Origini, domande e incerte prospettive dell’Italia attuale
Salvatore Palidda
Cosa è successo in Italia e in Europa dal dopoguerra a oggi e soprattutto dall’inizio degli anni settanta?
Da due decenni la maggioranza dei giornalisti e dei politologi ci bombardano di una lettura della situazione attuale italiana che parla di “prima” e “seconda repubblica”. Il risultato è talmente inconsistente da indurre a dire che forse si torna nella prima o si è già nella terza, insomma si ripete lo schemino e non si riesce a spiegare gran che del perché, come, quando e dove è cambiata la rappresentanza politica ai vari livelli. Ma, soprattutto, le pseudo-analisi proposte non spiegano mai che rapporto c’è fra i cambiamenti in queste rappresentanze e quelli nella effettiva organizzazione politica della società, mutamenti che ovviamente includono tutti gli aspetti dell’assetto economico, le variazioni delle diverse istituzioni sociali e delle culture dei diversi segmenti sociali.
Per capirci meglio mi pare indispensabile ricordare i principali fatti sin dal dopoguerra.
L’Italia uscita sconfitta dalla guerra aveva la possibilità di darsi un governo effettivamente democratico corrispondente a una carta costituzionale che ancora oggi appare come la migliore rispetto a quella di tutti i paesi cosiddetti democratici. Ma questa possibilità fu brutalmente sconfitta dai seguenti principali attori/nemici in una congiuntura a loro favorevole.
Gli accordi di Yalta e quindi la divisione bipolare del mondo, non solo relegò l’Italia, come altri paesi, nel campo occidentale, ma negò anche ogni neutralismo o non allineamento (che anche quando dopo furono tentati da alcuni paesi dovettero soccombere a causa della ferma e anche violenta ostilità delle due superpotenze USA e URSS; il neutralismo svizzero, si sa, è sempre stato garantito da queste come territorio di tregua e di affari economici sporchi anche negli altri paradisi fiscali).
Sin dalla condotta della guerra gli Stati Uniti puntavano a fare dell’Italia uno dei principali baluardi della loro egemonia in Mediterraneo e in Europa (rinnovando a modo loro e con ben più forza e mezzi quanto aveva fatto nel XIX e sino al fascismo il Regno Unito). Per quest’impresa poterono approfittare non solo della loro enorme forza militare, ma soprattutto della situazione catastrofica in cui si trovò l’Italia. Il paese era distrutto dalla guerra e strangolato dalla miseria e il governo democratico non riusciva a offrire una convincente prospettiva di ricostruzione e di ripresa economica.
Gli USA invece fecero vedere subito che potevano essere l’alleato dominante, generoso e tanto forte da poter “guidare verso il benessere”. Inoltre, come provano oggi i documenti d’archivio (vedi Fascist legacy e “Si salvi chi può”) poterono subito arruolare a servizio di questa esplicita egemonia la moltitudine di ex-fascisti e collaborazionisti dei nazisti rimasti o re-installati in quasi tutti i meandri dell’apparato dello stato e delle amministrazioni locali, nonché l’intesa con la chiesa cattolica che si lanciò nella crociata anticomunista e antidemocratica che continuerà per decenni (e ancora non cessa).
È anche noto il peso non trascurabile che sin dallo sbarco in Sicilia e dopo sino ai giorni nostri hanno avuto la mafia e la criminalità organizzata, spesso intrecciate con massoneria e frazioni dei servizi segreti alla ricerca di protettori e clienti. Infine, la creazione della Democrazia Cristiana fu l’arma vincente: un partito che sin dalla sua gestazione seppe essere così abilmente ecumenico da riuscire a inglobare sia i cattolici di base e persino di sinistra, sia la destra e tanti ex-fascisti.
Si arrivò così a quel famoso 18 aprile 1948, ossia “il colpo di stato bianco” che diede la maggioranza alla DC da allora sempre aiutata da altri piccoli partiti fra i quali i socialdemocratici di Saragat notoriamente pagati dagli States. Partito-stato, la DC è riuscita a governare per quarant’anni senza interruzione giocando con la lottizzazione della sovranità nazionale fra il monopolio della forza e della violenza per il controllo del paese (a volte con l’ausilio della mafia, della massoneria e di frazioni dei servizi segreti), il controllo della difesa e del ruolo geostrategico da parte degli Usa direttamente o attraverso la NATO e il controllo degli “affari sociali” concesso alla chiesa e poi anche ai patronati e sindacati.
Mentre milioni di italiani perdettero ogni speranza di miglioramento della loro vita ed emigrarono per cercare altrove l’emancipazione economica, sociale, politica e culturale, la maggioranza della popolazione dovette sostenere sacrifici e uno sforzo materiale e anche morale enormi per ricostruire e rilanciare l’economia del paese. La DC usò il pugno di ferro per imporre tutto ciò negando anche le rivendicazioni che si rifacevano alla stessa Costituzione. E per quest’opera si servì non solo della brutale polizia di Scelba ma anche della mafia che uccise decine e decine di leader del movimento operaio, mentre nelle grandi industrie come la Fiat si scatenavano il “sindacato giallo” (del vero padrone, Valletta) e sgherri di servizi segreti privati collegati a quelli dello Stato.
I lavoratori, sindacalisti e militanti di sinistra assassinati dal 1948 in poi sono stati centinaia. Non è quindi per nulla retorico dire che l’Italia arrivò al boom economico degli anni sessanta grazie alle lacrime e al sangue di milioni di persone e di milioni di emigrati e alle morti di decine di migliaia di persone per incidenti sul lavoro e per inquinamento. Nel frattempo, si formarono i “nuovi”, ceto abbiente e quello dominante, ingrassati dal clientelismo e dal’accaparramento continuo di parte del bene pubblico. La forza straordinaria della DC fu proprio il saper distribuire un po’ di benessere a una ampia parte della popolazione e nel saper fagocitare nel ceto dominante sempre più homini novi anche nei ranghi della sinistra.
I “dinosauri” o “cavalli di razza” della “balena bianca” (così veniva chiamata la Dc) furono spesso personaggi capaci di giocare con sorprendente abilità fra lecito e semi-lecito, corruzione e manovre occulte. Il risultato di 40 anni di governi DC è stato uno sviluppo devastante: speculazioni immobiliari con colate di cemento spaventose, un disastro ecologico purtroppo irrimediabile, un inquinamento che ha mietuto migliaia e migliaia di persone nei luoghi di lavoro e nel territorio (si pensi a Casal Monferrato, a Taranto, a Priolo/SR, a Gela, a Porto Marghera, a Quirra e ancora tanti altri luoghi). Boiardi di stato e notabili DC si sono mantenuti al potere o si sono riprodotti tanto quanto le famiglie dominanti parassitarie, come gli Agnelli, sempre a danno delle risorse dello stato e del sacrifico della maggioranza degli italiani. Invece i “giusti” come Olivetti, Mattei e altri sono stati eliminati o sono scomparsi senza che nessuno ne ha potuto riprendere l’esempio.
All’inizio degli anni settanta, il bipolarismo che domina il mondo va in forte crisi e l’autonomizzazione degli alleati sudditi delle due superpotenze sin dagli anni sessanta avanza. La Germania ci riesce acquisendo una forza economica che le rende sovranità malgrado la sua dipendenza militare dagli alleati dominanti. L’Italia si barcamena cercando di giocare fra autonomizzazione economica, intese con il mondo arabo e un po’ di ostpolitik e di europeismo, mentre il Vaticano gioca per conto suo scadendo però nel terreno minato degli affari con la mafia (vedi IOR con Sindona ecc.). Il CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) vuole incarnare tutto ciò, ma ovviamente fa male i conti con l’ostilità degli USA che reagiscono duramente al declino della loro supremazia e contribuiscono allo sfascio della DC e del PSI … ma anche del PCI.
Questa congiuntura è dovuta innanzitutto alla rivoluzione liberista, la seconda grande svolta nell’Italia del dopoguerra: è la fine dell’assetto economico, sociale, politico e culturale dell’Italia diventata paese industriale, una delle prime potenze economiche mondiali, il paese del compromesso storico “catto-comunista”, il paese con la più forte sinistra e con i più forti sindacati.
Il processo di destrutturazione è devastante e lascia solo aree dismesse, dei sindacati ridotti al lumicino, i partiti ormai totalmente estranei a una qualche base popolare, livelli di corruzione senza uguali fra i paesi cosiddetti democratici, un enorme tasso di economie sommerse sul PIL (+ del 35%), una riproduzione sistematica di neo-schiavi e della criminalizzazione razzista, un territorio sempre più disastrato e continuamente soggetto a catastrofi che danno la morte o la diffusione del cancro e di nati malformati.
La possibilità di approdare a un governo democratico (con Berlinguer e Moro) è sconfitta non solo dagli Andreotti, Craxi, Cossiga, Forlani & C., ma innanzitutto dalla trasformazione della composizione sociale che permette il trionfo della rivoluzione liberista (asservimento del bene pubblico ai privati in tutti i campi, compresi gran parte dei servizi segreti – come mostra emblematicamente il caso Telecom –, ascesa dei gruppi finanziari, erosione delle conquiste sociali, accentuazione dell’asimmetria di potere ecc.).
Il craxismo e i miglioristi del PCI e la parte peggiore della DC e dei partitelli minori (tutti fagocitati nel sistema di corruzione, clientelismo e affari loschi di ogni sorta – vedi i vari scandali e processi dal 1994 a oggi) hanno gioco facile e l’appoggio decisivo di chi deteneva il potere economico e del Vaticano (vedi caso, abbiamo il rinnovo dei patti lateranensi che avevano dato la benedizione al trionfo del fascismo). È anche decisiva la conversione neo-liberale da parte di intellettuali e dirigenti vicini al PCI, alla CGIL e anche di ex-sessantottini. Sono questi che non dicono nulla sulle conseguenze dello smantellamento della grande industria a colpi di delocalizzazioni a corta distanza o nei “paesi terzi”; anzi si esalta il modello Italia, i “distretti”, la “terza Italia”, il made in Italy.
Nulla si dice dell’enorme conversione dell’informale nelle economie sommerse liberiste con la proliferazione delle nuove schiavitù di bambini, vecchietti, intere famiglie e poi immigrati costretti alla “clandestinità” da leggi votate per prima dalla sinistra (vedi Turco-Napolitano e la sua evoluzione coerente nella Bossi-Fini e infine con Maroni: la sinistra fa 10 e la destra si sente in diritto e dovere di fare 100. Dietro questa conversione ci stanno i miti della flessibilità, della competitività, del produttivismo, del “più mercato e meno stato”, più libertà e meno “lacci e lacciuoli” e quindi “basta assurde distinzioni fra destra e sinistra” (Cacciari si diletta a dialogare con il teorico della destra europea, Alain de Benoist come con Ratzinger così come Violante dice che partigiani e i ragazzi di Salò sono uguali).
I padri di questa sinistra sono anche i santificati grandi intellettuali che sostengono le “guerre giuste” e la famigerata missione Arcobaleno (la guerra alla Serbia che secondo D’Alema è stata la “più bella pagina della storia repubblicana” e oggi Marchionne ringrazia: la Fiat delocalizza in Serbia con grande vantaggio).
Cosa diventa allora l’Italia? Un paese di padroncini e caporali che in “padania” come in Sicilia schiavizzano gli italiani meno fortunati e i “clandestini”, il paese di proprietari anche di tuguri che fanno i soldi affittando al nero ai disgraziati, insomma gli attori delle economie sommerse che fanno ingrassare i signori dei grandi marchi italiani e inoltre inquinano, producono rifiuti tossici ed evadono il fisco e i contributi sociali o trafficano rifiuti radioattivi con i loro amici delle mafie o dei servizi segreti che li esportano verso l’Africa o li abbandonano nelle navi a perdere.
Allora, chi ha prodotto oltre duemila miliardi di debito pubblico? È forse la maggioranza degli italiani che s’è arricchita a spese di questo debito? Oppure sono i padroncini e caporali e i loro rappresentanti politici insieme a quelle grandi famiglie come gli Agnelli alle quali destra e sinistra hanno concesso tutto, compresa la tranquilla possibilità di non avere alcun obbligo verso il paese?
Dopo il craxismo e dopo i patetici Occhetto e Trentin, cosa hanno prodotto i D’Alema, Amato, Veltroni, Violante, Treu, Rutelli, Prodi, Fassino & C. e il sacro presidente Napolitano? Chi ha favorito o ha permesso di consegnare il paese agli Scaroni, Colaninno, Guarguaglini e moglie, ai signori del Monte dei Paschi ai Berlusconi, ai leghisti, ai ciellini e a Monti? E infine, chi ha creato la situazione favorevole all’ascesa del pastore del gregge postmoderno di internet e al suo guru, guide di un gioco politico che conferma l’asimmetria di potere e l’impossibilità di una effettiva partecipazione al governo della res publica su scala locale e ancor di più su scala nazionale? Non sono queste i due principali ostacoli alla possibilità effettiva di cambiamento?
Sicuramente Boldrini e Grasso sono cento volte migliori dei vecchi personaggi e sicuramente sarebbe un bene che una persona come loro riuscisse a mettere in piedi un nuovo governo e che un’altra simile diventasse presidente della Repubblica. Ma, sarà possibile spezzare l’intrigo di legami che assoggettano l’attuale maggioranza del parlamento rispetto agli interessi delle cerchie finanziarie e dei padroni delle principali attività economiche del paese? Chi garantisce la sudditanza e l’impotenza rispetto ai diktat dei giochi finanziari a livello mondiale ed europeo?
La maggioranza della popolazione spera e dispera nell’impotenza di chi subisce asimmetria di potere e non riesce a trovare possibilità di partecipazione. È assai probabile che il M5S del web-pastore e del suo guru si sgonfi magari con l’emancipazione positiva di alcuni eletti. Ma all’interno della coalizione PD-SEL chi sarebbero le nuove speranze? Non certo i Renzi. E soprattutto a livello locale è possibile innescare una dinamica di partecipazione collettiva effettiva? È difficile non pensare che, per ora, la prospettiva sembra restare assai incerta.
(palidda, 17 marzo 2013)
Ho letto con molto interesse questo excursus storico sociale politico. Racconta ciò che è accaduto e forse è proprio questo il grande merito. Per ora non commento rifletto. E’ necessario passare questa conoscenza.