(Il prossimo post di Anticipazioni sarà il 15 gennaio 2017)
Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Lucetta Frisa
Testi inediti: “L’aria di Genova”, “Ogni cosa resiste nel suo essere”.
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Con un commento di Laura Cantelmo
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L’aria di Genova
Per le tele di Carlo Merello
Saltare su un solo piede lanciando
un sassolino dentro il pampano:
un preciso rettangolo diviso
da caselle numerate.
Mai si doveva sbagliare
mai uscire da quella geometria.
Si tratteneva il fiato.
Cielo magro conteso tra i tetti alti
sole a picco,
e odori di mezzogiorno: pesce
dell’Angiolina che ancora strillava senza più voce
e odore del suo pesce fritto e minestrone al pesto
dalle case legate dai fili affettuosi della biancheria
e odore del piscio di tutti i gatti del quartiere
tra cui il Migno, detto l’imperatore:
piscio diverso dagli altri pisci, come il suo miagolìo.
Ma bastava correre in fondo al vicolo
per respirare
il puro profumo del mare.
Fiato lungo lunghissimo.
vento che ingoia
tutti i respiri della terra e degli uomini
e ne fa uno solo.
Cosa significava quel disegno per terra
col gesso bianco? Una porta? che per chi vince
finendo il gioco senza mai cadere – si spalancherà
nell’ultima casella? e da lì
il vincitore fiero entrerà sulla scena del sottosuolo
tra gli applausi degli dèi inferi?
Se il mare avanzasse
fino in fondo al vicolo fino a quella casa di gesso
naufragherebbero il regolamento
i numeri i codici le geometrie le ragionerie
come barche sfondate.
Il suo profumo salino apre il cuore
più dell’incenso delle cattedrali
che per chi attende di andarsene
aprirebbe – dicono –
la Grande Porta celeste.
Il respiro di Genova non è da cartolina
per i turisti delle cose morte.
È ancora qui e resiste
malgrado tutto nei polmoni inariditi
dall’impazienza del tempo che cammina
e marcisce l’aria, tutta l’aria, e anche noi.
Ogni cosa resiste nel suo essere
Ogni cosa resiste nel suo essere
cioè vive due volte: nella prima
esiste, nella seconda
torna indietro su di sé
fantasma che cerca di tornare
da dove è venuto.
Tra un’andata e un ritorno molte cose
traversano la strada e si inciampa
rovinosamente. Ma alle volte
può ricrescere dopo l’ustione
una tenera pelle rosa.
E più si resiste più si esiste ma non si vive
se lo stupore che alza alto lo spirito sul niente
se ne è andato per sempre e alla fine
sopravvive, senza ritorno, la triste mente.
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Nota Bio-biblio
Lucetta Frisa è poeta, scrittrice, traduttrice, lettrice a voce alta. Diversi i libri di poesia, tra cui: La follia dei morti (Campanotto, 1993), Notte alta (Book, 1997), L’altra (Manni, 2001), Se fossimo immortali (Joker, 2006), Ritorno alla spiaggia (La vita felice, 2008); L’emozione dell’aria (CRF, 2012), Sonetti dolenti e balordi (ivi, 2013). È presente in varie riviste nazionali e internazionali (“Nuova prosa”, “Poesia”, “La mosca di Milano”, “L’immaginazione”, “La clessidra”, “Souffles”, “Italian Poetry”), antologie (“Il pensiero dominante”, “Altra marea”, “Poeti e poetiche”) e in siti web (“La dimora del tempo sospeso”, “Viadellebelledonne”, “Carte sensibili”, “Doppiozero”, “Ossigeno nascente”, “Perigeion” “La poesia e lo spirito”). Traduce in particolare autori francesi, tra cui: Henri Michaux (Sulla via dei segni), Bernard Noël (Artaud e Paule e L’ombra del doppio), Alain Borne (Poeta al suo tavolo) e Claude Esteban (Qualcuno nella stanza comincia a parlare). Vince il Premio Lerici-Pea per l’Inedito (2005) e il Premio Astrolabio (2011) per il complesso della sua opera. In prosa pubblica Sulle tracce dei cardellini (Joker, 2008) e i racconti La torre della luna nera (Puntoacapo, 2012 ). In coppia con Marco Ercolani : Nodi del cuore, Anime strane (Âmes inquiètes, tr. fr. di Sylvie Durbec, Éditions des états civils, 2011), Sento le voci (J’entends les voix, ibidem, 2011) e Il muro dove volano gli uccelli. Insieme curano la collana “i libri dell’Arca” per Joker.
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Nota di lettura
L’aria di Genova, poesia ariosa, che vola come i ricordi. Bastano le tele di Carlo Merello a dare fiato alle rievocazioni infantili di Lucetta Frisa. Quell’impegno serio nel gioco geometrico, quell’affacciarsi alla vita attraverso il simbolo, attraverso il rigore delle caselle disegnate col gesso sulla strada su cui saltare senza sfiorarne il perimetro, faticosa sfida per rispettare il limite, fino a raggiungere – forse – lo schizzo di una porta, di un’apertura al futuro, a un esito, chissà mai, infernale?
Come contrappunto alle strofe dedicate alla memoria, impregnate di sole e di odori (pesce e piscio, arguta paronomasia che ironicamente esalta la briosa descrizione dei carrugi genovesi) segue un abbandonarsi all’irrompere del mare, che si avverte come protagonista, insieme all’aria e alla catena semantica ad essa relativa, che comprende fiato, respiro, voce e anche profumo/odore. Il mare che può stravolgere la rigida geometria delle caselle disegnate nell’infanzia col gesso, cancellandone i limiti, scompigliando le regole. Il mare, libertà ed effluvi vitali, capaci di spalancare miracolosamente “la Grande Porta celeste”.
L’aria di Genova, il suo respiro, sono intrisi della salsedine marina, sono l’anima profonda di una città che non è “per i turisti delle cose morte” poiché possiede qualcosa di immortale: la resistenza della vita, nonostante. Contro l’assalto del tempo che quell’aria fa marcire, pur lasciandola “ancora qui”, indomita.
Un inno alla propria città, alla sua contiguità col mare, un tenero, intenso inno alla vita.
Laura Cantelmo