Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Leila Falà
Poesie inedite
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Nota di lettura di Laura Cantelmo
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Nota poetica
Seguendo un consiglio di von Hofmannsthal, nel mio lavoro tendo a voler nascondere la profondità nella superficie. È la possibilità di parlare un linguaggio quotidiano, leggibile, che possa suggerire una profondità senza apparentemente volerla dichiarare. Sarebbe bello saper parlare a tutti e che la poesia potesse essere letta negli stadi. Ma la poesia che noi conosciamo e che sappiamo fare non è per tutti, è complicata, complessa, è ricercata. Ma di certo non ricerca un nesso con il grande pubblico. Forse spesso non è neanche interessata ad averlo. È dedicata in genere ad altri, molto simili a noi, a nicchie di ascoltatori che ci costruiamo.
Ha lasciato quel terreno di gioco ad altre forme, alla canzone, per esempio. O forse alla pubblicità.
La stessa cosa è successa col teatro, il teatro di ricerca e forse anche con altre Arti. Mi accontento quindi per ora di dire ciò che posso, di farmi spazio con la leggerezza che riesco a trovare, rimanendo tra le parole in uso. Cerco magari lo scarto, l’ironia che serve a stare nella doppiezza della realtà. E suggerire il resto, il profondo, a volte ineffabile, come la vertigine che ci assale quando osserviamo piu attentamente l’umanità e le cose.
E quanto accade loro.
Leila Falà
Banale
Banale quotidiano
accatastato sul foglio
normali pensieri
stesi ad asciugare
ammassi consolatori
pasta ai pomodori.
Lasciami vivere oggi
e crogiolarmi in parole comuni
Il cielo è azzurro,
l’amore è blu.
*
Non una poesia
Questa non è una poesia.
Non ne possiede il ritmo
l’afflato di immenso
il distonico accorato dissenso
la scoperta di come strida
ogni cosa odierna eppure si condivida.
Non contiene alcuna verità o principio
e naturalmente neanche la fine.
Men che meno sarà un mezzo
quindi non è giustificata .
Non è che fumo di finzione
eppure non è del tutto un gioco.
A volte appare un senso
ma sfuma dopo poco
e non trattiene, è ovvio, l’oggetto
da cui si originava.
E infatti questa non è una poesia.
E non è neanche una pipa.
*
Langue
L’oca langue
langue d’oc
lingua d’oca
batte qua e qua
sguazza e gioca
evoca cantori
e rifà il verso
poi si basta e s’acquieta.
Lingua scritta
in punta di penne
ad ingannevoli equazioni
sussurra dis-soluzioni
senso e dissenso
leggera si eleva
e leva il torpore intenso
di abusi mediatici di senso
da lingua diva televisiva
finta oca che gioiva giuliva
ma illanguidiva e ti seduceva.
Lingua di piuma
che O-de Saussur-ra
e si fa fioca
che eroica si batte
ma è sola e poca
senza stupire starnazza
povera lingua.
D’altra parte è d’oca
perciò stupidamente ora langue.
Così la penna.
*
Post
(riflessioni sul tempo che passa o a posteriori o postali, un giorno postume)
Ti scriverò dopo il post.
Ma se il post è “post”, sarà dopo.
E “dopo il post” quando è?
Si direbbe mai.
E dunque scriverò o no?
Forse, a posteriori.
Oppure ti scriverò prima
del post.
E prima del dopo, quando è?
Non può essere che subito
perché subito dopo arriva già
il dopo.
Ma se prima è subito e dopo è mai
quanto è lungo questo post?
Troppo.
E qui lo chiudo.
*
Certo
E certo il molto si sospende
tra la superficie e il fondo
galleggia nel precipitare.
Io provo, prendendo la parola e strofinando
dandole un verso e poi
trascinandola di qua e di là fino a sversarla,
fino a portarla del tutto in là
per un significato, certificato di esistenza.
Non suo certo, che lei esisteva già
a prescindere
ma mio ovviamente.
*
Nota biobiblio
Leila Falà, attrice e poeta. Nata ad Ancona nel ‘56, vive a Bologna dove lavora all’Università. Si è formata al Dams con Giuliano Scabia e alla scuola di Teatro Galante Garrone. E’ tra le fondatrici del CDD -Centro Ducumentazione Donne, di Bologna, ha collaborato lungamente con Radio Città del Capo di Bologna, ha lavorato come attrice per quasi 10 anni con la cooperativa bolognese Il Gruppo Libero, e come poeta ha fatto parte del “Gruppo 98 poesia” di sole donne. È nella redazione della rivista “Voci della Luna”. Ha iniziato a scrivere poesia tardi, attorno ai 50 anni e ha pubblicato le raccolte: “Oggetti” in “E’ negli oggetti che ti ricerco” (Mantova, Corraini 2013) con la prefazione di Niva Lorenzini, “Mobili e altre minuzie” (Udine, Dars 2015), che ha vinto, tra gli altri, il 1° premio del concorso “Elsa Buiese” 2015 e il “Premio Paese delle Donne 2016, Poesia edita”, l’e-book “Certe sere altri pretesti” con Il sito la Recherche, 2016, e ha curato l’antologia “Della Propria voce” (Bologna, Qudulibri 2016) che contiene anche una sua silloge. Ha scritto anche per il teatro.
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Nota di lettura
“E certo il molto si sospende/ tra la superficie e il fondo/ galleggia nel precipitare”.
È aforismatica questa dichiarazione di poetica con cui Leila Falà dà conto della sua scrittura. In controtendenza rispetto alla fiumana di versi che ha invaso la scena letteraria di questi ultimi decenni, la sua poesia si propone di far emergere dalla immediatezza comunicativa del verso il pensiero che ne sta all’origine. Un rifiuto dell’uso del linguaggio criptico frequente tra i contemporanei, che relega la poesia – come il teatro attuale, dice l’Autrice stessa – entro una nicchia per addetti ai lavori, a loro volta costretti a uno sforzo di comprensione e di adesione all’aria del tempo.
La scrittura poetica che abbiamo conosciuto nell’ultima parte del secolo scorso – per brevità ed estrema sintesi, la “parola innamorata” – pur volendo essere nuova, nella sua oscurità tendeva a rispettare i canoni del Novecento, benché già sconvolti dalle torsioni lessicali e sintattiche delle precedenti avanguardie. Una forma di libertà che si basava su di un autocompiacimento narcisistico e rendeva spesso ardua ogni possibilità di comunicazione. Da quell’esperimento si sono poi distaccati diversi poeti che ricordiamo come esempio e come riferimento, avendo essi elaborato espressioni meno concentrate sul proprio Io e rivolte a una più concreta relazione col pubblico, a uno sguardo sul mondo esterno.
In quanto attrice, oltre che poeta, immersa quindi in modo fattivo nella ricerca di altri linguaggi, in altre forme sonore della comunicazione, da studiosa e appassionata della parola non solo poetica, Leila Falà esperimenta una versificazione che ricorre a stratagemmi giocosi, a gustosi calembours, ad assonanze e non solo, cui affida la leggerezza di un dettato teso a voler “nascondere la profondità nella superficie”. Facilmente propensa all’ironia, nei suoi versi troviamo un uso paradossale dei luoghi comuni – “il cielo è azzurro,/ l’amore è blu” (in “Banale”) – inseriti all’interno di citazioni colte : “Questa non è una poesia./ Non ne possiede il ritmo/ l’afflato di immenso/…../ E infatti questa non è una poesia./ E non è neanche una pipa.” La provocazione insita nel quadro di Magritte – “Ceci n’est pas une pipe”- adattata al verso e alle sue convenzioni, ne svela il fine metapoetico, affermando la complessa natura del linguaggio identificata nel sistema dei segni dalle dicotomie saussuriane, – langue / parole, significante/ significato. Filosofia del linguaggio, se non filosofia pura, nella definizione del reale e della sua ambiguità ed arbitrarietà. Da cui sorge una esplicita critica alla lingua letteraria del nostro tempo: mentre i contenuti poetici sono spesso demandati ai cantautori e la creatività ai pubblicitari, ai copywriters, invece la poesia viene rinchiusa orgogliosamente in una torre/garitta il cui ingresso è consentito solo a pochi iniziati.
“Langue”, titolo di un testo qui proposto, giocato sugli equivoci fonici e semantici della locuzione “langue d’oc”, si presta a una serie di calembours: “L’oca langue/ langue d’oc/ lingua d’oca/ batte qua e qua/ sguazza e gioca/”, per concludere: “D’altra parte è d’oca/ perciò stupidamente ora langue.// Così la penna.”. Nel divertimento del gioco di parole ecco piombare pesantemente il severo giudizio sui contenuti indecifrabili di certi componimenti dietro cui si cela la povertà del pensiero o dell’ispirazione.
A sua volta “Post” è un testo che si burla del polisemico lemma “post”, utilizzato in tre lingue: il latino, l’inglese e l’italiano. Ne consegue l’effetto straniante tipico del pastiche, grazie all’accostamento di registri che vanno dall’alto al basso, mescolando letteratura e informatica. Per questa raffinata e ironica poeta la parola, la comunicazione, rappresentano dunque il nucleo d’interesse. Esso si basa, come già detto, sul concetto di Parole saussuriana, ossia sull’uso che l’individuo fa del linguaggio comune, la Langue, a cui il/la Poeta impone la propria impronta personale, “dandole un verso” (si noti anche qui l’ambiguità del termine).
Il processo creativo che determina lo slittamento semantico non dovrà offuscare la comprensione del testo, affinché la poesia, resa fruibile a un pubblico più esteso, diventi democraticamente un’esperienza cognitiva e non solo estetica. Un augurio che ci sentiamo di condividere.
Laura Cantelmo
A differemza di tanti testi oberati dal peso della superficialità, qui si sta in una leggerezza “qui pése et qui pose” fatta di collegamenti aerei, spirito e saggezza dissimulata… e si sta bene.
Bellissimo. Sono felicissima di essere qui, nella rubrica Anticipazioni di Milanocosa con alcuni inediti e la nota critica di Laura Cantelmo. Ringrazio davvero moltissimo per l’attenzione che ha mi ha dato tutta la redazione e quindi Luigi Cannillo, Adam Vaccaro e Laura Cantelmo.
A lei va un mio ringraziamento particolare per la lettura del mio lavoro, per le parole spese, per l’inquadramento della mia scrittura in un panorama piu ampio, ma soprattutto per la passione colta con cui ha letto tra le mie righe, svelando con gusto il dritto e il rovescio di miei intenti.
Dopo un po’ di silenzio (giusto editoriale) sto preparando una silloge con anche questi testi e speriamo quindi che il titolo “Anticipazioni” della rubrica possa anch’esso essere di augurio.
Poesia certamente “leggera” e “scherzosa” ma con mille virgolette!!! Perchè Leila pone, con questi versi, problemi serissimi e parla comunque, nel modo e nel linguaggio che più le appartiene, di ciò che siamo, che facciamo, di quotidianità e d’amore. E questi sono “temi” veri, fondamentali che, dopo la lettura, lasciano un velo di amarezza e perplessità. E mille domande. Trovo assolutamente splendida “Post”, che già conoscevo e che, ad ogni rilettura, mi appare drammaticamente reale e tagliente, un pugno nello stomaco alle nostre piccole e grandi ipocrisie, i nostri alibi, le nostre mancanze e assenze. Bravissima! Un caro saluto.
Apprezzo da anni la poesia di Leila Falà, che fa sua la lezione della seconda avanguardia, quella di Giulia Nicolai, che Leila ama tanto,e che ha a che fare con la vita, il gioco, il quotidiano e l’infanzia. Nelle sue poesie non c’è ansia di stupire ma desiderio di giocare, di ironizzare, rendendo accettabili i tanti fardelli del nostro tempo, a livello personale e sociale. Una poesia ludica e impegnata al tempo stesso, che accenna una critica lieve e fondamentale, accostando i versi con arte e musicalità.
Una poesia leggera solo nella intenzione e nella lingua che insegue il gioco. Una poesia che apre spazi al pensiero, senza trincerarsi nel dettato pesante. E poi anche Calvino lodava la leggerezza.
Riapro questa pagina ed è un vero piacere trovare commenti di tanti poeti e amici. Grazie, soprattutto a chi conosce la mia scrittura, per essere venuti a leggermi e per aver lasciato una traccia. Leggo i vostri commenti e ne faccio tesoro. Leila
Mi compiaccio a nome della Redazione dei riscontri di apprezzamento dei testi inediti di Leila, scelti per questa lunga serie di Anticipazioni dal nostro impegno dedicato a voci che riteniamo meritevoli di attenzione.
Adam
È sempre una sorpresa e una scoperta leggere gli argutissimi versi di Leila. Ci permette di modificare la luce del nostro quotidiano vivere con la leggerezza pensosa che la distingue. E così gli oggetti e gli atti abituali di ogni giorno si rivelano altro, brillano di luce propria e sanno modificarci.
brava Leila! ti leggo con piacere