Il gesto della parola e la performance della voce
Nicola Frangione
La riscoperta del valore del corpo nella voce non è nuova ma mi permette di considerare da un punto di vista emozionale ed espressivo la nuova Performance/Poetica, ed anche l’evoluzione di essa nella mentalità contemporanea, nell’ottica dell’integrazione dei linguaggi e della comunicazione artistica.
Da molte parti non si dà spazio a queste ricchezze umane se non nella loro spettacolarizzazione: ma esse si infiltrano un po’ dappertutto, attraverso l’animazione di gruppi dinamici e l’attivazione di laboratori (performances, teatro, danza) per giungere ai più recenti esperimenti di terapia con l’arte, in forma di monologhi e performances innestate sull’analisi della conoscenza di sé e del sé.
È grazie a questo bagaglio di approfondimenti teorici, di esperienze estetiche e di laboratori di produzione che si configura la mia ricerca artistica: essa viene considerata vuoi come arte totale, vuoi come poesia sonora, poesia fonetica, Action Poetry, Performance-Art.
Negli ultimi quarant’anni, grazie al lavoro personale o coordinato con quello di molti artisti a livello internazionale, hanno visto a luce e si sono sviluppate intense performances e monologhi di Action-Voice, funzionali alla conoscenza e allo sviluppo di essa: provenienti da differenti realtà geografiche, questi lavori sono state accolti e rappresentati in diversi Festival Internazionali di nuova drammaturgia, visualità, sonorità e pensiero in movimento.
Questo meccanismo costituisce per me una continua e progressiva presa di coscienza, non tanto il frutto di una strategia studiata. Dal 1973 gli eventi che promuovo e organizzo nel contesto di manifestazioni artistiche interdisciplinari o al Festival Art Action di Monza o in altre iniziative e spettacoli sparsi in tutto il mondo nell’ambito della mia attività, hanno condotto ad una crescente valorizzazione della performance-art e ad un sempre più organico e attento apprezzamento dei suoi sviluppi.
È nella comunicazione interpersonale che si evidenziano in primo luogo le valenze della corporeità e della voce. Più la si sperimenta, più queste sono apprezzate nel loro portato di novità e pregnanza.
Non si pretende di spiegare o giustificare ogni cosa con la sola ragione interpretativa. Occorre lasciar spazio anche all’immaginazione, al differente e al mistero. Il pubblico sa riconoscere l’importanza di un approccio esistenziale, percepisce l’energia trasferita e apprezza anche le dosi di imprevisto e di spontaneità poetica. È su queste premesse che nelle mie performances i testi vocali si possono tagliare, cucire, spostare, rendendosi disponibili a differenti significati come vera e propria costruzione musicale. Non si tratta tanto di testi cantati sulla musica, ma di testi come musica significante; una sorta di testi decontestualizzati, dunque, in sinergia con vari contesti di spazio espressivo, che accolgono e integrano il visuale, il visivo e il sonoro in un unico con-testo.
Mai come gli ultimi decenni ci hanno fatto prender coscienza dell’immenso ritardo nello sviluppo e nell’integrazione del CorpoVoce. Arte e psicologia hanno un ruolo indispensabile, sia per la comprensione sia per lo sviluppo della personalità nella sua interezza. Non si può ignorare il corpo, coscienza di sé e del nostro spazio totale: ma questo si può ottenere solo attraverso la riscoperta del proprio CorpoVoce e della propria gestualità.
Riappropriandomi del CorpoVoce e di tutte quelle realtà che in esso hanno radice, dentro il sé e fuori del sé riconquisto le emozioni, i sentimenti, le intuizioni, la spontaneità. Come nel parto, la donna, riappropriandosi del corpo, porta a buon fine la sua gravidanza, così, per spontanea similitudine, il CorpoVoce è inteso come un tutto dinamico e vitale.
Noi siamo come un sismografo sensibile: il nostro organismo può registrare uno stato di tensione che a volte esalta e a volte inceppa le sue funzioni essenziali di organo motore e strumento per la comunicazione interpersonale. Si tratta di passare dal sistema dell’avere a quello dell’essere, dal corpo oggetto al corpo vissuto, dallo stupefacente apparire allo stupefacente essere.
Nel corpo che parla noi riusciamo ad allentare il dominio della logica discorsiva e astratta, ci accorgiamo che anche la voce ha un proprio modo di pensare. E nelle performance non è mai obbiettivo come una macchina, per quanto sofisticata: è il luogo dove risuona con il corpo nella totalità. È nel proprio corpo e attraverso di esso che l’essere percepisce il reale. È a partire dal corpo che con la voce si stabilisce il linguaggio primordiale, dividendo il tempo e lo spazio. Da qui la sonorità nasce, vive e si espande: in alto, in basso, in avanti, indietro, a sinistra, a destra, prima, durante e anche dopo la performance.
Il CorpoVoce in movimento fonda in certo modo pensiero e linguaggio. Per muovere ed evidenziare la ricchezza del gesto e il suo ruolo fondatore di lingua originaria. Il pensiero nel gesto della voce non ha idee pure: ogni coscienza è gestuale, ogni giudizio è interazione.
Nell’essere, l’intelletto agisce attraverso i sensi, la realtà colpisce il suo corpo ed egli interviene sulla realtà segnandola con la forza espressiva dell’intero suo essere.
Ciascuna fase di ogni interazione è sempre fremente dell’una o dell’altra di quelle innumerevoli irradiazioni affettive che a giusto titolo vengono chiamate emozioni o “mozioni” emergenti dal profondo.
Ascoltare il proprio corpo o quello degli altri accompagna l’essere nel suo desiderio di capire e costruire legami della comunicazione. Le esperienze del corpo sono sempre coinvolte in una comunicazione interpersonale anche quando sono negate o costrette.
La nostra voce investe il corpo con il carattere testuale del vissuto un attimo dopo e dimostra che sta cambiando la percezione stessa del suo ruolo: non è facile prevedere se questi elementi di evoluzione sfuggiranno a un tentativo di recupero nel percorso di crescita individualmente collettiva, verso una maggiore creatività e autonomia poetica, in una prospettiva di apertura agli altri. Occorre stare accorti.
Nicola Frangione
Monza – gennaio 2010