplicita: “Se un sasso / ferisce il tuo passo/ tu fanne canto momento/ moto teso a un salto più alto”. (“Sassi e scale”).
In Pietre miliari, sezione finale, si ampliano gli spiragli di luce, grazie alla memoria della terra d’origine, quel Molise che rivive nelle descrizioni e nelle rievocazioni dei personaggi e dei profumi della campagna. La dolcezza dell’ispirazione, affidata alla leggendaria dimensione assunta nelle rimembranze delle radici, contrasta con il ricordo della durezza della vita da migrante (“Origano molisano”) “ai piedi del monte più duro da scalare”: proprio nel momento dei bilanci di un’intera esistenza, il Poeta ripercorre a ritroso la dura fatica di quei giorni.
Una sezione aperta alla speranza, quest’ultima, nonostante gli ostacoli, “i sogni d’Icaro” che ne hanno segnato il cammino (“Trasmutazioni”). Nel tempo di vita che rimane, ormai poco margine è affidato al sogno, eppure la riproposizione di un testo tratto dalla precedente raccolta – “Lettera di Wilma” – rientra coerentemente nella struttura ideale come pilastro portante, al quale trovano sostegno i valori ideali di riferimento. La potente immagine della staffetta partigiana – suocera del Poeta – illumina di attese e di intensa passione questi ultimi testi, come spinta per un’idea di futuro, diversa e contrapposta alla negatività del presente, attraverso le parole di Wilma: “Forza, la vita è ancora vostra e sta sola nelle vostre mani.” Il richiamo alla storia di quegli anni, quando il sogno si era fatto progetto di vita e strategia di lotta per l’avvenire, rivive in questo testo come impulso epico verso il cambiamento.
Quella stessa passione ispira la poesia che, nella postfazione, anche Gabriella Galzio, ha interpretato come dichiarazione di poetica: “Arrivano come perle parole che non sai/…/ perle sapienti di salvezza” (“Perle”) ribadisce l’assioma secondo cui la poesia sgorga dall’intimo ed è strumento o vento di redenzione. Le madeleines di Vaccaro sfilano in questa sezione come in una sequenza filmica: immagini, suoni, profumi, voci e visoni del paese natale accompagnano la storia di un ragazzo emigrante, come quelli presenti nei canti di lavoro della nostra giovinezza. Sono versi che risuonano come l’invocazione alla Musa nei poemi classici:” Profumami origano di colline molisane/ i miei ricordi di ragazzo inerpicato/ nei suoi sogni saporosi/ come le fette di pane e pomodoro” (“Origano molisano”). Sullo sfondo vediamo sfilare, come nobili icone, le donne che portano maestosamente sulla testa la tina – l’anfora colma d’acqua – “fatta corona di/ trionfanti regine…/ brave e schiave/ di un tempo avaro di diritti” (“La tina”).
Nel finale, la memoria dei primi tempi vissuti a Milano si colora della nostalgia di come eravamo, quando i tram erano verdi, non contaminati dagli annunci pubblicitari, nudi e semplici come pareva la vita in quei giovani anni, a dispetto delle inquietanti trame nere ordite nell’ombra. Icone di un tempo non ancora posseduto dal consumismo, che ci avrebbe tramutati in uomini e donne a una dimensione.
Un commento a parte meritano i brevi, aforistici “Auguri”, che chiudono ogni sezione, allentando la tensione con un sospiro di sospensione e di speranza. L’ultimo di essi rappresenta l’invito a raccogliere le energie per risorgere dopo le cadute, allorché le forze cedono e lo smarrimento ci invade:
“ma è solo un attimo – e la tua isola lo sa”.
15 giugno 2024
AA.VV., Distanze verticali. Escursioni poetiche sulla montagna
A cura di Irene Sabetta, Macabor editore, Francavilla Marittima (CS), 2024
(Nota di lettura, Carlo Di Legge)
C’è un oriente/dentro ogni cosa, e un bosco di voci lontane/che ti frastornano
quando il loro sole si accende – Edoardo Zuccato, p. 106
… si rivela la sacralità attraverso le strutture stesse del Mondon – M. Eliade, Il Sacro e il profano, p. 75
Avendo optato per la regia di questo libro, con poesie di autori così diversi sulla montagna, Irene Sabetta lo fa con semplicità. Credo si tratti di un libro che è esso stesso come una montagna, piena di nascosti sentieri, progetto di scorci e visioni che si aprono d’improvviso.
La semplicità sta nello spirito e nella nota introduttiva, che a sua volta inizia con un brano di Antonia Pozzi –ne riporto la fine. Lei scrisse “là in alto, anche la materia, la colossale materia che ci attornia, non sembra inerte o ostile, ma viva ed amica” (p. 7). Si mostra il senso simpatetico della universa partecipazione, della comunanza di tutte le cose, in un tipo di mondo dove anche la materia va intesa come vivente, come essere pulsante e animato, del tutto partecipe della vicissitudine del vivente? Il mondo di Giordano Bruno, tra gli altri… Certo, e non si tratta sempre di una madre affettuosa: la materia, la montagna è anche dura, essa “non ti tratta con tenerezza” (A. Manstretta, p. 59).
Ecco, si può dire in modo lineare cose che non credo lo siano. Una vera sfida.
Le carte sono subito scoperte nella introduzione, con la citazione da R. Daumal: la montagna, ogni montagna che s’immagini anche in parola, è “un’altra montagna che unisce la terra al cielo” (p. 7); in proposito, aggiungo, cfr. M. Eliade, che si riferisce a credenze religiose le più diverse, in cui la Montagna (Sacra) “congiunge la Terra al Cielo” (Il Sacro e il profano, p. 30). Quel cammino, che sa ogni amante della montagna, diventa “metafora del cammino per diventare ciò che si è” (Sabetta, p. 8), qualcosa di cui nelle letterature, religiose o meno, si trovano innumerevoli esempi – basti pensare alla montagna del Purgatorio nella Commedia dantesca, al Sinai, al monte di Sion… .Pratica della montagna comporta, anche per chi semplicemente lo fa senza essere consapevole, memoria di vicende iniziatiche, di cui testimoniano le differenti Scritture trasmesse: in generale il cammino della montagna come “l’esistenza umana, nella misura in cui essa si adempie, è essa stessa una iniziazione” (Eliade, p. 132). Ogni cosa che facciamo può essere carica di significato, ciò che si fa può essere sempre molto di più di quel che sembra.
Dunque la montagna evoca l’alto, a cui sembra unirsi, e l’ alto “continua a rivelare il trascendente in un qualsiasi complesso religioso” (Eliade, p. 82); citando la scala nel celebre sogno di Giacobbe, lo studioso osserva che una teofania ammette in sé un luogo per il fatto che esso è “aperto” verso l’alto cielo (cit., cfr. p. 22) – in Cina esistono molte imponenti montagne sacre al taoismo, al buddhismo, al confucianesimo: così si ritengono sacre le montagne in India, Giappone, Australia e America… ma non necessita andare lontano. Montagna è lontananza nel qui presente, che occorre raggiungere. I fedeli – e i turisti ardimentosi – si arrampicano, cosa che a volte è non facile (i più prudenti preferiscono l’ascesa in teleferica!).
Food-Art – Cibi per la Mente
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Serie di Incontri di Arte e Poesia
a cura di Annitta Di Mineo
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2 maggio 2024 – H. 18
Alla Galleria Bagutta
Corso Garibaldi 17 – Milano
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Resistenze e ragionevoli Utopie
con
Adam Vaccaro e Gabriella Galzio
Conferenza e Reading poetico
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Saranno presenti:
Luigi Cannillo, Roberto Caracci, Francesco Di Garbo, Annitta Di Mineo,
Andrea Diella, Gabriella Galzio, Giacomo Graziani, Franco Paone,
Via Laghetto 2 – Milano
Le domande e risposte aperte della canoscenza poetica
Adam Vaccaro
Sandro Pecchiari, Alle spalle delle cose, Vita Activa Nuova, 2022
C’è, nel nondetto di questo libro di Sandro Pecchiari, una domanda: da dove partire? Da quale luogo avviarsi, se la poesia è intesa come moto verso una maggiore conoscenza che aggiunge e va oltre le acquisizioni delle altre discipline? Se rifiuta di rimanere esercizio supponente quanto illusorio e patetico, separato dal mondo?
Una lampada è offerta dalla dedica dell’Autore, in esergo del libro, “A tutti i ‘genius loci’ della mia vita”, che coniugata col titolo compone un ossimoro. Il primo è nucleo centrale di matericità e sacralità che, al pari del poièin, produce ed è al tempo stesso prodotto da uno stato modificato di coscienza, recalcitrante e impossibile da prenderne l’essenza con qualunque metodo scientifico o semplicemente raziocinante. Le supponenze dell’Io sono messe alla porta, ma ecco che da qui resiste nel rientrare in gioco, alle spalle delle cose, o meglio della Cosa, Casa della complessità e della sua (im)possibile canoscenza.
Questo libro risponde perciò con una sua specifica declinazione di Adiacenza tra i linguaggi costitutivi dell’umano, dai segni algoritmici dell’Io, necessari ma insufficienti a conoscere l’infinito ignoto, agli invisibili segni di umori e amori di radici e foglie, dentro e fuori di noi.
Concordo perciò con quanto conclude nella nota in postfazione Giuseppe Vetromile: “Sono versi che denotano la grande capacità di Pecchiari del suo profondo scrutare attraverso i muri e le stanze del mondo…grazie proprio alla sua poesia”. L’ardua, interminabile scommessa di aggiungere, attraverso questa cosa indefinibile e necessaria che chiamiamo poesia, è qui esposta tra squarci di luce, briciole di pane, pietre mancanti nella fabbrica della casa-mondo, alla ricerca di una bellezza che va oltre la meraviglia, sul crinale tra simbolico e reale. È da qui che la fame di umanità continua ad accendere foreste, mari e giardini della vivificante immaginazione, tradotta in versi tesi a un infinito perseguito, che non smette di voler trasmettere e condividere la sua passione di conoscenza.
Per conoscere DANTE STRONA,
Poesie sulla Resistenza, Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Varallo 2023
Nota di lettura di Laura Cantelmo
Raccogliere testimonianze dirette sulla Guerra di Liberazione come materiale vivo, intriso di sangue, di morte, ma anche di tensione al cambiamento e di palpiti felici, può servire a ravvivare i cuori e a indicare alle nuove generazioni un cammino difficile, ma fondamentale a costruire la società futura, quello dell’Utopia, della passione che dà senso alla vita. Un cammino come quello di coloro, che, spesso giovanissimi, in quel momento storico dominato dalla tragedia, scelsero di opporsi alla dittatura, ai disvalori, a una propaganda malsana, ben consapevoli del rischio mortale che correvano. Abbiamo letto, in molti della nostra generazione, quando ancora la narrazione di quel passato era incompleta, le lettere dei condannati a morte, i racconti della deportazione, i romanzi ispirati alla Lotta di Liberazione -testi che ci lasciavano ammirati ed allibiti per la forza d’animo e la determinazione di chi, conoscendo da vicino la tortura e la morte, sfidava la paura e il dolore con l’orgoglio di chi sa trovare una luce, pur nel buio profondo della tragedia.
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