Essere o Morire – moltiplicando sensi e realtà
Adam Vaccaro
Mario M. Gabriele, Red Carpet, Edizioni Progetto Cultura, 2023
Questo testo di Mario M. Gabriele è una summa del lungo percorso dell’Autore. E il termine è qui con echi più tesi a sommità che somma. In tal senso, il libro è una sorta di ossimoro canzoniere-oratorio entro l’orizzonte distopico della totalità tempo-spaziale in cui stiamo vivendo, fase di hybris che, mentre rovescia in ottimismo idiota l’ironico avviso leopardiano di Magnifiche sorti e progressive, ci degrada in crescente e inesorabile disgregazione. Che fare e dire in tale contesto?
Nella Nota dell’autore in apertura del libro, Gabriele sintetizza la sua visione e la relativa azione creativa, che parte da una intervista del 2021 a Fausto Curi, “dal titolo: Il Gruppo 63 e il manto di stelle sulla letteratura”, e una domanda “Cosa pensa del nuovo?, cui la risposta legittima sensi positivi: “incrina le fondamenta di quello che gli preesiste…abolisce lo stanco presente e rende presente il futuro”. Ne consegue la domanda successiva: ”E la tradizione?”, con risposta che aggrega riducendo l’alone di assoluto precedente : “Esistiamo perché esiste la tradizione.: è la nostra madre. Il nuovo non può cancellarla. Deve solo integrarla e mutarla.”
Dopo di che Gabriele, rapporta tali affermazioni al linguaggio del proprio libro, che definisce “tecnologico ed extra territoriale”, chiosando che “Il valore di un testo poetico non sta nella lunghezza o brevità del verso, quanto nella capacità di trasmettere il senso di una immagine, di un evento e di un trauma…al lettore”, mentre ribadisce che rileva che la “continua trasformazione” tra “passato e presente” è “evento normale nel corso del tempo”. Tuttavia, entro tale incessante successione, oggi “Ciò che manca è la coscienza del poeta nello scrivere”.
Una coscienza ridotta della complessità in cui viviamo che è non solo dei poeti, rispetto alla “società commerciale” fondata su “sfruttamento economico”, in cui “il Tempo annienta l’esistenza riducendola a perenne Vuoto”. Ne scaturisce, per l’Essere heideggeriano, “un chiuso perimetro all’interno del quale non vi è salvezza”.
È una condizione che può tuttavia produrre effetti positivi o negativi per chi scrive, in relazione alla sua capacità di moltiplicare realtà, che passa sia dalle modalità del fare del poièin, sia dalla sua energia di produrre condivisione. Un processo che ci riporta alla distinzione di Hegel tra “immaginazione riproduttiva” e “produttiva”, la prima che riproduce “intuizioni sensibili interiorizzate”, note e già denominate, la seconda che produce segni che danno nome al nuovo.
In rapporto a tali versanti di complessità della scrittura, Mario Gabriele conclude con sintesi esemplare: “è il tessuto organico che ogni poeta ha con sé” a produrre un nuovo capace di moltiplicare realtà, e a non ridursi a fare “semplice scrittura creativa” (pp. 5-6).
Da così ardue e lucide premesse, ne consegue un testo che non teme di declinare un calvario lancinante dell’Essere, entro la china distopica imposta dai poteri in essere nell’attuale fase storica. Un Essere che nel testo esplode incarnato nei milioni di esseri, fratelli o nemici con nomi conosciuti e sconosciuti.
L’Autore si pone tra dettati didascalici e spietato sarcasmo, che aumenta il piacere del testo moltiplicando sensi del nondetto, spazzando via nel contempo ogni forma di illusione salvifica. Citiamone qualche stralcio e brano, di una carrellata a tratti mozzafiato:
“Abbiamo messo insieme hi-tech e umanoidi/ convinti che ciò che abbiamo non sia sufficiente/ nel New Market, al colmo di fish and chips” (p.100);
“Elisa Pietrosanti volle esporci/ l’Universo in Entropia/ ma ne uscimmo con il Big.Crunch/ senza l’oracolo di Davide” (p.101):
“L’effetto peeling si notò dopo un mese/ sul suo viso con la crema Rocher./ Diventare estetista/ non era nelle intenzioni di Rosalinda” (idem);
“Nell’adunata culturale di settembre/ vennero in pochi a seguire le digressioni/ su storia e arte, poesia e filosofia” (idem);
“Grazie, cari anni di luci e colori/ ora che la strada porta al check-in/ senza by-pass e account./…/ C’è solo un vuoto a perdere,/ un buco nero nelle galassie dell’universo.” (p.104):
“ Tu, Bertolt Brecht, marxista ed esule,/…/ non so quante parole aliene ci mettesti/ nelle Cinque difficoltà di scrivere la verità/ già pietra miliare per Benjamin/…/ Nel tuo lascito ai Beni Culturali/…/ dove Sul muro c’era scritto col gesso/ viva la guerra./ Chi l’ha scritto/ è già morto.” (pp. 105-106)
“La casa va rinnovata”/ …/ oggi non è un bel giorno/ per le donne di Teheran/ nonostante il velo e le lettere di Iwojima/ e le Primavere Arabe.” (pp126-127);
“Dall’alto a sinistra della casa,/ sopra il tetto, c’era un nastro bicolore/ con l’avviso; ‘Attenti alla notte!’” (p.1238):
“Col tempo torneremo da dove siamo venuti/…/ Ci concentrammo sulla cosmologia moderna/ e il nichilismo, l’Essere e la forma”, intanto che “Una storia di comunità miste/ portò all’apice della guerriglia./ Tutti i dolori e gli amori del mondo./…/ nel giorno di San Silvestro/ per un nuovo Calvario.” (pp. 76-77)
Sono galassie vitali, in cui non ci sono glasse o aliti consolatori, ma è solo a partire dalla coscienza dello Zero disegnato sotto i piedi e davanti ai nostri occhi – spesso ignari e stupiti – che è possibile rielaborare il bisogno antropologico primario di un altro orizzonte. Credo sia questo il senso doloroso e tragico, ma necessario, che il testo trasmette.
12 settembre 2023
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