menti e mondi
Messaggio
Lettera di scrittori-scrittrici, giornaliste/i e blogger contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi”
Noi scrittori e scrittrici migranti e stanziali, giornaliste/i, blogger che operano in Italia abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo, “una giornata senza di noi”, rendendoci visibili attraverso la scrittura, impegnandoci a creare, diffondere ed elaborare occasioni per promuovere in maniera pubblica la riflessione attraverso scritti che affrontino le tematiche espresse in questa giornata. Ci impegniamo già fin da ora a creare un fondo di testi che sarà accessibile nella pagina web del Comitato Primo Marzo e forniamo come esempio i due testi che seguono:il primo, la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e il secondo, stralci dalla lettera aperta ai calabresi dell’antropologo calabrese Vito Teti, in risposta ai drammatici fatti di Rosarno:
SMERILLIANA.
Luogo di civiltà poetiche – Librati, n. 10 – 2009, pagine 493, euro 20.
Di Franco Romanò.
È un compito difficile ma molto gratificante quello di recensire una rivista come Smerilliana, per la quantità e la qualità della proposta, un libro vero e proprio, un annuario piuttosto che una rivista tradizionale, di cui però mantiene alcuni aspetti inconfondibili, a cominciare dal formato e dalla copertina che è sempre la riproduzione di un quadro intero o di un suo frammento e costituisce fin dal primo numero un tratto distintivo che il lettore riconosce subito, prima d’iniziare a sfogliarla.
UOMINI DI ONORE di Beppe Puntello
Manni Editore, Lecce 2009, pp.496, 25 euro
È più che un romanzo Uomini di onore, da poco edito dall’editore Piero Manni di Lecce. È la densa epopea di una casta, quella appunto degli “Uomini d’onore” del titolo, in via di estinzione sullo sfondo di un’arcaica e molto vera Sicilia tardoottocentesca, metafora e incarnazione dell’Italia del nostro oggi con i suoi problemi irrisolti (e forse perfino irrisolvibili): un’epopea che prende corpo in un libro che potrebbe a buon diritto ambire ad essere considerato un vero e proprio caso letterario, se soltanto i canali della promozione e della divulgazione non fossero così miopi.
Seguono i brani del poemetto Airone, letti con grande adeguata, da Patrizia Valduga al Convegno Il giardiniere contro il becchino – Memoria e (ri)scoperta di Antonio Porta, (Biblioteca Sormani, Milano 9/12/ 2009). In calce ai testi una nota scritta in proposito nel 1998 da Giovanni Roboni, all’uscita delle Poesie 1956 – 1988 di A. P. negli Oscar Mondadori, a cura di Niva Lorenzini.
A.V.
Airone
1. (27.7. 79, premessa, a lei)
come se il mio ventre covasse una bomba
il sentimento, il terrore della perdita
Un’idrografia dell’anima, un’epifania dell’archetipo materno: questo è il “ritorno alla spiaggia” di Lucetta Frisa, libro polifonico di domande che sembrano agglomerarsi in alcuni componimenti in particolare, spesso tendenti alla forma poematica (cfr. p. 27 e p. 51-52). Un libro fatto di vento e di mare, dai quali sembra trarre la vocazione alla fluidità, all’immensamente inafferrabile: «Versi fatti dal mare/ metrica ininterrotta/ fluida/ stupita/ lasciata andare/ dal largo a riva/ e dalla riva al largo». Un libro che, come il mare, ha la profondità degli abissi e la levità del «capriccio che ci ha afferrati» (p. 49). Tale dimensione ancipite nasce dalla radice visionaria, declinata tuttavia in un dinamismo che ne garantisce l’effetto aereo. «Sento in me molte voci./ Un brusio allacciato al vuoto./ Siamo in tanti a pregare e a piangere./ Basta fermare il respiro all’orecchio.». (p. 47).
Vincenzo Guarracino
È un mondo minimo e privato, quotidiano e feriale, di segni e tracce della vita, di piccole cose fedelmente amate e coltivate, tra umbratili umori e silenzi, quello cui Giorgio Larocchi, pittore e poeta, anzi pittore-poeta si applica da sempre: un microcosmo personale ed esistenziale, oggettualizzato e mineralizzato, in cui forme di ordinaria flagranza e referenza (nature morte, vegetali, manufatti, corpi, indumenti, interni domestici, paesaggi, presenze umane e animali, eventi meteorologici), rese astratte ed elementari da un accanito assillo formale, diventano qualcosa d’altro, elevate al rango di vere e proprie storie dell’anima.
Antonio Porta e la capacità “presentativa” della poesia
Niva Lorenzini
La citazione da cui ho tratto il titolo per il mio intervento appartiene a una lettera scritta da Alfredo Giuliani al giovanissimo Leo Paolazzi, a tutt’oggi inedita e conservata presso il Centro Apice di Milano. La lettera è del 10 maggio 1959. Già in una lettera precedente del 18 febbraio ’59, commentando alcune tra le prime poesie inviategli da Leo e destinate a confluire nel 1966 nei Rapporti, in particolare Europa cavalca un toro nero e Vegetali, animali, Giuliani, oltre a consigliargli letture che ritiene utili per la sua formazione (Pound, Villon, intanto, e Robbe-Grillet) si appuntava un elemento che resta a tutt’oggi fondamentale per la comprensione della poesia di Antonio Porta. Con il fiuto del critico di razza Giuliani coglieva infatti in quei testi, in particolare in Europa cavalca un toro nero, una singolare “energia di immagini” e una “volontà schietta di rappresentare e narrare l’inferno della cronaca”, una volontà, scriveva, che faceva ricorso a un “montaggio violento e spesso illuminante”. E parlava ancora di “violenta espressività” del vedere, seppure ancora presente “allo stato brado” (questa la riserva che avanzava, di fronte a quei primissimi testi).
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