Recensioni e Segnalazioni

L’origine perduta. di Matilde Asensi

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

L’origine perduta

Matilde Asensi

Sonzogno Editore, 2006, pp 502, Є 19,00

Terzo romanzo dell’autrice di Tutto sotto il cielo e Iacobus, tre “best seller” dalla vendita considerevole. Lo fosse anche la scrittura…

In questa terza pubblicazione, L’origine perduta, la trama prevede che a Barcellona l’etnologo Daniel Cornwall cada in catalessi dopo aver annotato una misteriosa scritta in una lingua sconosciuta. La catalessi, viene diagnosticato in ospedale, è causata da due diverse malattie: Agnosi e Illusione di Cotard (in breve, chi ne è affetto crede di essere morto e non risponde ad alcuno stimolo). La moglie di Daniel avverte il fratello di quest’ultimo, tale Arnau, ricchissimo e fricchettone, hacker per divertimento (assieme ai due collaboratori/amici Jabba e Proxi)nonchè creatore della Ker-Central, azienda che si occupa di new technology e web. Questi, dall’alto della sua incommensurabile ignoranza in materia di etnologia, ripercorrerà efficacemente e in breve tempo gli studi del fratello (che invece ha impiegato mesi per arrivare ad abbozzi e tracce) e grazie all’aiuto di personaggi aggiunti (che lascio a voi scoprire nella lettura) si recherà in Bolivia, fra le antiche rovine della città di Tiahuanaco, sulle tracce dei mitologici aymara, predecessori degli Inca. Se la catalessi del fratello è dovuta a questa misteriosa frase in una lingua sconosciuta, una lingua primigenia, assoluta e perfetta, la lingua “di Adamo” e di cui nessuna sa nulla, allora la soluzione dovrà trovarsi proprio dove questo popolo ha avuto origine. Complici mappe dettagliatissime disegnate molto prima della scoperta dell’America (altro mistero), il penetrare nella piramide Inca dove è custodito Il Viaggiatore (e ci riescono nel giro di 3 giorni, in barba a tutti gli scavi archeologici precedenti), ecco svelarsi l’enigma degli aymari (ma è davvero tutto svelato?)…

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Il pittore di battaglie. di Arturo Pérez-Reverte

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Il pittore di battaglie

Arturo Pérez-Reverte

I narratori Tropea, 2007, pp284, Є 15,00

Tralasciamo la copertina che è scialba e decisamente malfatta. La nuova prova di Pérez-Reverte è invece una piacevole sorpresa. Lo si conosceva per diverse e ottime prove precedenti, ma qui è quanto accennato con Territorio comanche nel 1999 che ritorna poderoso: l’orrore della guerra. L’autore – ricordiamo – è stato inviato per giornali, radio e televisioni, inviato di guerra, sino al 1994 quando ha lasciato per dedicarsi interamente alla scrittura. Se in Territorio comanche la storia era in presa diretta (un giornalista inviato, appunto, in guerra che racconta l’orrore, lo sperdimento e la disillusione) in Il pittore di battaglie è un fotografo di guerra (che così tanto ricorda James Natchway, personaggio reale nonché uno dei migliori fotoreporter viventi) che lascia il mestiere nonostante le tante pubblicazioni ed i premi per dedicarsi invece alla pittura. E lo farà rifugiandosi all’interno di un’antica torre di guardia a forma di cilindro appoggiata sulle rive del mediterraneo, lo farà in solitudine, dipingendone l’interno e mischiando tutte le battaglie, moderne ed antiche, sommando gli orrori assoluti e perenni della guerra in un unico immane affresco. Perché? Forse per desiderio di redenzione, forse per cercare di capire, forse per trovare l’immagine perfetta che mai è riuscito a cogliere perchè la guerra non è un singolo fotogramma né può essere un riassunto al caos del mondo. Forse per ossessione. Forse per chiedere scusa a quanti sono morti inutilmente e per i quali il suo passato di fotografo nulla ha apportato direttamente: la fotografia – sembra dirci – non è servita a niente.

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