Mariella Bettarini – Haiku alfabetici

Pubblicato il 17 marzo 2021 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Mariella Bettarini
Haiku alfabetici, Il ramo e la foglia edizioni, Roma, 2021

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Adam Vaccaro

Un ulteriore cestino di piccoli fiori poetici, che si aggiunge alla lunga serie di una espressività poetica rara, semplice e complessa, di cui Mariella è maestra, benché scevra da ogni alone cattedratico. Una tonalità espressiva che ritrovo sempre sulle sue corde di un violino, al tempo stesso popolare e ricco di una cultura alta e profonda.
Ci conosciamo da una vita, e per me leggere le sue nuove forme è come ritornare in una casa comune, che resiste tra spuntoni oggi minacciati di distruzione da un vento ancora più forte di quelli vissuti nel corso degli ultimi decenni.
In questa raccolta, Mariella unisce la forma-lampo dell’Haiku alle successioni dell’Alfabeto. Una sorta dunque di ricamo tra attimi a corona del Tempo.
Come giustamente dice Annamaria Vanalesti nella postfazione, “Meriterebbero tutti gli haihu di questa raccolta d’essere commentati, perché squadernano una visione totalizzante della realtà, ma soprattutto dell’umanità”, inanellati tra pietas e inarresa ricerca di condivisione, unica fonte di un possibile incrocio di gioia e resistenza umana, nonostante il vento contro.
Ne citiamo qualcuno di questi grani e attimi, che a volte mettono al muro tante parole false vuote e retoriche della lingua anglofona dello storytelling imposto dal diluvio mainstreaming quotidiano. Rispetto al quale, queste perline fanno sentire anche insofferenze e sarcasmi sbeffeggianti, di una lingua antica che non ama coprire, ma svelare e capire, dicendo pane al pane.
Vedi ad esempio J – Job
“Job è lavoro.
Ma che lavoro dici?
Che lingua parli?”

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Anticipazioni – Giacomo Cucugliato

Pubblicato il 15 marzo 2021 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Giacomo Cucugliato

Poesie inedite
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Nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica
Queste note poetiche tentano l’intercettazione del dialogo costante tra un corpo, uno sguardo bilocato e le terre africane in cui è stata tombata la coscienza di chi scrive. Si immagina la realtà come la lastra di uno specchio su cui l’essere scrivente è stato scaraventato con violenza tale da frangerla e da frangersi, al punto che l’unica possibile visione ricompattante resta quella di una poesia che sappia seguire i riflessi e riproporli nella sua lingua. Ne deriva un dettato che vuole essere una parziale ricucitura, compiuta con affanno e interruzione del respiro, di un universo lacerato dalla caduta, ma che non ne snaturi l’essenza ormai sezionata. In quest’opera di poiesi chi scrive si ritrova a percorrere il labirinto delle cose presenti e passate, seguendo estaticamente il farsi e il disfarsi della luce: ché nella distruzione di ogni cosa un sole come una biglia pare, percuotendo gli specchi, pur se solo nell’attimo della visione, poter alludere a una unità sovrasensibile. Quell’unità, forse apparente, si produce quando chi scrive assorbe ed è assorbito nell’orbita degli oggetti della manifestazione: ogni parola poetica si appiglia alla cosa che dice solo transitoriamente, per abbandonarla identificandosi alla cosa successiva, così per una serie di ascese e di discese che fanno una metafisica poetica degli esseri e dei nomi. Qui le terre africane che parlano attraverso e sopra e sotto il corpo nel tramite della liaison permessa dallo sguardo si popolano della memoria del sangue umano che le ha irrorate assieme al sudore contadino: quella memoria si fa presenza cucita nelle viscere delle cose, diventa storia, produce inesausta poesia non detta che attende l’attimo della narrazione. Questo atto contadino è una operazione magico-poietica potenzialmente capace di far geminare senso circolarmente dalla terra all’uomo al macrocosmo.

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Roberto Michilli al Premio Strega

Pubblicato il 13 marzo 2021 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Roberto Michilli in corsa al Premio Strega

Alla LXXV edizione del Premio Strega è stato proposto il romanzo del narratore teramano Roberto Michilli, La sirena dei mari freddi, pubblicato dalla casa editrice Di Felice Edizioni, anch’essa abruzzese.
Questa la motivazione a cura di Francesca Pansa che ha proposto il romanzo al Comitato direttivo: «La sirena dei mari freddi (Di Felice Edizioni) si impone alla lettura per la sapiente costruzione narrativa che mostra in Roberto Michilli uno scrittore di storie e di atmosfere, ben rodato anche dalla rigorosa carriera di traduttore di classici da Lermontov a Flaubert, Mallarmé, Verlaine, Byron, Keats, Goethe, Heine. La storia è quella dell’incontro tra una giovane donna ferita dall’esistenza e sprofondata nella depressione e un anziano professore, carismatico accademico un po’ misterioso che le offre un decisivo appoggio materiale e affettivo. L’atmosfera è quella di un racconto dalla forte coloritura psicologica, con nuove comparse a infittire la scena, qualche rivelazione qualche sorpresa e uno strategico flashback che portano alle pagine finali. Michilli regge bene i fili della narrazione nei tempi e modi giusti, come aveva già dimostrato nel suo precedente Atlante con figure che il Premio Strega Tiziano Scarpa aveva definito “un libro che fa onore alla nostra lingua e alla letteratura di questi anni”.»
La scheda può essere visionata direttamente sul sito del premio Strega.
L’editrice Valeria Di Felice: «Ogni libro di Roberto Michilli, come narratore e anche come traduttore e saggista, è sempre stato per me una iniezione di fiducia: verso la parola, la qualità, il rispetto del lettore. E ora che con La sirena dei mari freddi Michilli è stato proposto allo Strega, non posso che provare una doppia soddisfazione: per il valore del romanzo e per una sorta di riscatto di tutti quegli autori che, come Michilli, non hanno mai tradito l’autenticità del loro mondo letterario.»

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SALOTTO CARACCI CON ADAM VACCARO

Pubblicato il 2 marzo 2021 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

SALOTTO CARACCI CON ADAM VACCARO

Con un pensiero speciale ai cari Annamaria De Pietro e Marcello Montedoro!

E anticipo il link Zoom ai tanti amici… si parlerà anche di voi!

Adam

ROBERTO CARACCI ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: SALOTTO CARACCI CON ADAM VACCARO
Ora: 4 mar 2021 06:00 PM Roma

Entra nella riunione in Zoom 

ID riunione: 940 7018 6026
Passcode: RsRC1A

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Anticipazioni – Pasquale Vitagliano

Pubblicato il 1 marzo 2021 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Pasquale Vitagliano

Inediti

Con commento di Laura Cantelmo
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Nota di poetica
Questa scrittura poetica è una forma di resistenza ai formalismi di ogni mito della realtà. Contro chi tende a trasformare i segni in “sistema fattuale”, lo sforzo di questo linguaggio poetico è di ricondurre i segni e i simboli in un “sistema essenziale.” La parola poetica cerca di portare al proprio estremo il legame tra significante e significato, ritornare dal segno al senso, anzi connettere il senso delle parole al senso stesso delle cose. Si tenta così di costruire un’architettura, anzi un “film”, di oggetti-pensiero che attraverso un processo autonomo, sospeso e insieme cinematico, di sedimentazione disvela il corpo interno e nascosto della realtà quotidiana. Questa può finire per meravigliare, reintegrata delle mistificazioni del mito, al punto da apparire un “miserabile miracolo.” Le parole poetiche come particelle sospese si accumulano per effetto del campo di forza del testo-realtà che le argina, le piega, le lascia passare ricongiungendole, in una nuova forma, al senso più autentico delle cose. La poesia è un linguaggio ritrovato.

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Claudio Zanini – Carrozza n°7

Pubblicato il 24 febbraio 2021 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Un treno verso il nulla

Carrozza n°7, Claudio Zanini, Edizioni Bietti, Milano 2017

 Adam Vaccaro

(Vedi anche a: Vaccaro (“Odissea” lunedì 1° marzo 28 2021) 

https://libertariam.blogspot.com/2021/03/un-treno-verso-il-nulla-di-adam-vaccaro.html)

Cercare di uscire beneficamente dal fiume prevalente di narratività perimetrate da vicende solo personali, per ritrovare esperienze emozionali e conoscitive, entro scenari collettivi e storici. Sono orizzonti che implicano misure con la complessità del contesto storicosociale, con visione e pensiero critico, capaci di dare corpo a realtà e immaginazione, come ad esempio nella realtà parallela de L’Uomo senza qualità di Musil.

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Alberto Bertoni: i momenti epifanici della poesia

Pubblicato il 18 febbraio 2021 su Resoconti Esperienze da Adam Vaccaro

Alberto Bertoni

La nascita del mio bisogno di poesia

Il mio bisogno di poesia è nato nel 1967, quando avevo dodici anni, da due impulsi: il primo provocato dall’ottima antologia adottata nella mia classe delle scuole medie inferiori, che era Leggere, edita da Zanichelli, dove venivano riportate poesie di tre poeti ancora vivi, Montale, Ungaretti e Quasimodo. Mi piacque e mi colpì molto l’idea che ci fossero poeti ancora viventi di cui si potessero studiare i testi a scuola. Poiché mia madre era maestra elementare e i miei genitori mi avevano inculcato fin da piccolissimo l’idea che il mio dovere/mestiere era quello scolastico, alla scuola avevo attribuito una funzione piuttosto sacrale, che qualche volta – per colpa prima della matematica e poi, al Ginnasio, del greco – mi procurava incubi, ansie da prestazione e malesseri psicosomatici sparsi.
Tornando alla poesia, di Quasimodo non ricordo granché, non l’ho mai amato tanto, a parte la faccenda dello stare soli sul cuor della terra, feriti da un raggio di sole, prima della subitanea sera. Di Giuseppe Ungaretti ho subito ricordato molto bene, invece, con una punta d’ironia ancora inconsapevole, il
M’illumino
d’immenso
di Mattina, ma ancora più vividamente mi ricordo l’amore, il trasporto immediati per Meriggiare pallido e assorto di Montale. Io prestavo già un’attenzione quasi maniacale al linguaggio (sulle questioni soprattutto dei sinonimi e dei significati multipli di una stessa parola interpellavo continuamente mia madre, fin quando – un bel giorno – lei non ha più saputo rispondermi) e di quella poesia mi sconvolse l’uso ripetuto dei verbi all’infinito. Allora soffrivo di noie frequenti, improvvise e devastanti, soprattutto quando i miei genitori e i miei nonni per i mesi interminabili di luglio e di agosto mi trascinavano a Marina di Carrara, a far vita di spiaggia: siccome sono stato sempre insonne (e dunque non ho mai consumato pennichelle o siestas), il “meriggiare” l’ho vissuto sulla mia pelle e, benché a dodici anni non fossi ancora affetto dal male di vivere, questo meriggiare pallido e assorto mi coinvolse moltissimo, tanto da essere anche oggi – quasi mezzo secolo dopo – una delle mie poesie preferite. Evidentemente lo era anche di Montale, visto che su quella poesia ha accreditato la probabile bugia di averla composta addirittura nel ’16, senza che mai sia stato ritrovato l’autografo: e ciò può significare soltanto che l’autore stesso attribuisse a Meriggiare una funzione particolare, accreditandola ai suoi vent’anni. Montale, poi, ha agito tanto in profondità, dentro di me che – quando nel ’69 superai l’esame di Terza media con il massimo dei voti, Ottimo – chiesi ai miei genitori due regali: l’edizione completa degli Ossi di seppia, allora disponibile in quelle bellissime edizioni dello “Specchio” Mondadori che sembravano avvolte in una carta da pacchi; e la “prima volta” all’Ippodromo Arcoveggio di Bologna. In quel caso si sacrificò mio padre che, da dipendente ferrarista e da pioniere pallavolistico del tutto alieno all’ambiente ippico, mi accompagnò una torrida domenica di giugno a tifare per le imprese trottistiche di un prode Ettorone, magistralmente pilotato da un guidatore che si chiamava Luciano Bechicchi, curiosamente nato lo stesso giorno, mese, anno di mia madre, il 22 novembre 1928…

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Anticipazioni – Lucia Guidorizzi

Pubblicato il 15 febbraio 2021 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Lucia Guidorizzi

Inediti

Con commento di Luigi Cannillo
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Nota di poetica
Questi testi inediti appartengono ad un mio nuovo progetto: un libro di poesie che si sviluppa intorno al rapporto tra la mia scrittura e quella di mia madre.
Riassumendo alcuni aspetti che considero importanti per la mia poetica posso dire che il primo libro che ho pubblicato s’intitola “Confini” e parte da una riflessione su come soglie e confini segnino la storia dell’uomo e delle sue relazioni. Penso che la poesia sia un’operazione necromantica e che consista nel far parlare i morti che ci abitano. Molti miei testi sono ispirati all’entropia e all’impermanenza e riflettono sul perenne divenire dell’Universo e sull’illusorietà della condizione umana. Lo studio del mito per me è importante in quanto offre un’occasione preziosa per ripensare la contemporaneità. La mia forma di rivolta nei confronti di un mondo che ci vuole catalogabili e controllabili consiste nella scelta di divenire forestieri. Entrare metaforicamente nella foresta è l’unico modo per mantenere intatto il proprio nucleo più profondo e vitale. Camminare in solitudine permette di accedere a una conoscenza che passa attraverso il corpo. La scrittura scaturita da lunghe camminate possiede una verità e un ritmo diversi da quella stanziale. Il corpo ha una memoria che fa affiorare conoscenze, esperienze ed emozioni che vi sono annidate. Se si lascia parlare il corpo non ci possono essere menzogne o mistificazioni. Altri temi per me importanti sono l’interazione tra luce e tenebra, tra silenzio e parola che corrispondono al pulsare del cuore (diastole/sistole) o all’inspirazione/ espirazione dei polmoni: da questa alternanza scaturisce il ritmo della scrittura. Penso che la poesia debba operare sempre un oltrepassamento per educarci, conducendoci fuori da noi stessi.

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Anticipazioni – Alberto Bertoni

Pubblicato il 1 febbraio 2021 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Alberto Bertoni

Poesie inedite
(da un work in progress al momento intitolato
Semplici abbandoni)
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Nota di lettura di Adam Vaccaro
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Dichiarazione di poetica

Confesso di non amare molto le dichiarazioni di poetica, anche perché per alcuni decenni mi sono scisso in due: il critico-docente e l’estensore di testi versificati. Le mie due parti non sempre sono andate d’accordo e spesso ho proprio tenuto lontani i due campi di attività, non fino al punto di scrivere su tavoli diversi, ma dedicandomi a queste per me contrapposte forme di scrittura in tempi e stati d’animo differenziati.
Certo, a parte Montale, i miei punti di riferimento più saldi nella tradizione novecentesca sono Sereni e Giudici, ma sulla mia scrittura hanno influito anche libri come Il disperso di Cucchi, Somiglianze di De Angelis, Postkarten di Sanguineti e Passi passaggi di Porta, oltre a poeti americani come Simic e Wright. E poi ho ammirato e tuttora ammiro il lavoro di coetanei di gran classe: Magrelli e Anedda, Frasca e Pusterla.
Dunque non posso parlare di una poetica troppo coerente e univoca. Aggiungo che – a partire dagli anni ’90 – ho goduto molto di un ambiente vivo come quello bolognese e ho cominciato presto a imparare dalla poesia di autori più giovani, in particolare Giancarlo Sissa, Vito Bonito e Francesca Serragnoli. A quest’ultima riconosco per esempio di avere pubblicato di recente un libro di poesia davvero molto notevole, il più bello a mio gusto di questo tremendo 2020. E mi piace concludere questa nota con una frase tratta di lì, nella quale mi identifico in toto, soprattutto per il punto interrogativo finale: “Ogni vita ha la sua pioggia. Ogni vita ha un volto solo. Fra io-tu c’è un abisso e una stretta di mano, mai mischiare le vite. Allora il vecchio dilemma: a che serve leggere la vita degli altri?”

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Nel tremore degli anni – Filippo Ravizza

Pubblicato il 25 gennaio 2021 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Filippo Ravizza

Nel Tremore degli anni, puntoacapo Editrice, Dicembre 2020

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Adam Vaccaro

Avevo ricevuto e inserito quattro testi di questo ultimo libro di Filippo Ravizza, nella serie di Anticipazioni (https://www.milanocosa.it/anticipazioni/anticipazioni-filippo-ravizza). Leggendolo ora nella sua interezza, ritrovo validi i rilievi fatti allora, per cui li ripropongo con alcune integrazioni, in particolare sulla tematica del Tempo, filo rosso della sua ricerca espressiva.
Nella poesia contemporanea è spesso difficile enucleare una visione e un pensiero critico, alimento per me fondante un poièin capace di dire e darci contributi di conoscenza della complessità della vita, di cui il Tempo è tematica primaria. Sono premesse scontate entro la visione metodologica della mia Adiacenza, per la quale l’Atteggiamento generale o quella che Elio Franzini (Rettore Statale di Milano e prefatore di Ricerche e forme di Adiacenza) chiama Intenzionalità fungente, fonda e connota il punto di partenza. Seppure, per una adeguata analisi testuale, è decisivo il punto di arrivo.
Nel percorso poetico di Ravizza c’è un pensiero forte quale fonte epifanica di espressione, di ri-creazione di realtà e dei suoi infiniti piani, visibili e invisibili. Un piede-anima, come detto, non molto rintracciabile nel panorama poetico odierno, rispetto a quello innervato in esperienze affettive.
Nei testi di Ravizza c’è un Io che ribolle nella caldera vulcanica costituita dal complesso sistema concettuale di Hegel, di tesi-antitesi-sintesi tra Natura e Ragione, in cui, in ultima analisi, è lo Spirito che crea la Storia. Fondamenti della hegeliana Fenomenologia dello Spirito, che consentì a Marx di costruire il suo Materialismo dialettico, per il quale, in ultima istanza, è decisiva la struttura socioeconomica e storica e non lo spirito. Sono sistemi imprescindibili negli sviluppi del pensiero delle “teste occidentali” (p.18), che ricomprendono etica, arte, religione e ogni altra area della totalità antropologica.
Se dunque l’Io e le sue Modalità di controllo del linguaggio (Mod-Io), sono forze primarie nelle forme di cui ci stiamo occupando, come agiscono le altre modalità (Es e SuperIo)? La matassa espressiva dell’Autore conferma in primo luogo i detti fondamenti di pensiero e cultura, con la domanda sul “vero” della scrittura poetica, distinto da ogni altro vero. Talché ne consegue che la Verità (assoluta) è mito ideologico e falso.
Da questo tronco portante, si dipartono rami tesi ai mille ansimi, attimi e forme della vita, con i loro terminali sensitivi di gemme e foglie, sciolte al vento come capelli: immagini e flussi che trovano ritmi consonanti e danzanti, capaci di far sentire ”la carezza del mondo”, di cui però la ruvidezza del tronco smaschera subito la dolcezza, necessaria quanto precaria “maschera impossibile”, che “abbraccia questi capelli/ bianchi questi occhiali queste teste/ occidentali…” (p.18); “La vita la matita del tenere/ intatta e lieve l’ondulante/ carezza la carezza del tempo! (p.38).
Sono qui tracciate linee che sanno far librare e vibrare il poièin, in una musica che congiunge spazio-tempo quali nomi diversi della stessa Cosa. Ed è la forma a dirlo, ribattendo come chiodi aggettivazioni dimostrative, che intrecciano ritmi ripetizioni e significati (tra Mod-Io ed Es), grumi verbali di più aree mentali che chiamo gatti di Schroedinger. E che tra carezze e lucori dell’occhio, superfetano il qui e ora. In cui il tronco trema insieme ai rami, conscio che l’invisibile è più forte del visibile, in una tensione adiacente tra radici ed emozioni-pensiero che in-forma versi e flussi che paiono promettere punti di arrivo, anche se ansimi di enjambementes annunciano significati che lo negano: “arriveremo, arriveremo senza/ mai pensarci, senza mai pensare,/ la fine inaspettata coglierà/ mentre staremo cantando mentre/ staremo stringendo nelle braccia/ il nulla”.
Ma non è disegno né pianto nichilista; “qui a Milano/ qui sulla terra intera tra/ un giorno tra un mese/ tra un milione di anni/…/ verrà finalmente l’uguaglianza/ …una comune/ dimensione umana.” (ultimi versi del libro, p. 47). È una punta che incide la pietra del tempo, e insieme un puntello per proseguire nella lucida coscienza del destino naturale: “se verrai vita mia a bussare/ alla mia porta in un giorno di sole/…/…oh sì oh sì qui/ qui dove ora io ti guardo/ vita mia quando mai ti amerò/…carezza…della pagina bianca nella/ tua illusione che chiamasti ‘amore’”. (p.20). L’Io, dalla sua torre di avviso e resistenza di coscienza critica, non smette di misurarsi col Tempo, pur sapendo che il proprio decadrà come uno yogurt; “In questo abito chiamato tempo/ della mia Milano Novecento/…/ con Vladimir e Natascia la Storia/ già era con me ma io non lo sapevo.” (p.24); “crudele cecità oh viltà viltà/ del tempo mio tempo tuo tempo/ tempo nostro povero e breve”, “superficie/ falsa…/ verità che in realtà non esiste” (p.39). Coscienza critica che si riafferma con forza rispetto alle sirene della “allucinazione: tutto ci/ sarà finché ci sarò io, poi/ il niente che non ha parole”. (p.40).

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