Già nel 2000, al convegno “Scenari sulla previdenza privata e pubblica” promosso da Mediobanca, la Fornero concordava con l’economista Franco Modigliani: “perverso” il sistema previdenziale obbligatorio pubblico, meglio che venga «completamente rimpiazzato dalla capitalizzazione». Sin da allora, secondo Barnard, la Fornero era un tecnico dichiaratamente in conflitto d’interessi con la Costituzione, che all’articolo 41 impone che l’attività economica sia indirizzata e coordinata a fini sociali. «Impossibile che gruppi finanziari con interessi speculativi per centinaia di miliardi e che rispondono solo agli investitori possano perseguire fini sociali». Inoltre, e ancor più grave – aggiunge Barnard – Fornero e Modigliani ammettono in quel consesso privato che l’auspicata riforma delle pensioni in senso privatistico «non solo peggiorerà per decenni i bilanci dello Stato», ma «questa catastrofe di impoverimento nazionale dovrà essere ripianata dalle famigerate Austerità delle tasse, che devastano il paese produttivo e i redditi». In altre parole: «Al fine di portare immensi capitali pensionistici nelle casse dei gruppi di capitalizzazione, Fornero già nel 2000 era disposta a causare l’Economicidio dell’intera nazione».
Oggi circola in tutti gli ambienti della previdenza integrativa privata, italiana e internazionale, l’ultimo rapporto del Covip, un organo di controllo nazionale delle previdenze. Che rivela fatti sconcertanti: a fine 2011, il totale investito nelle previdenze integrative private italiane era già di 90,7 miliardi di euro. Il 58% di questi contributi versati dai lavoratori è stato investito in titoli di Stato internazionali relativamente sicuri, ma il 42% rimane investito in finanza ed equities, notoriamente ad alto rischio. «Si sappia che solo nel primo anno e mezzo della crisi finanziaria – rileva Barnard – negli Usa sono scomparsi nel nulla 2.000 miliardi di dollari di pensioni sudate una intera vita dagli americani». Altra sigla sconosciuta ai più, quella di Mefop Spa, società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione, fondata nel 1999. Soci: Allianz, Intesa SanPaolo, Unipol, Generali, Unicredit. Missione della lobby: sviluppare la previdenza complementare, privata.
Oggi, rivela Barnard, il ministero dell’economia detiene la maggioranza assoluta delle azioni di Mefop Spa. Cioè: «I pubblici amministratori delle nostre vite economiche, tenuti all’assoluta imparzialità dalla Costituzione italiana, sono azionisti di maggioranza di una lobby di speculatori previdenziali privati. E non poteva mancare il solito nome: nel 1999, nel comitato scientifico di Mefop Spa sfoggiava lei, Elsa Fornero». Che, da allora, non ha mai allentato l’impegno per la privatizzazione delle pensioni, indebolendo la previdenza pubblica. Nel 2003 a Bruxelles presenta un dossier al Ceps, il Centre for European Policy Studies, gruppo controllato dalla American Chamber of Commerce e dalla City of London. Sponsor dell’evento: Allianz, con 392 miliardi di dollari in gestioni finanziarie, ed European Federation of Retirement Provision, che è la top-lobby delle pensioni integrative in Europa con 3.500 miliardi di euro in gestioni finanziarie.
Nel marzo 2010, continua Barnard, la Fornero è all’European Policy Center per la conferenza “Challenge Europe 2020”, dove sostiene, testualmente, che «il metodo più efficace per prevenire l’impoverimento della terza età è di farli stare di più al lavoro, sia riportando più anziani al lavoro che alzandogli l’età media pensionabile». Nei mercati del lavoro “flessibile”, per Elsa Fornero, «i redditi devono stare di pari passo con la produttività: crescono normalmente fino all’età media, e calano quando il lavoratore si avvicina alla pensione». Principi, osserva Barnard, che «rasentano l’incubo di un regime socialmente nazista: si auspica esplicitamente che l’anziano sia forzosamente riportato al lavoro, che gli si impedisca di godere del diritto al riposo e che, dopo una vita di lavoro per il paese, lo si penalizzi nel reddito in quanto non più macchina produttiva per il profitto, in una logica che lo deumanizza».
Oltre «all’abominio intellettuale di questa sicaria dell’Economicidio sociale», secondo Barnard si ravvisa l’ennesima violazione della Costituzione, che all’articolo 36 garantisce il diritto a una pensione equa e “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Ovvero: la Costituzione non ammette che, a parità di qualità e quantità di lavoro, vi possa essere una discriminazione di reddito in base all’avanzamento dell’età. Ma Elsa Fornero non demorde, e spesso compare al fianco di Assogestioni, la struttura di Domenico Siniscalco che arriva a gestire 974 miliardi di euro di investimenti. Al Salone del Risparmio dell’aprile 2012, con tutti i big della finanza presenti (nonché lettere di plauso di Monti e Napolitano), la Fornero rassicura il settore privato: «Qualsiasi lavoro finanziato da fondi pubblici è escluso», chiarisce. Problema: «Per i fondi pensione privati il bicchiere è ancora mezzo vuoto»? Niente paura: «Il governo farà la sua parte».
I gruppi finanziari sponsor e partecipanti a quell’evento, fa notare Barnard, assommano interessi di speculazione finanziaria che raggiungono una cifra impossibile da calcolare per via delle dimensioni inimmaginabili. Ad ascoltare le parole di Elsa Fornero c’erano Aberdeen, Bnp Paribas, Invesco, Eurizon Capital, Jp Morgan Asset Management, Pioneer Investments, Credit Suisse, Morgan Stanley, Pimco, Ubs, Fineco, Deutsche Bank, Natixis, Hsbc, Unicredit e molti altri, di pari stazza mondiale. E non è finita. Un mese dopo, i leader italiani della promozione finanziaria sono all’Unione Industriali di Torino: Banca Fideuram, Banca Generali, Finanza & Futuro Banca, Ubi Banca Private Investment, Assoreti. Tema centrale, “il contributo delle reti di promotori finanziari allo sviluppo della previdenza complementare in Italia”. In apertura, Elsa Fornero avverte: «Dalla riforma delle pensioni non si torna indietro».
E arriviamo al fatidico novembre 2012, con la massima assise mondiale dei fondi pensione privati, il World Pension Summit di Amsterdam. Sponsor planetari, che portano sul tavolo olandese interessi finanziari per un totale di 2.798 miliardi di euro, cifra di quasi mille miliardi superiore al Pil italiano, ma divisa in nove gruppi privati: Pensioen Federatie, Fidelity Worldwide Investment, Mn, Deloitte, Skagen Funds, Delta Lloyd Group, Adveq, Ing, Jp Morgan Asset Management’s. Elsa Fornero è fra i relatori, unico ministro delle politiche sociali: in quella sede, sostiene Barnard, la professoressa torinese «compie quello che è forse l’atto di ammissione più grave della storia della Repubblica italiana». In una convention a porte chiuse, la Fornero dichiara che le modifiche all’attuale sistema previdenziale «erano necessarie per compiacere i mercati finanziari, altrimenti ci sarebbero state conseguenze devastanti per il paese».
Giù la maschera, siamo alla capitolazione definitiva: «Lo Stato non esiste più, Monti e la Fornero lavorano per i mercati violando la Costituzione come mai dal 1948 a oggi». Per Paolo Barnard, «il colpo di Stato finanziario che ha posto definitivamente fine alla sovranità di Camera e Senato è una realtà», e pertanto «Giorgio Napolitano va messo in stato d’accusa dal Parlamento per alto tradimento». Semplicemente sconcertante, per il giornalista promotore dell’economia monetaria democratica formulata da Warren Mosler, che un ministro lavori – ormai apertamente – per dirottare sul mercato privato le pensioni pubbliche, come vogliono le potenti lobby da cui la stessa Fornero proviene. Barnard chiede che il “golpe” finanziario finisca sotto processo, cominciando da «due delle più indegne figure della storia democratica italiana», ovvero «la sicaria dell’Economicidio italiano e lobbista dei gruppi finanziari Elsa Fornero» nonché «l’ex comunista Giorgio Napolitano, già lungamente compromesso coi poteri forti del Council on Foreign Relations americano dagli anni ‘70». Dovranno «rispondere, a noi cittadini, dell’immane danno alla democrazia».