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"Se tu vorrai
sapere..."
Cinque
lezioni su Franco Fortini
Ennio
Abate, Velio Abati, Luigi Carosso,
Elisa
Gambaro, Gianni Turchetta
a cura di Paolo Giovanetti
Edizioni Punto Rosso, Milano 2004 - € 8

Il
libro del mese -Marzo-Aprile 2005 Laura Cantelmo
Nel 2004, decimo anniversario
della morte di Fortini, la Libera Università Popolare (LUP) dell'Associazione
culturale Punto Rosso di Milano ha reso onore alla sua complessa figura
con cinque lezioni, di cui vengono in questo libro pubblicati i testi.
La personalità di Fortini viene analizzata nei suoi aspetti costitutivi,
dal poeta, all'intellettuale, all'educatore, al politico, valutando anche,
come fa Ennio Abate, l'attualità del suo "magistero",
considerando il suo rapporto con i temi della guerra e della pace.
Abbiamo scelto di privilegiare il saggio di Elisa Gambaro sul Fortini
poeta, poiché proprio quella è stata , evidentemente,
la sua attività prediletta, benché su se stesso come poeta
egli abbia spesso fatto dell'ironia. Attività segnata, come del
resto anche la sua opera di saggista e polemista, da una grande solitudine
conseguente a un percorso eccentrico rispetto alla storia letteraria e
politica nazionale, ma coerente nei presupposti.
La sua formazione poetica è collegata all'ermetismo con cui era
venuto a contatto negli anni trenta a Firenze, sua città natale.
Di lì discende il culto della parola lirica preziosa. Ma lo stretto
intreccio tra la storia e l'evolvere del suo pensiero e della scrittura
fa sì che l'attività poetica sia parallela alla formazione
politica in ambito marxista iniziata con il rifiuto del fascismo, che
pure aveva inevitabilmente avuto un ruolo nei suoi primi anni, quando
lui, ebreo arruolato nell'esercito, dalla valle Ossola passa in Svizzera.
L'esperienza bellica e quella del fascismo fanno sì che la sua
riflessione verta costantemente sui temi della guerra e della pace, partendo
da un'analisi marxista non ortodossa, ma critica, che costantemente afferma
(a dispetto di uno dei suoi critici, Berardinelli) il ripudio della guerra,
benché lontana dal pacifismo e dalla non-violenza. Per F. la non-violenza
può solo essere strumento simbolico contro la guerra, come lo è
stata la prima Intifada, Nella tragicità dell'esistenza umana (e
tragica può essere anche una possibile rivoluzione socialista),
la storia è conflitto, come dimostra la sua persistenza nel mondo,
anche se in luoghi lontani (in Vietnam, dove si configura come lotta di
classe e poi in Iraq con la prima Guerra del Golfo). I primi testi di
Foglio di via (1948) e di Poesia e errore
(1959) indicano un percorso che muove da un attenuato ottimismo nel futuro
evidenziato anche dalla coralità di un'esperienza resistenziale
condivisa e dal rifiuto del soggettivismo e dell'abbandono lirico.
La poesia nasce da una contraddizione: essa è privilegio e vergogna,
in quanto utilizza la lingua dell'oppressore (la borghesia), ma è
anche memoria "di una sacralità perduta" che addita "verità
e liberazione". Seguendo la lezione di Brecht, il classicismo di
F. ha la funzione straniante di far riflettere sul presente, "mostra
un ordine per far stridere il disordine" (esattamente l'operazione
contraria a quella della neoavanguardia, che"scompagina gli istituti
linguistici nell'intento di mimare il caos del reale"). Non più
corale, ma scritta in prima persona, l'ultima silloge, Composita
solvantur (1994), uscita l'anno della sua morte e scritta durante
la prima Guerra del Golfo, venne letta da molti come una resa al nichilismo
(forse per questo così lodata?). In essa F. attribuisce alla poesia
un valore etico e conoscitivo mai affermato prima. Vi si esprime una fiducia
nel messaggio poetico, quasi una speranza per le future generazioni: "Nulla
era vero, ma voi tutto dovete inventare."
Il saggio di Ennio Abate mostra come, confrontandosi con il dramma della
storia, in un isolamento sempre più accentuato, Fortini abbia affermato
verità radicali e controcorrente sull'ebraismo e sulla posizione
di Israele verso gli arabi, sull'antifascismo, sulla resistenza. La sua
opposizione alla prima Guerra del Golfo in quanto "guerra giusta",
come precedentemente era avvenuto per quella dei Sei giorni, in contrasto
con la sinistra, lo porta a conclusioni catastrofiche su coloro che dopo
la caduta del muro di Berlino si dicono marxisti: "C'è stata
una frattura, un mutamento dei codici
e siamo entrati in una situazione
mondiale di autodistruzione" ("Otto motivi contro la guerra",
in Disobbedienze, vol.II).
Trattando del Fortini intellettuale, Turchetta affronta il rapporto
di sfiducia da parte di F. con il mandato sociale e politico dell'intellettuale
mentre Velio Abati ne considera l'attività politica. Inevitabilmente
singolare e di grande interesse nel saggio di L. Carosso, la figura di
Fortini educatore di fronte ai giovani della società neocapitalista/postmoderna,
per i quali "prolungata da interminabili precariati, l'adolescenza
si sfiocca in forme
di futilità. L'assenza di finalità
ha reso deformi vite che il mercato non vuole adulte"(in Padri
e figli, 1982). Parole scritte più di vent'anni addietro.
Il che dice con quanta profondità e preveggenza F. abbia analizzato
la miseria del nostro tempo.
Laura Cantelmo
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