Poesie in forma di cosa
Le opere di Leo Paolazzi (che non aveva ancora deciso di chiamarsi Antonio Porta) riprodotte in questo libro sono sconosciute: soltanto alcune “cronache” del 63-64 erano state pubblicate per merito di Vincenzo Accame che le aveva commentate nel 1999 sulla rivista «Avanguardia».
Rosemary Liedl P.
Queste poesie sono nate come collages. Sollecitando, cioè, l’informazione quotidiana nel senso giusto, nella direzione del grande caos e dell’enigma, dell’ambiguità del presente e del significato degli atti di cui ci giunge notizia attraverso la stampa.
Di fatto ho ritagliato dal linguaggio dei quotidiani ciò che era veramente significativo, ciò che era implicito e vergognoso; o anche, nel gran mare dell’informazione, ho cercato di sorprendere gli accostamenti necessari, i nessi tenuti nascosti e le analogie sostanziali. Di qui i veri e propri collages, sui quali ho ripetuto, seppure in diverse proporzioni, l’operazione della scelta e della sorpresa. ricavando le poesie dell’Enigma naturale.
Si tratta, in certo modo, di nuovi epigrammi, intendendo, naturalmente, con questa definizione, quel genere di poesia che interviene più direttamente nel confronto con la realtà, con una più violenta carica di ironia e grottesca deformazione. Deformazione dell’informazione, appunto, necessaria per arrivare a quella autentica: l’epigramma ha sempre assolto a questo compito, ed ora, con rinnovata violenza, attacca frontalmente l’immagine della società. Antonio Porta in «Malebolge», Anno 1, n° 1, Milano, 1964
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