A Giancarlo Majorino

Pubblicato il 25 maggio 2021 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Ospitiamo con gratitudine le parole che seguono di Angelo Lumelli, dedicate – tra memorie e riflessione critica –  al comune amico e poeta appena scomparso. E mi riservo di dedicare al più presto a Giancarlo una pagina di Milanocosa, con contributi e testimonianze di alcuni di coloro che più hanno avuto con lui – come persona e presenza di rilievo nel panorama della cultura milanese – scambi affettivi e occasioni di stimoli creativi.

Adam Vaccaro

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Per Giancarlo Majorino – Da Angelo Lumelli

Caro Giancarlo, noi, comunque, continueremo a parlarci.
Era questo che volevi con i tuoi versi, lasciati con un lato scoperto, come un’imperfezione astuta – così che siano rivolti verso il mondo da cui provengono, come una continuazione o un voltarsi indietro, per chiedere conforto, compagnia.
Tu non sei stato il poeta dei finali, improrogabili, da imparare a memoria – sei stato il poeta del continuo, dell’intermedio, dell’inconcluso, dell’interminabile – ciò che, da un punto di vista un po’ eretico, potremmo chiamare l’infinito, che non finisce perché passa di mano, con rilanci – come a palla avvelenata, a poker – “ci passiamo tutto con modificazioni” l’hai scritto tu, è un tuo verso.
Sei stato maestro dei moltiplicatori, sapendo che la quantità non è un sovrappiù, ma un ambito sacro, in mano ai viventi – significativi, significanti – un patrimonio comune, da perlustrare, per esteso, nei punti più remoti, rintracciando le parole, i gesti.
Tu hai avuto la forza di dire e di farti dire, mettendoti nella posizione di destinatario, oggetto della tua stessa lingua – passività geniale.
Nel grande panico del pensiero del novecento, hai avuto il coraggio, spericolato, dell’affermare, hai praticato il dovere della positività.
Sembrava – qualcuno l’avrà pensato, l’avrà detto – che l’affermazione fosse un atto di salvaguardia, dolcemente totalitario, preventivo.
Su questo tema avremo da discutere a lungo, per anni – a nome tuo, osando – poiché il positivo è un fattore tragico, resistente, un principio di attrito – come già nei miti, ora nelle cronache.
Penso che abbiamo avuto da dire su questo tema – tuttavia ci siamo incontrati, come in una gag comica, incrociandoci su quel cammino – tu andavi ad affermare, io scappavo nell’opposto.
Ma quando seguo il vacillare dei tuoi versi, il parlato che sta sotto le righe, il loro orgoglio, il loro balbettare, allora non ho più niente da opporre – vedo che non ti ripari nell’atto del dire – profeta, falso sacerdote gettato tra i viventi per dirla con Hölderlin – ma che ti scagli sulle parole, mite scotennatore, aizzando sillaba contro sillaba, affascinato prigioniero della lingua.
Quel tuo martellare parole e grammatica significa – io penso – che la poesia non sia luogo ma transito, non dimora ma perpetuo atto del respiro, che deve invertire di continuo il proprio moto.
In quanto atto del respiro, la tua poesia è sempre al presente, è detta a voce prima di essere messa per scritto: essa è vivente perché respira, s’inceppa, si riprende. A ciò sembra alludere lo stesso titolo del tuo poema “Viaggio nella presenza del tempo”.
Caro Giancarlo, nella tua poesia sembra depositarsi il linguaggio corrente, il sentimento comune – nessuna frattura sembra ostacolare questo arrivo sulla pagina, attrezzata preventivamente, attraverso un grande artigianato del convivere, con composizioni di simili e dissimili, utili colluttazioni, dietro interni con finestre.
Tuttavia tu non sei mai stato la carta carbone dell’accadere – ti sei trovato davanti la lingua, tua alleata, tuo ostacolo – lì si vede il tuo lavoro, il ricavo di conoscenza, di emozione. Sei stato un grande sperimentale, un coraggioso – ma anche un poeta epico, con un passo lungo, a volte svagato, appositamente, alla ricerca di ultimi splendori tra i cascami, raccoglitore di attimi, affinché nessuna particella di tempo si perda, i famosi minuti e secondi, per arrivare alla fine. Di tutto ciò e di ben altro continueremo a parlare con te.

Angelo Lumelli

2 comments

  1. Francesco De Napoli ha detto:

    Un “affascinato prigioniero della lingua”, uno scultoreo, splendido ritratto di Giancarlo Majorino. E forse sarà questo il futuro della poesia, dell’intera cultura globalizzata eppure parcellizzata.

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