”Muor giovane
chi è caro agli dei.”
di Patrizia Gioia
E’questo che ho subito pensato venendo a sapere della morte di Mariangela Melato e, anche mentre sto scrivendo di questo, non mi sembra vero che non sarà più tra noi. Per poche persone ho provato questa strana sensazione, come se una giovane anima fosse portata via ingiustamente, troppo presto per il tanto che ancora poteva fare.
E aveva certamente tanta voglia di fare una come lei, che di anni ne aveva settantuno; ma chi glieli avrebbe mai dati? Lei così minuta e trasparente, con quegli occhi che spaccavano schermo e cuore, con quella voce capace di infiniti toni e dialetti e mai volgare.
Una milanese che sapeva davvero di Milano, di ringhiere e di nebbie, di scialletti di lana e di portinerie, di schiscette e sottoscala, di sarte e garzoni.
E’ di un sapere dove corpo e cuore sono inseparabili che sto parlando, di quel sapere che ci fa umani e senza tante maschere, quel sapere che non ha necessità di finzione, nemmeno a teatro, perché il vero attore, e lei lo era, non si mette addosso panni d’altri, ma si toglie tutto il superfluo per fra apparire quello che non vorremmo mai far apparire di noi, né dire, nemmeno sotto tortura.
Ecco perché la Verità la si paga con la pelle, ed è per pochi.
Mariangela mi aveva svelato quello che sentivo in me e che lei aveva già messo in vita:
sei unica e irripetibile, non confonderti, non imitare, non fingere: trovati!
E lei usciva dalla sua casa di via Montebello con i capelli blu, con quella pelliccetta fatta da sua mamma che come ogni vero milanese ripeteva tre volte le cose: se ghè, se ghè, se ghè, cosa c’è?
C’è cara Mariangela che eri una donna vera, una di quelle con cui gli uomini non ci sanno stare.
Loro, si sa, preferiscono le sottomesse, meglio ancora le finte sottomesse, quelle che gli fan credere d’essere domate e che li incartano su con un bel nigutin d’or.
E loro, gli uomini, non le sanno amare queste donne perché l’invidia è più forte dell’amore, ma le invidiano, oh come le invidiano, silenziosamente, vigliaccamente ne invidiano la libertà d’essere quello che sono e di rischiare la vita come loro non sanno fare, creativamente, appassionatamente.
L’hai fatto persino sul letto di morte – si dice così no? – fino in fondo Mariangela hai combattuto la malattia, ma mica andandoci contro, no, tu l’hai messa davanti a te e, sono certa, che le hai parlato in milanese e l’hai fatta ridere, come sapevi fare tu.
E’ per questo che ti ha presa subito e tutta, scritturata! ti ha detto. E come dire no a una parte così ?!
Grazie Mariangela, mi hai insegnato ancora qualcosa, è come te che vorrei saper morire. viva.
Patrizia Gioia
“i semi della gioia”
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