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"I Panorami
del Contemporaneo"
di Eleonora
Fiorani
Lupetti, Milano
2005 pp 240 E 18,50
Copertina di R.Calciati

Il
libro del mese -Gennaio-Febbraio 2006
Adam Vaccaro
Difficile trovare un testo
capace di immergerci così intensamente e immediatamente nella complessità
contemporanea. Eleonora Fiorani riesce a farlo anche perché nell'arco
degli ultimi dieci anni - con la serie di saggi pubblicati e l'approfondimento
dei temi - ha affinato qualità e stile della sua scrittura. Ha
reso sempre più trasparente e transitiva in primo luogo la sua
passione della conoscenza e la tensione a comunicare, a mettere in comune,
dunque a creare e ricreare una comunità, luogo e senso tra i più
smarriti/minacciati nel contesto contemporaneo. Necessità che dovrebbe
essere il nucleo motore di chi si occupa di letteratura, e che non è
sempre rintracciabile tra i tanti testi (in prosa e in poesia) oggi proposti.
La passione della conoscenza della Fiorani viene trasmessa perché
tende a coinvolgere la totalità del corpo, i sensi oltre che il
Senso, con utilizzo di immagini e invenzioni verbali che invitano a sentire
prima di capire. Per questo scatta il coinvolgimento, mentre dipana e
riannoda nei territori delle "sue" discipline (semiotica e antropologia)
una geografia di linguaggi che vanno dalla Moda al Design, dall'Architettura
alle Scienze cognitive, dal richiamo e utilizzo di forme dell'espressione
sonora e visiva (musica, pittura, fotografia) alla comunicazione in Rete,
all'economia ecc.; non per innalzare cattedre enciclopediche ma per fruire
di strumenti e supporti necessari all'immersione nelle dinamiche interattive
tra oggetti spazi e corpi - intesi come soggetti e oggetti che costituiscono
il panorama contemporaneo del capitalismo globalizzato.
Impossibile trattare tale materia senza un approccio interdisciplinare,
da cui deriva un atteggiamento generale di umiltà conoscitiva,
unica arma che resiste alle pressioni tendenti a ridurci da soggetti attivi
a oggetti passivi delle dinamiche "in cui il nuovo è più
pregnante e dirompente". Lo stile appassionato e lucido, compatto
e liquido, di questa scrittura trasmette tale senso complessivo perché
l'Autrice ha incorporato a fondo ciò che dice a proposito del "milieu"
territoriale, inteso come "sistema dotato di specifica identità";
precisando con A. Berque (1990) "il carattere ambiguo del termine,
che significa, infatti, 'intorno' e 'centro': non si identifica con l'ambiente,
che è la totalità che ci circonda, ma indica ciò
che sta nel mezzo
definibile solo in termini relazionali": "i
milieux territoriali, con il loro carico di conoscenza, socialità,
competenza" possono essere "i veri protagonisti", "se
riescono a reinventarsi alla luce delle logiche della globalizzazione".
Che "contemporaneamente enfatizza e dissecca i locali".
Il messaggio è chiaro e può essere rivolto al territorio,
alle comunità specifiche come ai singoli soggetti: occorre "reinventarsi"
continuamente la propria identità entro il territorio mobile delle
innovazioni vere o fasulle proposte dalla globalizzazione. Occorre essere
ugualmente mobili, essere contemporaneamente bordi e centro, farsi "territorio,
che non è più solo scenario e semiosi, ma attore a tutti
gli effetti", in cui la "globalizzazione presenta
volti
diversi", senza "modelli preconfezionati" o "un modello
unico di metropoli postmoderna", in cui "Micro e macroprogettualità
si moltiplicano e si intersecano interessando tutti gli aspetti della
realtà: dai sistemi economici alle forme di comunità, dalle
vite ai soggetti."
Questo testo di Eleonora Fiorani non descrive dunque come ineluttabile
l'esistente, moltiplicando passività e disperazione, ma utilizza
le conoscenze come lievito per immaginare ruoli non rassegnati e possibilità
non contemplate, per quanto possano apparire aleatorie, difficili e utopistiche.
Così, se le azioni di "gentrificazione (da gentry, nobiltà)",
volte a riqualificare quartieri, aree industriali dismesse e centri storici,
per trasformarle in "aree-vetrina" turistiche e commerciali,
o per soddisfare esigenze di "gruppi sociali ad alto reddito",
può essere immaginata una gentrificazione motivata da ben altre
ragioni umane.
"Emerge un mondo eterogeneo che non è fatto solo dalle potenti
logiche delle imprese trasnazionali
che colonizzano i nostri desideri
e i nostri sogni, ma dai soggetti e dalle comunità locali"
che possono innescare altre logiche. Purché nel territorio della
"città infinita
'un labirinto
che non arriva mai
al suo confine estremo' (E. Rullani, 2004)", i soggetti continuino
a ricercare e rinnovare "la propria identità", a non
farsi ridurre a oggetti simulacrali da oggetti-merce che tendono a porsi
come veri soggetti entro quella "zona confusa che i teorici della
complessità chiamano 'l'orlo del caos'", se non rinunciano
a pensare che "il nuovo può accadere e venire riconosciuto".
Credo che qualità della tessitura testuale e apertura progettuale
siano collegate in un punto profondo, che sta nell'aver fatto proprî
da parte dell'Autrice i portati di alcuni filoni delle scienze cognitive
e della "novità della seconda cibernetica rispetto alla prima
riferita ai sistemi osservati". Novità consistente nel fatto
capitale che "La conoscenza viene riferita non al soggetto classico
della filosofia o della coscienza, ma al vivente". "Ciò
comporta che l'osservatore venga incluso nel sistema e il sé sia
posto in relazione col non-sé", che "Vivente e ambiente
nascono e coevolvono (o involvono, ndr) insieme, e così è
per il sé e il mondo del sé".
Il riferimento è ovviamente a Francisco Varela e al suo "concetto
di enazione (dal verbo inglese to enact, far emergere, suscitare), che
acquisisce il senso di 'azione incarnata'", che comporta "la
solidarietà tra sensazione, percezione, esperienza, azione, sulla
cui base si formano gli schemi cognitivi". Schemi che poi si traducono
in emozioni e/o pensiero creativo-emozionale, che trovano forme complesse
in questo o quel linguaggio algoritmico e che sembrano scaturire per partogenesi
dalla parte alta della mente, mentre sono il frutto che mai sboccerebbe
senza le lingue dei sensi. La solidarietà richiamata da Fiorani
è ciò che io chiamo Adiacenza tra i vari livelli corpomentali,
fondamento per me della ricerca espressiva - in ogni ambito e in particolare
in quello poetico - capace di essere complessa e transitiva (si veda il
mio libro di saggi Ricerche e forme di Adiacenza, Asefi, Milano 2001).
Le acquisizioni che con i più diversi contributi hanno prodotto
negli ultimi vent'anni la coscienza della "centralità"
del "corpo dei sensi" hanno posto la necessità e portato
a un "mutamento di episteme, che sta rifondando l'epistemologia quanto
la semiotica" in ogni campo. Porre al centro di ogni ricerca la totalità
del corpo e il suo "polisensualismo" conduce a istituire un
corpo poliverso e non uni-verso, che confligge con ogni dualismo (mente/sensi,
anima/corpo, spirito/carne ecc) della cultura, filosofica o religiosa,
occidentale. Dunque, "L'emersione del nesso inscindibile mente-corpo,
vivente-ambiente, portata
dalle epistemologie della complessità,
ha mutato, già negli anni Ottanta, il concetto di conoscenza e
quello di ragione", rendendo inadeguata e non "capace di dar
senso al mondo" "una visione tradizionale delle emozioni che
distingue tra livello viscerale e livello riflessivo".
Il corpo è una rete interconnessa all'interno e con l'esterno,
è un testo che non viene dal nulla e non va verso il nulla, che
non può essere tagliato a fette e che può essere com-preso
o non preso affatto, in cui ogni linguaggio non verbale attende ancora
di essere adeguatamente gentrificato quale profondo "criterio della
vita". Possiamo dire che "solo sviluppando" tale "rigorosa
consapevolezza
visuale e testuale della conoscenza occidentale possiamo
sperare di conferire senso a come la vita è vissuta in altri contesti
culturali" (cit. da D. Howes, 1991). A partire dal corpo singolo,
occorre dunque "ripensare i corpi, tutti i corpi: dei soggetti umani,
della società, del mondo".
È esemplare che tali estensioni siano ottenute analizzando (nella
Parte quarta del libro) i mutamenti intervenuti nella progettualità
del Design. L'approccio di Fiorani è lo stesso di tutti i cultori
di ogni disciplina che hanno capito la necessità inderogabile di
interagire e alimentarsi oltre gli steccati specialistici, arricchendo
a partire da ogni centro o orlo del caos il mutamento in corso, che pure
confinato in ambiti ristretti, trae e ritrasmette sollecitazioni vitali
allo stesso quotidiano "interrogandosi sui modi in cui il sapere
speculativo fa leva sulle logiche del sensibile", cercando di "superare
ogni dualità: calcolo/passione, scienza/arte, comportamentismo/
cognitivismo, algoritmi digitali/viscerali", "elaborando modelli
e figure nuove, quali "corpo-mondo", "corpo-oggetto",
"corpo-mente" che pongono la necessità di un percorso
di ricostruzione del senso, visto che è il corpo e non altro la
fonte di "un punto di vista sul mondo".
Un mondo diviso e al tempo stesso interconnesso, sempre sul punto di esplosioni
e collassi epocali: tra ambiente e insediamenti, tra dominati e dominanti,
che crea megalopoli con vasti non-luoghi in cui è difficile percepire
il senso di una comunità, in cui le identità (non solo dei
migranti) si misurano con border-line e margini dai confini indefinibili,
tra fulgori reali/virtuali di ricchezza senza pudore e buchi neri di orrori
e miseria senza fine. È la "metropoli globale" entro
la quale l'Autrice ci lascia con l'immagine (percepita quotidianamente)
di "corpi e
soggetti in fuga, che abitano transitando",
l'orlo del caos in cui il cerchio non può essere chiuso. È
la frontiera che non è solo quella dell'Africa e di ogni Sud del
mondo, è la "frontiera" che "sta diventando la condizione
di tutti noi". E che ci chiede in ogni momento di ricominciare "Tutto
da capo" (Rivista che Eleonora Fiorani dirige dal 2003).
Gennaio 2006 - Adam Vaccaro
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