Gilberto Isella – Criptocorsie

Pubblicato il 27 marzo 2022 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Gilberto Isella, Criptocorsie, Book Editore 2021, Riva del Po (FE)

L’istrice insofferente
Adam Vaccaro

Ci sono versi in esergo di questo libro, significativamente titolati “CV: Nato il 25 giugno 1943…”, che sono forma di poetica e programma poi svolti dal testo, che è tutto nella ricerca di percorsi aperti oltre “cose ferocemente ovvie”. Un curriculum che si dipana fuori da ogni imposizione: “nulla vi è chiesto di fare”, ma “vi toccherà invece strappare/ l’intera latitudine/ dalle coordinate d’uso/ del pianeta”. È un programma insofferente dell’ovvio, ma che nel contempo non vuole e non può uscire dalle corsie che inanellano la vita, a partire da quella, “più ovvia e tàcita” che comincia in un giorno e in una anno precisi, generata da nomi impressi nelle “lapidi”. (p.11)
È un programma di lettere cui non basta l’impressione sulla carta, ma cercano una incisione di memoria più resistente, lapidaria. Una sfida che si schiude quindi da subito dentro il paradosso originario dell’arte e della poesia, di non imitazione illusoria, ma reinvenzione – antichissima e modernissima – senza reti di garanzia rispetto a ciò che è e pretende di essere l’assoluto indiscusso e indiscutibile.
Poesia dell’impossibile e dell’irrisolto irrisolvibile, che continuerà, ma che questa scrittura insegue, forse con moti goffi e inconsulti ma anche con aculei di un istrice, che non ha alcuna intenzione di rendersi animale ornamentale e pacifico: saremo “a guisa di un virgulto insospettito” tra “…le delizie/ benedette maledette del creato”, “tra il respiro di un angelo/ e le ali del nostro smarrimento” (Torneremo virgulti in Atlantide, p.143).
Sono versi che ci prendono e fanno volare oltre, il presente e le sue banalità del male e del bene, che però non è escusso e cancellato in una arcadia accovacciata e appagata sulle proprie uova letterarie. No, qui l’insofferenza è presente e inscindibile dal qui e ora, tesa ad aprire spazi e tempi utili a svestire e ripensare le ovvietà spacciate dal corteo di servizio, “per spostare la bomba deposta dall’aquila” (p.11) del dominio in atto.

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Anticipazioni – Antonella Doria

Pubblicato il 23 marzo 2022 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Antonella Doria
Inediti 2021

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Nota di lettura di Luigi Cannillo.
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POETICA del Dire e del Tacere.
La mia Idea di Poesia è una – PoesiaMondo. Una Poetica del Dire e del Tacere del Mondo e della Vita, dei Sogni e delle Passioni che ‘muovono le Montagne’. La Poesia mi ha cresciuta confortata fortificata, come è ben argomentato nell’introduzione a “Millantanni” da Giulia Niccolai. La Poesia mi ha insegnato soprattutto che è necessario scrivere “ciò che ditta dentro” e – se è lecito sostenere che la Poesia è Forma (anche Forma) -allora la mia ricerca linguistica, libera da schemi e nodi, ricerca la Sua Forma, in un gioco talvolta a Dire, talvolta a Tacere… a nascondere… In un andamento vario, quasi Jazz.

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Giuseppe Cinà, L’ÀRBULU NOSTRU

Pubblicato il 3 marzo 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Giuseppe Cinà, L’ÀRBULU NOSTRU – L’ALBERO NOSTRO

Prefazione di Velio Abati – La Vita Felice, Milano 2022

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Concerto siciliano – Adam Vaccaro

“Questo libro, l’ennesimo testo sull’ulivo, si pone nel solco di questo continuo, ineludibile ritorno alle origini; non quello in chiave di nostalgia…, ma quello della ricerca di sé nel tempo, nello spazio, nelle corde che ci legano alla società cui apparteniamo. È un bisogno che ci interroga su quale sia stata la strada percorsa e…da percorrere, un nostos…sulle tracce dell’ulivo”
Nella nota in postfazione dell’Autore, questa frase disegna con lucida sintesi il senso e le fonti epifaniche di un bel libro, che è di un concerto di memorie, eseguito ed eseguibile solo attraverso la musica del proprio linguaggio delle origini, quel dialetto siciliano, in cui “le ruvidità dell’ulivo trovano perfetto riscontro”. “A tal fine occorre far tesoro di tutte le componenti linguistiche (parole indigene o…straniere, forme colte e gergali…sintagmi avverbiali…forme perifrastiche, arcaismi)…fiori di campo” di un “ricco armamentario linguistico siciliano”, che ha fornito materia ad “autori come Pirandello, D’Arrigo e Consolo…Bufalino”
Cinà con amore chino e proteso specifica che il suo “nativo…di base palermitana” si dilata però oltre il tempo e lo spazio per cercare di arricchirsi e poter “parlare a una comunità”, anche se diventa “pallido riflesso della lingua che fu”, “un siciliano sempre più sfocato, monco di quelle lussureggianti espressioni e immagini riscontrabili ormai solo nella letteratura poetica e nella narrativa dialettale”, spinta a una “marginalità sociale.”
Difficile “contrastare questo declino”, rispetto a “quando fu una lingua di tutti”. Cinà auspica che questa resistenza sia messa in atto “nelle officine della narrazione filmica, teatrale, letteraria”, e questa raccolta di poesie è agìta e animata dal bisogno di dare una “risposta…identitaria”. Ed è questo bisogno che si dispiega nella raccolta di Giuseppe Cinà, che utilizza l’energia del nostos, per abbracciare passato e presente, e poter scovare nella propria identità, personale e collettiva, “lezioni per un futuro migliore.”.
Esemplare di tutto questo complesso intreccio di suoni, immagini memorie e ricerca di senso è la poesia, in due parti, “IL CANTASTORIE DEL FRANTOIO”: “Come se fossimo venuti in parlamento/ per deliberare le ultime verità” s’accapigliavano possidenti e sensali/ …/ nello scuro stanzone che trasudava/ incenso d’olivo dalla macina al basolato// Farfallovavano dai fatti ai concerti/ tra asini bendati e scaricatori ebbri di mosto/…/ trascinando a terra Dio e tutti i santi, infine/ intonando il coro del lamento siciliano”; “Intanto uno finiva e un altro arrivava/ …/ sempre a grida e risate, menzogne e giuramenti/ fino a notte, aspettando a turno la colata/ dell’oro verde nelle ribollenti caraffe,”; “E per i poveri Cristi dagli occhi furtivi/ che avevano lavorato dieci ore per quattro soldi/ questa rusticana scuola d’Atene/ era uno strapuntino di lusso/…/ prima di andare a russare qualche ora di sonno”
Anche solo questi versi, squadernano la capacità di Cinà di mettere in scena un teatro popolare e colto, svolto in una sorta di ballata, che certo sarebbe ben più godibile nei versi della lingua nativa, rispetto a quelli citati della traduzione letterale a fronte. Sollecito perciò a leggere direttamente dal libro, la straordinaria e ricca messa in forma degli intenti programmatici riassunti all’inizio, e che sono già stati avviati col libro precedente A macchia e u jardinu (Manni)

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Google – Il nome di Dio – Letture6

Pubblicato il 26 febbraio 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Adam Vaccaro, Google – il nome di Dio, in quattro quarti di cuore,
puntoacapo ed., Pasturana (AL), 2021

Nota critica di Laura Cantelmo

Pur essendo questa nuova raccolta di Vaccaro, divisa “in quattro quarti di cuore”, può apparire tripartita come una moderna Commedia – essendo la seconda sezione, Cuore viola, sostanzialmente un’estensione della prima. Per di più, tra i tanti indimenticabili personaggi che giganteggiano nell’Inferno dantesco, alla memoria se ne è imposto uno che richiama i toni di Adam Vaccaro, Farinata degli Uberti, che vediamo ergersi carico di furore tra le arche di un cimitero,: “ed el s’ergea col petto e con la fronte/ com’avesse l’inferno in gran dispitto.” (Inferno, X, 35/37). Restando nell’ambito dell’analogia, non sarà inutile ricordare che Farinata è collocato da Dante nel cimitero dei seguaci di Epicuro “che l’anima col corpo morta fanno”. Oggi lo definiremmo un ateo, un materialista, lontano da ogni idea di trascendenza, ma per ricondurre il discorso ai nostri giorni, su quanto il materialismo dialettico di Vaccaro possa avvicinarsi al grande eretico ghibellino, lasceremo da parte le idee sull’aldilà per concentrarci su quell’avere “l’inferno in gran dispitto”.

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Parole e Cose

Pubblicato il 24 febbraio 2022 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Le cose sono fonti di parole, simboli, allegorie, forme tradotte poi nelle realtà vissute da ciascuno.

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Pierino e il Trio

Ruzzando tra pozzanghere e ciuffi
d’erba con la palla Pierino non sapeva
ancora che un asino puó sin addobbarsi
con panneggi e finimenti di paurosangue
e un maiale puó grufolare grugnire anche
con ritmi di nacchere al vento dell’est, o un
serpente puó dindare sulla punta simile étoile.

Pierino, candore erede d’antiche sapienze, credeva
ancora in quello che vedeva e sentiva come zucchero
filato di Verità, mentre inciampava in un similciuffo
d’erba con la faccia spiaggiata nella pozzanghera,
che impossibile era vedere la palla rimbalzare
lontana findove il Trio irrideva e ruzzolava
sulle tavole di un palco sgangherato –
e a Pierino ancora ignoto.

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Anticipazioni – Alfredo Panetta

Pubblicato il 20 febbraio 2022 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Alfredo Panetta
Inediti
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Nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica

I 3 testi proposti fanno parte di un progetto di “indagine” poetica sul tema: delitti di ndrangheta. Si tratta, per la precisione, di alcuni dei delitti eccellenti degli ultimi decenni in terra di Calabria. Ritengo che la poesia possa (e forse debba) volgere il suo obbiettivo sui temi sociali, non solo d’attualità. Per la semplice ragione che il poeta ha l’occhio interiore educato a vedere oltre. Oltre il visibile e oltre l’intellegibile. Il poeta non fa cronaca, né storicizza gli eventi (a ciascuno la propria competenza) ma prova a scavare sotto la superficie ed ad estrarre elementi di bagliore altrimenti rimasti celati. Si pensi alle lacune delle vicende degli ultimi decenni in Italia: il terrorismo in primis, le mafie del Sud a seguire. Io provo a raccontare in versi dal mio periferico punto di vista vicende che in parte conosco. Conosco i luoghi, le dinamiche degli eventi, la cultura mafiosa della terra dove sono nato e ho vissuto i primi 20 anni della mia vita. Argomenti che studio con attenzione anche oggi a distanza. Ecco allora la tragica vicenda del Professore Panzera (mio amato docente negli anni del Liceo a Locri), il dramma dell’integerrimo Rocco Gatto, mugnaio da cui mia mamma portava il grano o il granturco da macinare, e Nicodemo Panetta, un imprenditore del mio paese che denunciò più volte quelli che sarebbero diventati i suoi carnefici. Tre storie emblematiche di una Calabria tanto bella quanto fragile. Una terra che, come tutto il nostro Sud, avrebbe bisogno di semina a 360 gradi, e non di veleno che infetti le sue falde.

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Google-Il nome di Dio-Letture-5

Pubblicato il 15 febbraio 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Adam Vaccaro, Google-Il nome di Dio

Pasturana (AL), puntoacapo, 2021

Articolo del 15 Febbraio 2022 – Rubrica DI-VERSI  PER-VERSI

su Mantova Poesia  de “la Voce di Mantova”

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Google – Il nome di Dio

L’ultimo libro di poesie del poeta molisano e critico Adam Vaccaro, classe 1940 dal titolo “Google – Il nome di Dio” pubblicato dalla casa editrice puntoacapo Pasturana (Al), ci accompagna in un viaggio forse senza ritorno. La raccolta si articola in quattro sezioni denominata “In quattro quarti di cuore Nero, Viola, Rosso e Bianco”. La prefazione è curata da Massimo Pamio e la postfazione da John Picchione. «Si può ancora scrivere poesia? – si chiede Massimo Pamio – L’attuale epidemia virale permette di verificare i meccanismi di controllo delle masse, se Google e gli altri potenti mezzi basati sull’uso di registrazioni dei comportamenti secondo criteri di efficienza, grazie all’uso di algoritmi, deputati a riassumere e a classificare e incasellare discorsi, orientamenti e desiderata di miliardi di individui. Se i server di Google e soci funzionano, – continua Pamio – potranno un giorno non solo registrare ma addirittura, con l’uso di chip, telecamere per il riconoscimento facciale e altri marchingegni, innescare e condizionare i comportamenti collettivi a loro piacimento, come già è accaduto con lo scandalo di Facebook – Cambridge Analytica». […] Nel contemporaneo e postmoderno inferno turbocapitalista voluto e programmato, vive e si districa il poeta, – continua Pamio – numero magico tra i numeri, esponente bizzarro e stralunato ancora dotato di una individualità autentica e libera ma anche socialmente porosa, capace di trovare il bandolo della matassa perché vanta una notevole capacità critica e di discernimento, nonché la saggezza propria di chi ha esperienza di altri mondi o di mondi immaginari e quindi sa leggere in ciascuno di essi le ragioni che lo reggono, anche se il mondo stenta a resistere in mano ai suoi burattinai. Come trovare le parole giuste nel Caos»?

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Google – Il nome di Dio – Letture4

Pubblicato il 11 febbraio 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Google – Il nome di Dio – In quattro quarti di cuore, di Adam Vaccaro
puntoacapo Ed. Pasturana (AL), 2021

La poesia come motore di ricerca critica
di Luigi Cannillo

Sacro e profano, entità digitali e vite esemplari, attualità e memoria si intrecciano nella nuova raccolta di Adam Vaccaro. L’alveo nel quale si articolano e fluiscono le poesie viene esposto chiaramente nella nota dell’Autore in conclusione del volume: l’analisi politica e socioeconomica sugli effetti del neoliberismo e della globalizzazione finanziaria insieme allo sviluppo di un universo massmediatico invasivo e spersonalizzante. I testi quindi sono nati “dall’intreccio di doloroso disagio, passione ferita e volontà di Resistenza vitale”, contesto dal quale la poesia attinge direttamente e criticamente. Lo fa strutturandosi in sezioni che riprendono, ognuna attraverso un colore, il motivo del Cuore come centro di energia e intelligenza che si fa prima nero nel rifiuto e nella negazione, poi rosso nella passione e viola nella paura e infine bianco nella fonte profonda dei valori originari e della possibile rinascita: “Cosa possono dire le stesse cose che ci/ Appaiono inerti – polvere di morte che/ Improvvisamente si alza e ritrova il volo”. È, volutamente, un percorso a U nel quale, iniziando dallo scavo e dalla discesa nell’oscurità, si risale, dopo aver toccato il fondo, verso la luce. Un percorso dantesco al quale sembra alludere anche la foto di copertina di Valeria Vaccaro, con una imbarcazione direzionata verso i colori dorati e vermigli che possono appartenere al tramonto, ma, contemporaneamente, anche a un’aurora.
I testi così suddivisi nelle quattro sezioni hanno origini e datazioni diverse che formano una sorta di diario liberamente impaginato secondo i contesti tematici e che, allo stesso tempo, comprendono sia poesie più recenti che altre, edite, risalenti ad anni precedenti ma che in questa modalità assumono un nuovo valore. L’approccio e il tono sono talvolta di tipo più narrativo e colloquiale, altre volte più lirico ed evocativo. Ma comune è la ricerca espressiva: le invenzioni linguistiche, i giochi di parole mai fini a se stessi ma tesi alla scoperta dei molti significati di unità verbali che vengono composte e scomposte all’interno di campi semantici stranianti (quello tecnologico) o edificanti (quello del mondo naturale). E le allitterazioni, la sillabazione ripartita negli enjambement, le assonanze che si dipanano spesso per unità lessicali molto estese, a volte creando mulinelli linguistici e sonori: “Soros dal cuore d’oro/ dacci oggi il tuo miliardo/ quotidiano che ci fa correre/ a strappare salvare vite/ disperse e affamate/ sommerse dall’oro che/ gronda dalle mani degli/ invisibili quattro gatti […]”. Soprattutto nelle prime sezioni ricorre uno spirito caustico e sarcastico che mette in luce gli aspetti più assurdi della condizione di dipendenti digitali e cittadini ammaestrati, ridotti continuamente a uno stato infantile attraverso il linguaggio lezioso e affabulatorio usato dagli adulti per convincere e rassicurare i più fragili e suggestionabili. E anche come parodia dei messaggi evangelici, la cui forma mette in evidenza la pervasività e i tentativi di indottrinamento delle nuove Entità/Divinità informatiche con la loro attività manipolatoria. Primo fra tutti spicca Google insieme ad altre entità dotate di ultra-poteri: “Alexa, piccola madonnina sul comodino/ raggino che muto ascolta e registra attento/ i tuoi comandi anche quando sono solo/ battiti del tuo cuore…”.
Accompagna la raccolta un notevole apparato critico composto, oltre che dalla citata Nota dell’Autore, dalla prefazione di Massimo Pamio, dal saggio-postfazione di John Picchione, e da una nota dell’Editore nel risvolto di copertina. Questi contributi offrono, ciascuno a suo modo, spunti efficaci per contestualizzare e approfondire le tematiche presenti. Molti sono i riferimenti ad autori compagni di viaggio della poetica di Vaccaro, Antonio Porta innanzitutto, con Mario Lunetta e Alberto Mario Moriconi. Aggiungerei il nome di Luigi Di Ruscio sia per le poesie di aspra critica alla civiltà industriale, in particolare contro le divisioni di classe e l’organizzazione alienante del lavoro ma anche negli squarci di gioia di vivere e per la bellezza della natura. Anche in Vaccaro interagiscono critica, indignazione e vitalità che si alternano in questo caleidoscopio di cuori e colori. Alle nuove divinità si contrappongono le storie comuni di eroi del quotidiano (il ristoratore emigrato, “Nella cucina di Shakespeare”, l’immigrata, “Mira a Milano”, la stiratrice/rammendatrice, in “Rosina e l’orchestra tv”) e le radici della famiglia dell’autore: nella fotografia e nelle parole del padre, nel ricordo della suocera Vilma, staffetta della Resistenza, fino alle figure portatrici di luce della moglie Chris, dei figli e dei nipoti.
Google – il nome di Dio tiene così uniti i suoi Cuori e colori attraverso un percorso temporale esteso ed elastico, partendo dagli aspetti salienti della contemporaneità e della attualità e poi risalendo e trovando slancio e rigenerazione dai nuovi nati come dalla memoria delle Origini: “Profumami origano di colline molisane/ […]/ questo mio stare qui/ ai piedi del monte più duro da scalare/ […]/ Forse è il tuo profumo/ che trascolora assaporando/ questa pizza colma di vita/ tempestata dai tuoi verdi coralli”.
12 febbraio 2022 Luigi Cannillo

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Laura Cantelmo – Cuore di nebbia

Pubblicato il 7 febbraio 2022 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

LAURA CANTELMO – CUORE DI NEBBIA
Http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com/2022/01/segnalazione-volumi-laura-cantelmo.html?m=1

Laura Cantelmo: “Cuore di nebbia e altri paradisi” – puntoacapo edizioni- 2021 – pagg. 88 – € 12,00

“La poesia diviene luce nella nebbia così come gli altri paradisi del sottotitolo raffigurano la diverse vie di salvezza offerte da remoti ricordi che compaiono fulminei nella notte, oppure da epifanie del passato che si rivelano feconde occasioni di riflessione e di scrittura” scrive Laura Cantelmo e con la poesia ella cerca di suggerire con raffinata sensibilità e armoniosamente la fragilità che il tempo incide nell’ingenuo compromesso della quotidianità, tra illusioni vertiginose ed essenze di declinazioni.

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(Ri)Elezione Mattarella

Pubblicato il 3 febbraio 2022 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

LA TRAGICOMMEDIA DELLA (RI)ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Prima, durante e dopo: Autori invisibili e Guitti in cerca d’Autore (*)

ADAM VACCARO

L’indecoroso spettacolo cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, e non il primo negli ultimi decenni, nel corso dei quali grandi elettori sono rimasti impantanati nel rito della elezione del Presidente della Repubblica, ha fatto risaltare la crisi del sistema rappresentativo italiano, nella forma attuale di leaderismo personalistico, che fa ricordare derive oligarchiche.  Deduzioni che possono apparire improprie, se non si considera che il popolo non elegge più i propri rappresentanti, e che quelli attualmente eletti sono stati scelti tra fedelissimi e non tra i migliori. Sono frutti marci di leggi elettorali illusoriamente furbe di tale leaderismo, prima col c.d porcellum (o mattarellum) e poi col rosatellum, che avevano il preciso obiettivo di una democrazia priva di sostanza e linfa vitali, ridotta a una ritualità esangue, di un sovranismo autoreplicante e autoelettivo.
Il risultato ovvio è che quasi il 50 % degli italiani, nauseato, non sia più andato a votare, non riconoscendosi nei nomi proposti da comitati ristrettissimi di fantasmi-partito rispetto a quelli di circa 50 anni fa. I quali erano corpi politici con strutture, visioni e interessi – pur contrapposti – radicati nel corpo sociale, attraverso circoli e altre sedi di discussione tra rappresentati e rappresentanti.
A che cosa è dovuto il passaggio dal partitismo a questo leaderismo antidemocratico? Penso che occorra capire le cause di fondo che hanno determinato il degrado e lo sgretolamento delle strutture precedenti, avvenuto per ragioni tutt’altro che misteriose e incomprensibili. Sono ragioni e logici risultati connessi, per me, alla affermazione della visione neoliberista del capitalismo globalizzato, per il quale le furiose innovazioni tecnologiche sono state e sono armi fondamentali di potere finanziario e di controllo delle masse.
I partiti degli anni ’40-70 sono stati spezzati e spazzati via più che da azioni giudiziarie, da una erosione e cooptazione crescenti di tale turbocapitalismo, che è riuscito a smontare come tasselli di un domino il precedente assetto. Per il pensiero unico neoliberista, lo Stato sociale, che esercita controllo e redistribuzione della ricchezza prodotta, è un residuo retrivo, fonte di “lacci e lacciuoli” nemici di sviluppo e progresso – termini-coperchio di profitto privato vs interesse pubblico, cardine della nostra Costituzione.
Il primo decisivo colpo è stato assestato nel 1982, quando – grazie ad Andreatta e Ciampi, e nel silenzio assenso di tutti i partiti, compreso il PCI – venne decisa, con un atto amministrativo e senza discussione parlamentare, la privatizzazione della gestione del debito pubblico e della Banca d’Italia. Quanti Italiani sono stati coinvolti dai loro partiti nella discussione su tale grave mutamento d’indirizzo, deciso da una decina di architetti finanziari, tra cui Mario Draghi, in una riunione sul panfilo della Regina Elisabetta al largo di Ostia?
L’esproprio dell’interesse pubblico, col contemporaneo svuotamento di potere di rappresentanza e controllo dei partiti, era avviato. La diga era rotta e ciò che seguì fu una piena di privatizzazioni, con risultati che non potevano che essere quelli che abbiamo sotto gli occhi (per chi li vuole vedere), in primo luogo disparità socioeconomiche crescenti – cause di fondo della crisi della sinistra.
Ma proprio per questo, la strategia della globalizzazione neoliberista scelse di avere come interlocutori privilegiati i gruppi dirigenti dei partiti della sinistra storica, in primo luogo il vecchio PCI. I processi contro la diffusa corruzione politica, messi in atto da Mani pulite, sono stati certamente utili alla strategia di tale rinnovato capitalismo, liberato da ogni freno. Ma se il PCI fu l’unico tra i vecchi partiti a non essere travolto dall’azione giudiziaria, per il suo smembramento e la sua cooptazione nel nuovo orizzonte, bastò l’azione diretta e vincente dei capitali coraggiosi.

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