Trasmutazioni sul Corriere

Pubblicato il 3 agosto 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Scritture e letture
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Nota di lettura di Franco Manzoni, sul Corriere del 4 agosto 2024
Adam Vaccaro, Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia, puntoacapo Ed, Pasturana (AL) 2024

TRASMUTAZIONI – Alchimie in Caoslandia

Pubblicato il 23 luglio 2024 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

Trasmutazioni d’Estate

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Comune di Bonefro

Assessorato alla Cultura

Chiostro ex Convento Santa Maria Delle Grazie

Presenta

in collaborazione con

 Associazione Culturale Milanocosa 

 17 agosto 2024 – ore 17,30 -19,30

 Adam Vaccaro

TRASMUTAZIONI – Alchimie in Caoslandia

(puntoacapo Editrice)

Viaggio con la poesia di Adam Vaccaro

alla ricerca di senso sotto il sole del pensiero unico

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Auguri e Stato in atto

Pubblicato il 7 luglio 2024 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Con auguri nonostante per l’estate 

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Lo Stato in atto e l’Oltre irrinunciabile
Adam Vaccaro

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Vedi anche su Odissea del 7 luglio 2024

https://libertariam.blogspot.com/2024/07/lo-stato-in-atto-e-loltre.html

Solitudine, paura, impotenza. Se si produce un orizzonte emotivo generato da tale triade, si innesca un processo di chiusure regressive anziché di aperture e crescita, quali quelle che Spinoza chiamava passioni gioiose, tese all’incontro e alla conoscenza. Sono passioni che non si coltivano proni e seduti nello stato di caverna passiva immaginata dalla visione platonica.
Sono passioni di un fare, un poièin, che non è solo della poesia delle righe spezzate. Perché può essere generato da ogni fare – artistico o meno – come affermava Gian Battista Vico.
Un fare che si oppone alle risposte offerte dai poteri in atto, i quali tendono a disunire, disgregare, a disegnare orizzonti costellati da pericoli e nemici, diffusi dai massmedia, in canali di falsificazioni e distrazioni di massa, anziché di informazioni reali. Il risultato è uno stato emotivo infantile, di chi si sente abbandonato, spaventato e indifeso, pronto per questo a recepire risposte illusorie di sicurezza fornite da un pensiero di Verità assoluta, incurante della scienza moderna che ne ha sgretolato i fondamenti, e che tende a essere ridotta a scientismo, strumentale quanto dogma indiscutibile – vedi, come esempio, i deliri ideologici e repressivi messi in atto con il Covid.

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Anticipazioni – Valentina Murrocu

Pubblicato il 3 luglio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Valentina Murrocu
Inediti

Con nota di lettura di Laura Cantelmo

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Nota di poetica
La mia scrittura nasce dalla priorità del momento percettivo su quello nominativo, muovendo da una sovraesposizione alla realtà: oggetti, corpi, sensazioni, pensieri, proiezioni mentali fanno parte dello stesso orizzonte di senso, non ci sono momenti privilegiati di accensione o una gerarchia. L’esistenza si rivela pertanto come orizzontale. Da questa priorità della percezione deriva la volontà di lasciar vedere o intravedere le contraddizioni della realtà per come si manifesta. Il restituire la complessità del mondo nella scrittura e con essa un’idea di mondo è ciò che muove e anima la mia scrittura. Da questo orizzonte di senso non è esclusa la realtà cruda e la violenza delle immagini, anzi, si potrebbe dire che la mancata edulcorazione di scene ripetute di violenza rappresenta il momento estetico per eccellenza.

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Killer Game – Andrea Mantelli

Pubblicato il 18 giugno 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Andrea Mantelli, Killer Game – Romanzo, puntoacapo, Pasturana (AL), 2023
Laura Cantelmo

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Quella che, con una definizione corrente viene chiamata “letteratura d’intrattenimento” non rende giustizia a chi, come Mantelli, fa dire a un personaggio, nella prima riga del suo romanzo: “Scrivo. Esisto per scrivere”. Lo scrittore, in questa sorta di outing, manifesta la passione di una vita, sempre vissuta scrivendo, per necessità di lavoro o per semplice impulso interiore. E lo fa attraverso una maschera, un personaggio scelto come portavoce, secondo la mimesis classica della narrazione. Pensiamo persino che in lui l’umorismo abbia un malcelato scopo satirico di quel genere, che solitamente è destinato allo svago.
Killer Game non è un romanzo tradizionale, non ha una trama che gradualmente si sviluppa con personaggi suddivisi a seconda delle funzioni, in primari e secondari. Anzi, esso si presenta interessante a un’analisi semiotica, avendo una struttura che non segue uno sviluppo lineare, bensì in una successione di scatole cinesi: ogni capitolo/racconto o microtesto è propedeutico a quello successivo, la trama procede come per gemmazione, sviluppando il tema centrale, ma non la coerente fabula che ci si aspetta, poiché ciascun capitolo, almeno nella prima parte, ha una sua autonomia narrativa, con personaggi differenti di volta in volta, mirando sempre a un unico fine: individuare la formula dell’assassinio perfetto.
Non troviamo qui il classico protagonista con tutta la serie di antagonisti e personaggi secondari, attorno ai quali si evolve l’intreccio. Il titolo dice chiaramente che il tema riguarda i killer e rientra quindi nella definizione di romanzo giallo. Ciò che appare come filo conduttore, non è tanto la trama, ma è la vasta sfaccettatura del Male, in particolare dell’assassinio, incarnata in personaggi la cui tendenza omicida, verso chi li disturba nella vita privata o in affari più o meno leciti, non risulta essere innata, bensì indotta, provocata da evenienze casuali del destino. Quasi sempre è l’occasione che rende assassini, ci dice il racconto/capitolo “L’assassino che è in noi”: “Si è svegliato l’assassino che c’è in me, in noi, in tutti noi, compresi voi che state leggendo, non negate…Possiedo una pistola ed è certo che nulla sarà più come prima.” (Pag.69) Abbastanza inquietante, come affermazione, che non può non far pensare il lettore.
Ma è anche vero che quanto l’Autore afferma, capita che venga successivamente smentito. Infatti, nel racconto eponimo, Killer Game, la tesi precedente è inficiata dalla presenza della Facoltà del Crimine Applicato e dal suo opposto, la Facoltà del Crimine Represso, dove la dottrina criminologica è clamorosamente messa in ridicolo dall’umorismo della narrazione e dalla comicità grottesca dei personaggi.
Con disinvolta ironia l’Autore affronta il tema della circolazione delle armi, facendo supporre che il libro che stiamo leggendo, pur se apparentemente si presenta come un giallo, abbia per lo meno un pensiero di fondo molto serio, che svia dalla rituale definizione accademica di “letteratura d’intrattenimento”. A differenza del classico poliziesco, manca qui la figura dell’inquirente amatoriale, non ci sono delitti di cui non si conosca il colpevole, non c’è alcun rappresentante della legge chiamato a risolvere il caso. Il tema da sviluppare è come arrivare a compiere un assassinio perfetto.
Lo scopo ufficiale è il divertimento. Ma non solo. Quello non verrà mai a mancare, perché nella vasta gamma dei killer vi è una ricerca del paradosso, degli incidenti esilaranti che fanno fallire i progetti malsani, fino a quando, nella parte centrale, troviamo una farsesca esaltazione del crimine, che dice la ragione del titolo: Killer Game. Così è chiamato il Festival del Delitto, indetto dalla Facoltà di Crimine Applicato, promosso dal Magnifico Rettore denominato Flaccido Bimbo, cui è assegnata l’ARRAPANTE cattedra di killeraggio. La comicità è al massimo, allorché i personaggi che si susseguono nel Festival sono tratteggiati tenendo presente, si direbbe, la tipologia di alcuni grandi film comici del passato – Il Grande Dittatore o Tempi moderni – che hanno segnato altissimi momenti di critica politica e sociale nella storia del cinema. Qui, ad esempio, si cita il precariato nel lavoro, lo sfruttamento e l’abuso di potere (vediamo la povera Gambozzi, assistente del Rettore, regolarmente sculacciata per punizione), per avvicinare alla realtà un racconto che è tutt’altro che realistico. Ė abbastanza evidente che, delle categorie letterarie di cui si occupava con una certa rigidità la semiotica degli ultimi decenni del Novecento, l’Autore non si curi affatto, agendo nella massima libertà. La trama o, meglio, le trame, si muovono nell’ambito del grottesco, a volte il finale del racconto resta in sospeso, mentre gli “eroi”, i killer maldestri, sono sempre diligentemente impegnati a studiare come organizzare il delitto perfetto.
La scelta del registro linguistico basso, espressa anche nei nomi propri – personaggi stilizzati come nella Commedia dell’Arte: Flaccido Bimbo – il Magnifico Rettore – il concorrente al Premio, Enanito (perché minuscolo), l’esilarante romano Li Mortacci, indicano che ci troviamo di fronte a una parodia di quei romanzi criminali da cui siamo sommersi, in stampa e in video, nonché dalla realistica volgarità che in essi si manifesta.
La novità sta nel ribaltamento della struttura che li caratterizza, con la presa in giro della categoria dell’assassino, con la ricerca minuziosa nel progettare l’omicidio e al contempo il tenero abbandonarsi alla nostalgia di Li Mortacci “della casetta…a Torpignattara” (pag.117). Mentre la parodia si fa più spietata grazie alla comica diligenza degli interessati, impiegata nel perseguire lo scopo finale, un assassinio efferato.
Nel concorso a premi che riguarda i video presentati al Festival sul miglior piano per un delitto, gli aspiranti assassini si presentano intimoriti come normali studenti, di fronte ai loro improbabili, severissimi giudici, i quali tacciano come “sfigati” coloro che si iscriveranno al Crimine Represso. Mantelli ha così ribaltato la grandiosità del Male, che in passato era stata rilevata dalla critica cinematografica ne Il Padrino o nella televisiva Gomorra, trasformandola in qualcosa di comico. Tenendo conto che, in questo romanzo, molti “progetti criminali”, nonostante tutto, falliscono.
Se il confronto con il cinema, più che con la letteratura, sorge spontaneo, dobbiamo risalire al passato dell’Autore: avendo lavorato come scrittore di trame di fumetti, Mantelli ha sempre avuto presente l’aspetto visivo, più che la descrizione. E non dimenticando il pubblico a cui di solito sono destinate quelle storie, dà importanza più al dialogo che agli intermezzi descrittivi e alla definizione del personaggio che non all’aspetto letterario del racconto. La differenza con il “genere” sta nell’offrire un testo più raffinato grazie all’uso dell’ironia e alla ricerca dell’eccesso in un registro linguistico fantasioso e volutamente sboccato, come si addice a un ambiente di malavita o al bar sport, là dove solitamente non si va per il sottile: “quindici gnocche di materiale plastico” (pag. 42), ne è un esempio eloquente.
Sarà l’Autore stesso a dirci nel finale, tramite una sua maschera: ”A me piacciono le storie che tornano su se stesse. Storie in circolo,” (pag.164). Lo si era capito, ma il divertimento consiste proprio nel volere candidamente ammettere ciò che è diventato ovvio nel corso della lettura, creando una sorta di spaesamento nel sovvertire gli schemi di un genere dalla struttura un po’ statica.
Quello che dalla critica più rigorosa è stato spesso definito come “crisi del racconto”, in questo frizzante romanzo viene attuato in assoluta e consapevole autonomia di scelta.
Milano, 20/05/2024

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Dal Lazzaretto – Luigi Cannillo

Pubblicato il 12 giugno 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Dal Cielo alla Terra
Il cerchio destinale ricongiunto nel nostos di Luigi Cannillo
Adam Vaccaro
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Luigi Cannillo, Dal Lazzaretto, La Vita Felice, Milano 2024

Penso sia necessario e utile riconnettere la lettura di questa ultima raccolta di Luigi Cannillo a quelle precedenti1, al fine di collocarla nel percorso che si illumina di senso, entro il disegno di quel libro unico di un Autore, quale inteso da Walt Whitman.
Occorre dire che l’arco complessivo disegnato dal percorso di Cannillo è un esempio di come agiscono e cambiano la struttura del testo quelle che chiamo forze della forma, con epifanie generative diverse, se più dominate dal vento interiore, o se più alimentate e agite dal ben altro vento, che soffia dall’Altro.
L’aria è simbolo, sia di liberazione dell’inconscio, tra i freni e le illusioni del rimosso che lo costituisce, sia di chiusure rispetto all’Io lasciato fuori dalla sua barriera invisibile. E le fioriture di segni, apparentemente libere, non amano evidenziare i loro legami emopoietici o onomatopeici con la materia biologica e psicologica che li genera. Se invece la distanza materica si riduce, i segni sono attirati come da un magnete che impone maggiore concretezza e transitività comunicativa. E tali diversi processi di germinazione linguistica, nel primo caso esaltano i giochi del significante, nel secondo corpi più scoperti e tesi al significato Col che agisce con più forza il bisogno di essere conosciuti e riconosciuti dall’Altro, dagli altri, nella coscienza che senza questa sutura, il Soggetto Scrivente e i suoi segni lasciano monche le possibilità di completare la missione potenziale da cui sono nati, di farsi conoscenza condivisa.

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Trasmutazioni – Adam Vaccaro

Pubblicato il 2 giugno 2024 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

                                                                                                

Via Laghetto 2 – Milano

11 Giugno 2024 – ore 17:30-19:00

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Dedicato a Gio Ferri

Pubblicato il 28 maggio 2024 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

Casa della Cultura

Via Borgogna 3 – Milano

6 Giugno 2024 – ore 15,30-17,30

 Milanocosa Anterem Edizioni

Presentano
A cura di Adam Vaccaro

Dedicato a Gio Ferri

Poesie scelte

Un’Autoantologia 1964-2014 con

Premessa di Paola Ferrari, Saggi introduttivi di

Flavio Ermini, Giovanni Fontana, Francesco Muzzioli, Chiara Portesine, Marilina Ciaco  

e Saggi conclusivi di Adam Vaccaro, Vincenzo Guarracino

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Con interventi e testimonianze di:

Paola Ferrari, Ranieri Teti, Laura Caccia, Silvia Comoglio. Marilina Ciaco, Vincenzo Guarracino, Adam Vaccaro

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E letture di poesie dell’Antologia con:

Paola Ferrari, Claudia Azzola, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo, Roberto Caracci,

Gabriela Fantato, Barbara Gabotto, Angelo Gaccione, Giacomo Guidetti, Rosemary Liedl 

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Trame di nascita -Rosella Prezzo

Pubblicato il 25 maggio 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

TRAME DI NASCITA, di Rosella Prezzo, Moretti e Vitali, 2023

Nota di lettura di Maria Carla Baroni

Libro molto ricco e denso su cui ci sono moltissime cose da dire. Salterò di palo in frasca toccando alcuni punti che mi stanno particolarmente a cuore.
Noi in Occidente siamo figli e figlie della Bibbia e dei miti greci: della Bibbia secondo cui la donna fu creata da una costola del primo uomo; per fortuna esistono altre culture e altri miti. Maria Silvia Codecasa, nel suo libro “I sette serpenti”, Manifestolibri, 1994, dedicato al culto dei serpenti e delle Dee madri in Asia e nel Pacifico, ci parla di un mito dell’isola di Makira o San Cristobal, nell’ arcipelago delle Salomone, secondo cui il creatore plasmò una donna con la creta, poi le sfilò una costola e ne fece il primo uomo.
Diffondiamo questa buona novella.
Una forma di nascita è anche quella operata dal linguaggio: il linguaggio crea, fa nascere alla vita sociale, alla vita collettiva. In questa sede parlare del doppio linguaggio di genere è in un ceto senso scontato, ma lo faccio per quanto riguarda un aspetto: nelle bibliografie e nelle note dei saggi quasi sempre vengono citati autori e autrici con le iniziali del nome e con il cognome. Nella bibliografia di Rosella Prezzo viene citato il nome completo, ma nelle note solo le iniziali. Ci sono autori e autrici ultranoti/e, ma altri/e meno. In questa procedura, di cui non riesco a vedere le ragioni pratiche, che spesso mi hanno detto imposta dagli editori, io vedo solo la volontà maschile di occultare la creatività e il pensiero delle donne.
A proposito di linguaggio, in italiano si dovrebbe dire la madrepatria e non solo la patria: in inglese dicono motherland, la terramadre, la Pachamama, la terra madre dei popoli indigeni latinoamericani.
Desidero dire qualcosa sulla prospettiva dell’utero artificiale o ectogenesi, che ha abbastanza spazio nel libro e che Rosella Prezzo chiama utopia! (pag. 97) Assolutamente no. È una distopia, una distopia terrificante. In primo luogo perché significherebbe sottomettere alla tecnologica capitalistica, sviluppata per aumentare il potere dei pochi che già lo detengono, e quindi sempre più invasiva e opprimente, anche il fatto più naturale, più umano al mondo e cioè il nascere. E poi perché significherebbe la realizzazione della prospettiva maschile di non aver più bisogno delle donne neppure come ricettacolo del loro seme, la prospettiva di eliminare le donne anche come incubatrici…Non mi sarei mai aspettata che una donna – Sulahimi Firestone – potesse proporre, come soluzione all’oppressione del genere maschile su quello femminile e alla maternità come destino imposto (per perpetuare la specie e per trasmettere i beni e i titoli nobiliari), il rifiuto delle donne a fare figli e la procreazione completamente artificiale.
A parte l’impraticabilità su larga scala, è una prospettiva aberrante. Avere figli/e è naturale e non vedo perché mai le donne dovrebbero ribellarsi alla natura, che ci ha attrezzate a fare e ad allevare i figli/e, ad es. dotandoci di una maggiore resistenza immunologica e a disastri come le carestie. È la cultura maschile, la scienza maschile coeva al capitalismo nascente che vuole sottomettere la natura, con i bei risultati che stiamo vedendo. Sul come intendere la natura, basta confrontare il pensiero di Isaac Newton (funzionale appunto al capitalismo nascente) e il ribaltamento, con la critica femminista rivoluzionaria di Carolyn Merchant in “La morte della natura”, Garzanti, 1988.
Essere madri, quando lo si sceglie, è bello, la nascita è potenza; è anche potere, un potere che il genere maschile ci invidia e a causa del quale ci ha sottomesso per millenni, ha sottomesso i nostri corpi e ha valorizzato solo le creazioni, le nascite della mente, che attribuisce solo a se stesso, negando alle donne come genere – in Occidente fino all’inizio del Novecento – la possibilità di istruirsi, di andare a scuola. Tuttora i talebani in Afganistan impediscono alle donne di andare a scuola.
Due considerazioni in campo medico/sanitario, che esula dall’impostazione del libro di Rosella Prezzo, a mio parere utili per sottolineare quanto il potere maschile, sotto forma di potere medico, si sia già impadronito della maternità e della nascita: 1) l’eccesso di medicalizzazione del parto, che si traduce in un abuso di parti cesarei (anche perché questi vengono rimborsati agli ospedali come interventi chirurgici, a differenza dei parti naturali), un eccesso di parti indotti, uso di posizioni obbligate per partorire, episiotomie senza necessità, mancanze di rispetto con parole e comportamenti che configurano talora una vera e propria violenza (detta – impropriamente – violenza ostetrica), separazione dei neonati/e dalla madre dopo il parto; 2) l’accanimento a voler tenere in vita a tutti i costi anche creature che nascono con menomazioni gravi e gravissime e/o con pluripatologie, destinate alla sopravvivenza di pochi giorni o mesi o anni o, peggio ancora, a una sopravvivenza prolungata in cui sono impediti/e dal comunicare, destinati/e a istituzioni totali o a una convivenza straziante per le loro madri.
L’obiettivo delle donne non deve essere liberarsi dalla maternità, ma liberare la maternità scelta e voluta dagli ostacoli che ancora incontra e ottenere – contemporaneamente – il ruolo che si vuole nel mondo del lavoro e nella vita pubblica, politica: le donne delle classi lavoratrici in Italia non sono libere di essere madri tutte le volte che lo vogliono (disoccupazione, lavoro precario e sottopagato, part time spesso imposto, carenza e alto costo di servizi per l’infanzia e per la terza e quarta età) e, anche quando riescono a essere madri, non hanno le condizioni materiali per poter partecipare alla vita pubblica, politica.
Vorrei accennare al tema dell’adozione, a mio parere troppo ignorato dalle donne: un modo per far nascere alla cura e all’amore esseri umani già esistenti; un modo per essere madri che non causa alcun problema alla salute delle donne, come invece fanno i bombardamenti ormonali legati alla fecondazione assistita.
Mi ha molto colpito la critica della vulgata secondo cui noi siamo i “comuni mortali”, mentre esistiamo in quanto siamo “natali” e sono ancor più orgogliosa e felice di essere donna da quando ho letto che alla filosofia di morte di Martin Heidegger (l’essere-nel mondo-attraverso-la- morte) si è contrapposta la filosofia della nascita di Hannah Arendt e di Maria Zambrano. Se non fosse che per questo aspetto è fondamentale leggere il libro di Rosella Prezzo. Ho a casa vari libri che trattano delle filosofe nel mondo e alcuni di questi ignorano totalmente Maria Zambrano. Ovviamente non ho fatto uno studio sistematico in questo senso, ma desidero segnalare un fatto che mi ha colpito negativamente.
Il dato della nascita come fatto meramente biologico di Martin Heidegger aveva trovato la sua estremizzazione in una strofa di Bonvesin de la Riva, intellettuale milanese del XIII secolo, dell’Ordine degli Umiliati, notissimo autore de “Le meraviglie di Milano”, che nella sua opera “Il libro delle tre scritture” aveva scritto: “La nascita dell’uomo è di colore nero / perché egli è generato da schifose interiora / dove il sangue è mischiato con puzza e con sozzura.”
Anche il cattolicesimo – incarnato in una istituzione totalmente maschile – è una ideologia di morte, basata sulla colpa, sul peccato, sulla punizione, anche simboleggiata come è dal Cristo in croce, più o meno sanguinante.
Matriarcato e patriarcato, un tema che mi appassiona, soprattutto in quanto donna che ha dedicato e dedica tuttora la sua vita all’impegno politico nella prospettiva di costruire una società più giusta e solidale, o – che dir si voglia – meno ingiusta, meno violenta, meno individualista ed egoista di quella capitalistica attuale.
Non mi stupisce che per l’uomo maschio Sigmund Freud il patriarcato costituisca un progresso della ragione e del giudizio razionale rispetto al matriarcato. Non condivido però quanto scrive Rosella Prezzo: “Una risposta a tale concezione…non credo però possa venire da un semplice ribaltamento, riconducibile a un “primato” di una società matriarcale su quella patriarcale.”
Le studiose delle società matriarcali – alcune delle quali ancora esistenti in vari continenti esclusa l’Europa – mettono sempre bene in chiaro che matriarcato non è l’opposto di patriarcato, cioè non è l’oppressione del genere femminile su quello maschile; una società matriarcale è una società “venuta prima”, nel Paleolitico, e soprattutto è una società egualitaria, pacifica e solidale, basata sulla proprietà comune e sul ruolo centrale delle madri nell’organizzazione della vita economica e sociale; sulle madri che ricevevano tutti i beni prodotti e li conferivano ai vari componenti del clan secondo il bisogno, indipendentemente dall’apporto dei singoli.
Solo società organizzate con le modalità matriarcali potranno salvare la sopravvivenza del genere umano e della vita in generale sul pianeta.
Milano, 28 marzo 2024

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Anticipazioni – Marco G. Maggi

Pubblicato il 20 maggio 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Marco G. Maggi
Inediti

Con nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica
Scrivo avvertendo una reminiscenza, il richiamo dei ricordi, ma la mia scrittura si confronta anche con la quotidianità dell’attimo, a volte si fissa sul particolare o sull’oggetto più banale per rimandare a discorsi ed evoluzioni più profonde. Nelle mie poesie la natura ha un’importanza particolare: sono nato e cresciuto in una zona agricola in quella fetta di pianura che si estende da Milano fino all’appennino ligure, ma in realtà sono e resto concentrato sull’umanità, che guardo con sguardo compassionevole, a volte mosso anche da impeti civili, perché mal sopporto i soprusi e le ingiustizie. Per la tipologia degli argomenti proposti ho scelto quindi di esprimermi con il verso libero, al quale non disdegno di aggiungere, di tanto in tanto, versi in metrica, soprattutto endecasillabi, perché la poesia non dovrebbe perdere mai, a mio avviso, la sua capacità di diventare canto e quindi la sua espressività orale.
Un tema che mi è sempre stato caro, e a cui sto indirizzando la mia scrittura degli ultimi anni, è il tema del lavoro, sul quale incide anche la mia esperienza personale e famigliare: anche in questo caso si toccano tasti molto delicati. In piena pandemia ho iniziato quindi questo progetto, del tutto work in progress, il cui titolo rimane ancora vago ma che, orientativamente, dovrebbe essere “La fabbrica della gomma”, che dovrebbe costituire una silloge a cui potrebbero aggiungersi anche testi inediti degli ultimi anni.

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