Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Serena Piccoli
Inediti
Poenta Tocio e Pulci
Con nota di lettura di Adam Vaccaro
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Nota di poetica
La poesia POENTA E TOCIO è stata scritta nell’ottobre 2023, dopo aver passato una sera ad ascoltare i racconti d’infanzia di Angelina, cara amica (classe 1943), che sin dalla nascita vive nella campagna padovana. Padovana anch’io, sento racconti di povertà vissuta dopo la II Guerra Mondiale, quali testimonianze e spunti di riflessione rispetto i problemi attuali.
Le altre due poesie, invece, sono state scritte il primo e il due novembre 2023 e sono il frutto di pensieri di questi ultimi anni. Ci sono decine e decine di guerre nel mondo: in questo momento la Siria continua ad essere bombardate, giovani ragazzi su campi ucraini tornano a casa nelle bare, Gaza – un lager a cielo aperto di 2.3 milioni di persone che, come diceva Edward Said negli anni 70, sperimentano “la lenta morte” – è circondata dall’esercito israeliano. In Sudan la crisi umanitaria è sempre più grave con 6 milioni di sfollati. Julian Assange ha svelato a tutti noi le ingiustizie e violenze delle classi al potere negli USA con le guerre in Iraq e Afghanistan e per questo è rinchiuso – senza processo – in carcere.
Vi sono classi dirigenti che – nelle situazioni più rosee – hanno dilettanti allo sbaraglio, una Unione Europea che non ha indipendenza né autorevolezza, con mass-media asservite. Minoranze etniche e linguistiche vessate e schiacciate anche in territorio europeo da anni.
Davanti a tutto questo non ci sono parole. Che fare? Siamo condannati solo a ripetere a memoria con intonazione monotona – come nella seconda poesia – ciò che i fantasmi delle pulci ci ripetono? O dobbiamo avere parole, nostre parole – almeno quelle! – per comunicare e prendere coscienza Il mio compito come poeta, è quello di puntare il dito contro gli errori che fa il mio paese e “la parte” del mondo con cui è schierato.
Serena Piccoli
POENTA E TOCIO
all’amica Angelina Betto
6 vacche coi vitelli, 5 maiali, tanti campi
e sta bimbetta sulle rovine
Eravamo in affitto dal conte
perché la guerra ammazza i poveri, non i ricchi
e fa lavorare i bambini
A San Martino il conte batteva cassa
vendevo paglia, fieno, latte per pagare l’affitto
Spanna il latte
metti la panna nel fiasco
e sbatti
finché dentro diventa burro
di malinconia e allegria
Quanto battevo sto burro nel fiasco
pensando a Candido che passava – forse –
a prendermi in bici per la sagra
il vestito da festa ballava e puzzava di formaggio
la brezza dei campi, l’umido della libertà
il mattino dopo via in cucina
a fare il cibo giorno per giorno
pane burro zucchero latte
a colazione e a cena
non c’era altro
Angelina, metti il burro e il brodo col lesso nella scatola di legno
le campane scandivano il sole
e io ponevo la scatola di legno
sotto la pompa dell’acqua gelida
Per ricompensa la mamma mi faceva i tajoi
fino alla morte
sta crema con zucchero sopra che era il paradiso
mentre mescolava ricordava le nozze nel ‘42
in carrozza alla basilica del Santo
Il venerdì vendevo 10 uova per due etti di sgombro sott’olio
La tavolata grande come la nebbia
la polenta sul panaro la tagliavi col filo e lo sguardo
Poenta e sgombro, tutti assieme
tocia ea poenta e magna un toco de sgombro
tranne la mamma che mangiava solo polenta
La domenica, finalmente, uscivo con Candido.
A pranzo poenta e tocio. Puntuale come la fame.
La domenica, finalmente, uscivo con Candido. A pranzo poenta e tocio. Puntuale come
la fame. Parcheggiava la bici nel momento in cui mangiavamo i bussolà.
Quella bimba mingherlina tra compiti e formaggio
da vendere e da tenere per l’inverno
mentre il papà andava in bici in Lombardia e Piemonte
alle risaie per due mesi
per tornare con un sacco
di riso e fame
Abbiamo tanto lavorato
Abbiamo tanto pianto
Adesso sventolano giorni sereni
dopo che la povertà mi ha sfidata
perché la vita
na volta xè da latte
e na volta xè da ovi
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SALVIAMOCI DA CHI DICE DI SALVARE IL MONDO
Il potente fa la lotta al male
il potente fa la lotta per il bene
viva il potente viva il potente
non è peccato uccidere animali umani
poiché privi di anima
è il potente, noi gli crediamo
poi come fosse niente
vince la lotta
perde il popolo
e noi gridiamo:
viva il potente viva il potente
1.11.2023
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I FANTASMI DELLE PULCI
Mi hanno fatto vivere in un’adorabile illusione
dove a colazione mangiavo burro e ortica
davanti a me sorseggiavano la zuppa con sospetto
col divide et impera in mano
Mi hanno iniettato il veleno dell’estasi
credevo a ciò che dicevano
tenevano aperti orecchi e occhi
per evitarmi i pidocchi, certo
non muoverti\non parlare
muoviti e parla come dicono
come non ha fatto Assange
che ha dato e non verrà scordato
che tengono vivo e morto come il gatto di Schrödinger
E mentre corrompono e si nascondono
ci temono
tremano
sputacchiano il brodo grasso
siamo i loro intralci
pavimenti sollevati da radici
per vedere la fine
dei fantasmi delle pulci
2.11.2023
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Nota Bio
Serena Piccoli, poeta e drammaturga padovana. Scrive in italiano e inglese soprattutto contro le ingiustizie sociali. Il suo ultimo libro di poesie “gulp\gasp” è stato pubblicato nel settembre 2022 da Moria Poetry (Chicago, USA). Le sue poesie sono state tradotte in rumeno e spagnolo e pubblicate in riviste e antologie letterarie di ogni continente. Viene invitata a Festival di Poesia. https://www.serenapiccoli.com
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Nota di lettura
Ponti di parole tra passato lontano-vicino e presente. Figure e scenari che li incarnano. La nostra identità che chiede di essere costantemente ripensata, ricostruita e rinnovata, per poterne fare un ponte su cui far transitare la nostra vita. Che non è vita se non si interconnette alle molteplicità e complessità passate e presenti. Per fare che? Per continuare semplicemente a essere, degni di essere vivi di fronte alla vita, e non già ombre illusorie di vita, come coloro che si fanno inondare passivamente dal diluvio di cose, violenze, illusioni e menzogne della potente macchina sociale e massmediatica della struttura economico-finanziuaria del capitalismo globalizzato.
Che fare, se non è morta in noi la capacità di articolare una visione altra e un pensiero critico, quali pedane per riaffermare il bisogno di un futuro diverso? Questi versi di Serena Piccoli, si collocano in tale doloroso, duro e resistente bisogno, anche se come dice nella sua nota di poetica “Davanti a tutto questo non ci sono parole…Siamo condannati solo a ripetere” noiose lamentazioni, o “dobbiamo avere parole, nostre parole – almeno quelle! – per comunicare e prendere coscienza, senza la quale si eternizzano le barbarie del presente e non è possibile immaginare quel futuro che non vuole rimanere patetica utopia.
Serena Piccoli, partendo dalla vita di Angelina, eroina dell’epica ignota del reliquiario del poco, dei milioni sopravvissuti alla fame con “poenta… e toco de sgombro”, o simili. È una immagine rievocata con efficacia, accentuata da opportuni inserti di lengua padoana, che ci immerge in un orizzonte veneto, specifico e simile a molte altre aree della società contadina del secolo scorso.
Ma questo squarcio di memoria, rievocato con una affettività partecipe di chi ne è stato testimone, non ha alcun lucore nostalgico. Serve però a far brillare la dignità del personaggio, rispetto alle miserie umane che le armate delle magnifiche sorti e progressive del presente producono come danni collaterali, ignorate dall’orchestra imponente dei mass-media.
Serena, ricorda le illusioni di Angelina, “Abbiamo tanto lavorato/ Abbiamo tanto pianto/ Adesso sventolano giorni sereni/ dopo che la povertà mi ha sfidata”, cui contrappone il sarcasmo della sua nuova coscienza: “Mi hanno fatto vivere in un’adorabile illusione, mentre veniva ancora e ancora rinnovata “la zuppa…col divide et impera in mano”, e spacciati gli evviva de “Il potente fa la lotta al male/ il potente fa la lotta per il bene/ viva il potente viva il potente”.
Un potente che non sopporta chi dice la verità, come “ha fatto Assange…che tengono vivo e morto come il gatto di Schrödinger”: “siamo i loro intralci/ pavimenti sollevati da radici”. “Aperti orecchi e occhi”, non facciamoci ridurre a “fantasmi delle pulci” dell’inferno contemporaneo, dai suoi cantori, che urlano dal palco “vince la lotta”, ma sordomuti poi se “perde il popolo”.
Adam Vaccaro
Una voce forte quella di Serena Piccoli, che apre gli occhi sulle storture e su dolore del mondo: Angelina, le illusioni perdute, calpestate dal divide et impera dei potenti. Una scrittura che sa, anche con ironia, lasciare il segno graffiare la scorza dell’ indifferenza per dirci umani e liberi. Grazie Serena !
Mille grazie, Fabia! Il tuo commento mi fa molto piacere, grazie!
Serena
Caro Adam, grazie mille per la splendida nota poetica e per l’opportunità di condividere con chi legge queste mie ultime e inedite poesie. Grazie a tutta Milanocosa per il gran lavoro che svolgete.
W la Poesia!
Grazie a Serena e a Fabia, per i riscontri dati e le note di condivisione, certamente utili ai lettori
Adam
Poesia civile di ferma e attenta denuncia questa di Serena Piccoli, mai scontata o banale, capace di individuare anche nei minimi dettagli della quotidianità – come nei versi “davanti a me sorseggiavano la zuppa con sospetto / col divide et impera in mano” – l’assurdità dei soprusi e delle ingiustizie del mondo.
Grazie mille, Francesco. Apprezzo molto che abbia letto e lasciato questo bel commento. Grazie ancora.
el tocio lascia unto .. macchia .. irrancidisce .. la polenta si può spiaccicare su certe facce ..pure col tocio !?! Serena con freschezza tagliente racconta tiene memoria guarda ascolta .. i suoi versi con un sorriso seppelliscono la boria smargiassa del potere ..sono fastidiosi granelli di sabbia .. piccolini .. ma Serena Piccoli con la sua poesia attenta e fine non le manda a dire ..e senza diventare ombelicamente nell’Italietta poetante ..
Grazie Abbracci
sandro sardella
La poesia di Serena centra dritto il bersaglio nell’evocare sapori odori e parole della tradizione veneta ormai mondo lontanissimo e nel raccontare senza filtri l’odierna crudeltà della norma, il processo di ottundimento delle coscienze e i fantasmi che s’aggirano per le nostre contrade. Riuscire a raccontare la violenza nascosta del vivere con parole autentiche è la cifra della sua poesia, limpida, disincantata, ma al tempo stesso coraggiosa e ardente.