ll professor Monti è persona seria (dopo Berlusconi non è poco), ma basta una frase come quella detta ieri in televisione per rivelare come minimo i limiti della sua competenza. Lui non sa che vuol dire interrompere la monotonia del proprio lavoro con un licenziamento. Per cui dice sciocchezze che offendono e rivelano, se vogliamo andare oltre il minimo, un disprezzo di classe (si diceva una volta) che fa girare le scatole a chi si trova, giovani e meno giovani, nelle condizioni a lui sconosciute.
Per questo – tra sorrisi e pianterelli sberleffo della Fornero – non vede l’ora di rendere ancora più facili i licenziamenti, eliminando questo fastidio dell’articolo 18 o le spese della cassa integrazione, anche se è pagata da chi ne fruisce. Ma dobbiamo raddrizzare la barca, ridurre lo spread e far contenti i mercati e la Merkel. E pazienza se intanto rimane intatto il macigno dei costi e degli intollerabili privilegi dell’esercito di parassiti politici che continua bellamente a navigare nell’oro. Si sentono offesi da chi gli fa i conti in tasca e raccontano balle su tagli ai loro emolumenti, prendendoci per scemi. E’ il capitalismo fognario, bellezza, che abbiamo consentito di affermarsi in Italia.
Cosa pensa dice e fa Monti sulla monotonia di questi politici (parlamentari e no) che non hanno alcuna intenzione di cambiare nulla e continuano a rubare fette di vita agli altri, proteggendo vantaggi e ladri della loro casta? Non può dire e fare alcunchè, perché è più pulito ma appartiene alla stessa casta, che lo sorregge. E allora non resta che prendersela con chi è senza potere e non gli serve a nulla.
Adam Vaccaro
L’attuale drammaticità in cui è stato trascinato il mondo del lavoro, mercificato dal consumismo e dall’indifferentismo della ex classe media italiana al rango di vero e proprio “mercato” -ivi compreso lo sfruttamento del lavoro degli immigrati, quello della prostituzione femminile, quello del precariato occupazionale giovanile- impone un severo esame di coscienza prima di esprimere frettolosi giudizi di…pancia sui provvedimenti varati e allo studio del nuovo primo ministro Monti.
D’accordo che non ci si deve accumunare nel falso concetto di responsabilità generale per come sono andate…finite le cose e pertanto restare in passiva attesa e speranza della…purga.E’fin troppo evidente infatti che ci sono state e ci sono delle responsabilità specifiche che devono pertanto essere perseguite per ragioni di giustizia sociale e di riequilibrio distributivo.
Ma non per questo il severo esame di coscienza, individuale e di categoria, non deve scendere a colpire e a individuare i segni di ignavia, indolenza, passività di comodo, che hanno fatto da colonna sonora allo scempio del bilancio pubblico e del debito sovrano.
Questo sciame di consumatori ha permesso che l’offerta di lavoro per i nostri giovani istruiti e laureati di venti anni fa fosse tramutata in offerta di lavoro-consumo ( legislazione sui contratti a tempo determinato, che ha portato alla proliferazione di “posti-contratto” fino a 46-50 tipologie) e non di lavoro-crescita.E quel lassismo morale ha portato, anche attraverso la stupida contrapposizione con lo sfruttamento dei lavoratori immigrati, all’imbarbarimento al ribasso di tutta la classe lavoratrice considerata solo come consumatrice e quindi alle dirette dipendenze e ricatto delle imprese produttrici delle più varie facezie di consumo desiderato e non di consumo necessario.
Se cioè non ci si rende conto che si è caduti nella trappola del lavoro per il consumo e per il conseguente profitto di molti avventurieri in fatto di imprenditoria, non si è capaci di giudicare e di distinguere quale è il lavoro che porta la crescita, di cui il consumo è solo una condizione e non un fine.
Una linea di serietà sarebbe quella di pretendere una disciplina unitaria di base per i contratti a termine, munendoli di diritti e garanzie inderogabili che porteranno alla sicura “deforestazione” delle tipologie esistenti. Se ciò debba essere fatto in aggiunta allo Statuto dei lavoratori o con una apposita specifica legge è un opzione che spetta a chi ha l’obbligo di governare per il bene comune e la pace sociale. Ma la necessità di dare uno “statuto” al lavoro precario è la cartina di tornasole di una riforma per la crescita e non per un ricamufamento del consumo pro propitto.
Quindi pretendiamo regole per il lavoro-crescita perchè solo così si impedisce il gioco d’azzardo che la gran parte degli imprenditori accumulatori hanno fatto con i soldi ricavati dal lavoro-consumo. Solo così si creerà impresa buona, impresa cioè utile ai bisogni e impresa che avrà la necessità per la sua sopravvivenza di investire nel suo campo di ricerca e modernità e non in quello dei paradisi fiscali.
Tutti al lavoro.