Dopo la I Parte – vedi a https://www.milanocosa.it/saggi-poesia/il-jaccuse-di-adam-vaccaro-francesco-de-napoli – segue la
II Parte del saggio di Francesco De Napoli, dedicata specificamente Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia.
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IL SOFFERTO J’ACCUSE DI ADAM VACCARO
IN UN MONDO DI PERVERSI ANTROPOIDI
Francesco De Napoli
II PARTE
IL POEMA DELLA DISPERAZIONE E DELLA RIFLESSIONE “TRASMUTAZIONI – ALCHIMIE IN CAOSLANDIA”
Nel 2024 Adam Vaccaro pubblica una nuova raccolta, “gemella” di Google – Il nome di Dio. Si intitola “Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia”, nella quale le tematiche affrontate si presentano dialetticamente e strettamente collegate con quelle della silloge precedente, ma con accenti lirici che mutano impostazione e prospettiva. Il poeta ha scaricato nella raccolta precedente tutto il suo rancore, la sua ironia, il suo disappunto. Ora alla passione e al risentimento si affiancano, fin quasi a sostituirli, la riflessione e la ponderazione. Nella Postfazione, Gabriella Galzio parla di sistole e diastole della poesia di Vaccaro. L’autore è consapevole che la poesia deve sforzarsi di costruire, non di distruggere. Certamente è possibile edificare anche attraverso la satira più feroce, ed è ciò che Vaccaro aveva realizzato in Google – Il nome di Dio. Ma ora è necessario raccogliere le schegge infrante d’una realtà irriconoscibile, cercare di riunirle e armonizzarle per contrastare l’infinita varietà di spurie manipolazioni perpetrate in un mondo in liquefazione. Nota John Picchione nella Prefazione:
“Vaccaro è guidato da una poetica radicata nella consapevolezza che la disintegrazione temporale e la crisi dei grandi racconti, legate alla nostra tarda modernità, rappresentano due poli di una medesima condizione storica. Ne consegue una poesia che nel suo macrotesto mira a restituirci la possibilità di rielaborare un metaracconto dei nostri tempi e di avversare lo sbriciolamento e l’indebolimento delle versioni del mondo. (…) Al dissolvimento di un obiettivo umano diretto a medicare le ferite della Storia, Vaccaro propone mappe conoscitive, etiche e politiche per restituirci un orientamento e ravvisare segnali di liberazione.”
Come Google, anche Trasmutazioni è suddiviso in quattro Parti: Frane quotidiane – Cosa senza Nome; Pietre senza Luna – Nel macero della Storia; Sassi volanti – Davide senza Golia; Pietre miliari – Memorie e Visioni.
La Prima Sezione mette a nudo con uno sguardo non più giustizialista – ma sempre estremamente severo – i falsi miti della modernità, che poi altro non sono che le sciocche credenze in cui l’umanità affoga da sempre: dall’“altare del fuoco acceso” dei templi pagani e cristiani ai “deliri di conquista”; dal bruco di “Alice nel Paese delle Meraviglie” alla “Cosa” (è ancora la poesia?) “che carezza e consola” nonostante la latitanza dell’atteso “godot rimasto irridente nel nulla”; dagli “Eroi quotidiani” che si nutrono della “Cultura del brutto” al “Regno D’Io” da cui “s’alzano nere colonne/ di fumo d’anime consunte” sulle quali fluttua “l’ala gelida del male”, mentre “i cancelli del Cielo” hanno perso ogni credibilità e “arrugginiscono nel loro/ caduco arzigogolo”.
La Seconda Sezione tratteggia con superiore acutezza e senza eccessivo livore le macabre carnevalate di quanti “parlano di guerra come fosse / un torneo di calcio”, inoltre dipinge un ritratto nuovo di zecca del “Dottor Stranamore 2022” sulla cui groppa cavalcano “trionfalmente / allegri (…) ignari” – soprattutto incoscienti – ciurmaglie di invertebrati incapaci di vedere “in fondo la luce dell’Apocalisse”.
La Terza Sezione sembra rievocare in diverse liriche la primigenia saggezza dei filosofi e poeti presocratici, quel sapere istintivo e ingenuo su cui fu edificata la cultura dell’antichità classica. È l’insuperabile patrimonio di valori che per Adam Vaccaro è fondamentale per cercare di individuare l’originaria sapienza umanistica, e insieme scientifica, della storia della civiltà. Questo perché nell’Umanesimo delle origini era tenacemente radicata una componente esistenzialistica. Nell’antica filosofia greca l’osservazione e la meditazione sul significato dell’esistenza erano inseparabili da una concezione etica e umanistica del mondo.
Era un esercizio collettivo basato sull’osservazione della realtà che tendeva a ridimensionare le credenze sul mito per sviluppare un pensiero razionale, ancorato alla realtà antropologica e naturalistica. Ciò accadeva nonostante che i miti greci fossero l’espressione genuina, spontanea e diretta di quella cultura primordiale.
In un’epoca in cui la menzogna viene elevata a verità e la sopraffazione è la regola, il crollo di qualsiasi ideale positivo è un fatto compiuto e quasi irreversibile. Oggi i manipolatori del pensiero s’inventano a tavolino falsi miti (Harry Potter, Batman, Capitan America, ecc.) assolutamente sganciati dalla realtà concreta, che vengono imposti su masse composte da soggetti psicolabili.
In “Armi di distrazione” Vaccaro affronta la questione con tagliente fermezza: “(…) sei libero e felice di/ scegliere tra i/ mille canali/ dove/ affogare/ nel vuoto/ di ogni idea/ d’un pensiero/ drone d’una mano/ avida di telecomando/ tra supereroi e serialkiller/ poliziotti machi e criminali (…)”.
Ricordiamo che una delle maggiori opere filosofiche del Novecento, firmata da Jean-Paul Sartre, si intitola: “L’esistenzialismo è un umanismo”. È questa la vera Cultura che gli antropoidi del Terzo Millennio avevano ereditato senza minimamente apprezzarla né meritarla, ragion per cui l’hanno calpestata e rinnegata con colpevole faciloneria.
In questa Terza Sezione ci imbattiamo in “La Mano e il Sasso”, un distico perfetto. È un capolavoro di immediatezza poetico-creativa. Leggiamo: “nel volo di un sasso cogli la mano e/ nel suo brillio la memoria dell’acqua”.
Notevolissimo anche “Sassi e Scale”, un frammento poetico leggermente più articolato che si avvale d’una costruzione metrica più ampia, ma sempre racchiusa nell’orbita del discorso precedente: “Se un sasso/ ferisce il tuo passo/ tu fanne canto momento/ e moto teso a un salto più alto”.
Cosa intende dirci Vaccaro attraverso versi così scabri e nudi? Le immagini del “sasso” e dell’“acqua” simboleggiano la primitività dell’essere e della nostra stessa vita. Il poeta lancia un segnale preciso: la prospettiva di un “salto più alto” si pone come umile auspicio, esortazione al recupero degli strumenti primordiali e antichissimi che consentirono all’umanità di progredire. È illusorio pretendere di spingersi oltre utilizzando meccanismi informatici sempre più sofisticati. Il pianeta Terra non è in grado di sostenere ad oltranza l’attuale sperpero di energie e di risorse al servizio di un consumismo sfrenato che sta appestando terra, aria e acqua, e da cui trae beneficio una piccola cerchia di privilegiati.
La Quarta Sezione rappresenta l’epifania finale. È un affranto j’accuse appena mormorato, l’estremo e sommo canto di decantazione del perenne incubo/sogno del quale gli esseri umani sono, ad un tempo, gli artefici e le vittime. È la condizione comune di fatale alienazione che lega indissolubilmente passato, presente e futuro, minando alle radici il raggiungimento d’un vero e duraturo progresso civile e culturale. La poesia intitolata “Trasmutazioni” – che dà il titolo alla raccolta – chiarifica i legami, e insieme le fratture insanabili che avvinghiano eppure dividono – in maniera sempre più folle e stridente – l’impasto di allucinazioni, ambizioni e angosce da cui l’umanità è morbosamente affetta. Scrive Adam Vaccaro:
“La vita è a volte così amata, amore mio,/ che ti versa qui gocce di falsodolce/ di prove di miracoli folli di/ trasmutazioni d’alchimista/ alla ricerca di nomi a cose esistenti/ così resistenti, ma solo in sogni d’Icaro/ d’ali impossibili d’umano”.
In questi versi troviamo tutto ciò che conta veramente, vale a dire la condanna di qualsiasi chimera e superstizione, dai miracoli su cui è costruito il potere temporale delle gerarchie sacerdotali alle moderne ali d’Icaro (le astronavi di ultima generazione) di cui magnati come Elon Musk intendono dotarsi per dominare non solo la Terra ma l’intero Universo.
Alle sfrontate e grandiose messinscene che i potenti di turno danno in pasto a un servitorame sempre più inebetito, il Poeta contrappone alcune sequenze di vita vera forse possibili ancora per poco: l’apina che “volava felice di fiore in fiore” pur temendo il ronzio del calabrone che la inseguiva; il piccolo Pierino che “tra pozzanghere e ciuffi d’erba/ (…) credeva/ ancora in quello che vedeva e sentiva”; infine “quei tram verdi/ degli anni sessanta, sogni di una libertà/ priva di colori (..)/ bastava quel verde/ un po’ serioso e composto come la speranza/ che cresceva forte in noi (…)”.
Siamo di fronte a memorie struggenti di vita vissuta che si mescolano con i flash apocalittici d’un presente surreale ed estremamente funesto. È ormai indubitabile che il genere umano – malato di una “illusione resistente di immortalità” (in “Verginelle”) – ha toccato il fondo: “Sta cambiando la terra sotto i piedi / Fratello”, leggiamo in “Frantumi”.
Adam Vaccaro non ha perso, tuttavia, l’ultima speranza. Egli si rivolge a sé stesso – e nel contempo ai “piccoli uomini-zattere” di Caoslandia –, levando una folgorante supplica che è anche un monito. L’umanità rischia di estinguersi e insieme con essa la vita sulla Terra, ma ancora esiste una minima possibilità di salvezza.
Questa speranza di salvazione potrà venire soltanto grazie alla Cultura e alla Poesia, cioè grazie ai supremi valori dell’Umanesimo. In un giorno non lontano, forse, il terrore d’un universale flagello darà voce a “parole che non sai/ se scendono o salgono lucide come/ attesi sapienti inascoltati nel loro canto (…)” (da “Perle”). Saranno rinnovate “perle sapienti di salvezza”, poiché a parlare sarà l’innocenza e il candore dei poeti, da sempre umili e dimessi come “anime accese fuori/ dalle cloache (…) tra cielo e terra” (da “In questo Fiume”).
Per un mondo di fratellanza e di pace.
Francesco De Napoli
Cervaro, Marzo 2025