“Prigionieri volontari”
di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di giovedi 22 agosto 2013
La scena, che sta facendo il giro del mondo, ricorda quei film americani dove il criminale evaso prende in ostaggio un asilo, una scuola, un centro commerciale e, minacciando persone inermi, detta condizioni alla polizia che circonda l’edificio: un elicottero, un documento pulito e un permesso per l’espatrio. Siccome però siamo in Italia, la sceneggiatura presenta alcune varianti. 1) Il criminale non ha avuto bisogno di evadere, perché i condannati per frode fiscale in galera non ci vanno neppure se spingono.
2) La polizia non può far nulla per assicurare il pregiudicato alla giustizia, anzi è costretta a scortarlo a spese dei contribuenti, onde evitare che si imbatta inavvertitamente in qualche persona onesta.
3) Siccome è molto ricco e fa sempre le cose in grande, l’energumeno non si contenta di asserragliarsi in un locale pubblico, ma tiene direttamente in ostaggio governo, Parlamento e Quirinale.
4) Non gli occorrono armi da fuoco o da taglio: gli basta minacciare di rovesciare il governo di cui fa parte, anche perché gran parte degli ostaggi sono affetti da congenita sindrome di Stoccolma, felicissimi di essere nelle sue mani. 5) Non chiede di poter fuggire all’estero, ma di restare in Parlamento, in barba a una condanna definitiva e a una legge che lo dichiara decaduto e incandidabile votata otto mesi fa anche da lui, mentre i presunti avversariche governano con lui, per nulla imbarazzati dal concubinaggio con un pregiudicato, lo implorano di restare con loro per salvare il Paese dalla frode fiscale, dalla corruzione, dalla mafia e da altre sue specialità.
Intanto i suoi giornali, e dunque il Pg della Cassazione e il Csm, processano il giudice che l’ha condannato, reo di aver spiegato a un cronista di averlo condannato perché colpevole e per giunta di aver manifestato in alcune cene private una certa antipatia nei suoi confronti. Antipatia davvero inspiegabile, visto che costui ospitava in casa un boss mafioso, era iscritto alla P2, era amico dei peggiori ladri di Stato, pagava mazzette a politici e mandava i suoi a corrompere finanzieri e giudici, falsificava bilanci, frodava il fisco, organizzava giri di prostituzione anche minorile, comprava senatori e ripete da 20 anni che i magistrati sono un cancro da estirpare, come i killer della Uno bianca, un covo di golpisti e di matti, psicolabili, antropologicamente estranei alla razza umana. Insomma, un amore che dovrebbe attirare l’istintiva simpatia dei magistrati. Lo stesso trasporto che gli manifestano orde di intellettuali, impegnati in questi giorni in un’affannosa riforma del diritto e del vocabolario per non dover usare con lui parole spiacevoli. Pregiudicato diventa “perseguitato”, condanna “guerra civile”, impunità “agibilità politica”, inciucio “pacificazione”, decadenza e incandidabilità “eliminazione dell’avversario politico per via giudiziaria”. Giuristi ed editorialisti che otto mesi fa plaudivano al decreto Severino “Parlamento pulito”, regolarmente passato al vaglio parlamentare di costituzionalità e firmato dal capo dello Stato, ora scoprono che è incostituzionale perché riguarda i delitti commessi prima. Potevano pensarci quando B. escluse dalle liste i condannati Dell’Utri, Sciascia e Brancher, privandoli dell’“agibilità politica” e guadagnando voti per le sue presunte “liste pulite”. Invece si svegliano ora che tocca a B. Sul Corriere Sergio Romano, l’ambasciatore che girava il mondo senza vedere nulla, spiega che far decadere B. da senatore come previsto dalla legge significherebbe “cacciare”, “delegittimare un leader di partito”, “decapitarlo con gli occhi bendati per mano di quelli con cui deve governare”. Dunque il Senato lasci tutto com’è, rinviando alla Consulta “l’esame di certi dubbi sull’applicabilità della Severino” e ripristinando l’“equilibrio tra i poteri dello Stato”, a suo dire violato dal Parlamento con una legge che vieta l’ingresso ai condannati. Per questo, a ben vedere, B. tiene l’Italia in ostaggio da vent’anni: perché molti ostaggi sono volontari felici.