Lucetta Frisa, Ritorno alla spiaggia, La vita felice, 2009
Un’idrografia dell’anima, un’epifania dell’archetipo materno: questo è il “ritorno alla spiaggia” di Lucetta Frisa, libro polifonico di domande che sembrano agglomerarsi in alcuni componimenti in particolare, spesso tendenti alla forma poematica (cfr. p. 27 e p. 51-52). Un libro fatto di vento e di mare, dai quali sembra trarre la vocazione alla fluidità, all’immensamente inafferrabile: «Versi fatti dal mare/ metrica ininterrotta/ fluida/ stupita/ lasciata andare/ dal largo a riva/ e dalla riva al largo». Un libro che, come il mare, ha la profondità degli abissi e la levità del «capriccio che ci ha afferrati» (p. 49). Tale dimensione ancipite nasce dalla radice visionaria, declinata tuttavia in un dinamismo che ne garantisce l’effetto aereo. «Sento in me molte voci./ Un brusio allacciato al vuoto./ Siamo in tanti a pregare e a piangere./ Basta fermare il respiro all’orecchio.». (p. 47).
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