Testi e contributi al tempo del coronavirus-VIII

Pubblicato il 4 luglio 2020 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Testi e contributi al tempo del Coronavirus – VIII

Proseguiamo con questa sesta serie di contributi, dopo la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta e la VI, del 21 marzo, del 27 marzo, del 10 aprile, del 16 aprile, del 5 maggio, del 16 maggio e del 9 giugno scorsi.
Vedi a:
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Tra due paure
Anche in questo VIII post sull’argomento, proponiamo testi e contributi che, alla sensibilità del poièin affiancano riflessioni sulla logica dominante del sistema economicosociale in atto.

Mentre oscilliamo incerti sulla coda di questo Virus, possiamo annotare – non essendo virologi – i frantumi di altri tipi di virus e malattie individuali e sociali. La narrazione che da questo evento ne usciremo migliori è falsa e ideologica. Perché la sua coda alimenta sentimenti di paura, che in effetti si biforcano e abbracciano due versanti. Il primo è quello, naturale e umano, suscitato da una minaccia, improvvisa quanto invisibile, della propria salute e vita. È una paura che spinge a chiudersi e arroccarsi, che dilata le spinte irrazionali e la ricerca dì protezioni. Che spalanca logiche di fondamentalismi ideologici, ultimamente con coperte scientiste.
Sono logiche elementari, che favoriscono una forma rovesciata di populismo. Cioè non per blandire, ma – appunto – per spaventare il popolo, al fine di immobilizzarlo e renderlo prono a dettami presentati come misure di protezione. Molte voci di scienziati, virologi e epidemiologi, nonché filosofi e osservatori – fuori dal coro del mainstream dei media prevalenti – ha nei mesi scorsi espresso riserve e critiche, censurate o seppellite da accuse squalificanti di ogni tipo. Purtroppo, un confronto approfondito tra esperti di pari livello di competenza non è stato consentito, per cui si sono acuiti solchi tra opinioni e giudizi molto diversi, sullo stesso virus.
Questo vuoto di confronti privi di Verità assolute ha alimentato l’altro versante di paura, fatto di un intreccio di piani sanitari, sociali, politici ed economici. Un versante rafforzato quanto più l’azione del governo ha accumulato carenze su tutti questi piani. Sono in particolare mancati adeguati supporti economici come contrappeso delle rigidezze imposte di tutela sanitaria, talché sono andati crescendo il livello di povertà e disperazione sociali, in settori privi di ogni protezione e abbandonati inevitabilmente a forze politiche della destra. A questo sbocco, l’area sociale orientata a sinistra viene trattenuta da governo e forze politiche che lo sostengono – sedicenti di sinistra o di idiotismo neutro come quello dei 5S. Forze che purtroppo sono spesso divise, immobili e soprattutto privi di una visione di ricostruzione delle macerie sociali lasciate dal virus, mentre crescono disuguaglianze tra elite super-ricche e masse di poveri che fuoriescono dal tappeto del Salotto del dominio ideologico del neoliberismo. Del quale – va ricordato – la c.d. sinistra istituzionale è il primo portabandiera. Un rovesciamento-tradimento che ne ha fatto la destra politica più camaleontica e coerente con gli interessi del Capitale finanziario. Una destra politica con la mascherina rossiccia, che ha il merito di aver lasciato alle classi subalterne la libertà di una scelta solo nominale tra diverse forme di Destra, o la disperazione storica di non avere rappresentanti.
Il virus ha accentuato tali effetti, affatto casuali. Ha favorito gestioni autoritarie, salvo dire che chi governa è un  imbecille. Il che oggi non è affatto da escludere,. Ma bastano i dati dell’Istat a dirci che la gran parte dei morti del coronavirus sono tra i più poveri, o fatti quali la scarcerazione di centinaia di mafiosi, o le condizioni degli ambiti non solo scolastico, della cultura, del turismo o della ristorazione, rimasti privi di supporti adeguati, quali quelli messi in atto in altri Paesi europei. Europa Europa, utopia politica anch’essa divisa tra interessi nazionali contrapposti. Inutile piangere o appellarsi a una coesione impossibile, che i neoliberisti continuano a falsificare, distinguendo tra sovranisti ed europeisti. Così, nel marasma politico italiota in atto, è emerso il Giuseppi che riesce a far credere a tanti di essere un palo della luce, nel buio che stiamo vivendo. E, nel suo indubbio talento di tenerci in un moto immobile, si è inventato dieci giorni di Stati Generali, secretati a sessanta milioni di nessuno bloccati in casa. Tra i quali non può non crescere la paura del futuro e dei distanti illuminati ignoti. Ma state buoni. Viva la democrazia!

Stati Generali!
Persino un Calenda li ha definiti inutili. Ma sono inutili o preoccupanti? Per il parvenu Conte e il suo sogno di Leader, possono essere invece utili, col suo Red Carpet steso alle Signore front-women dell’androgina Finanza dello scenario mondiale – le Christine, Ursula e Angela -, cui ha offerto un Gran Ballo in Mascherine. Inutili dunque le lamentele deluse dei non invitati. Vuol dire che non servivano alle sue logiche.
A rischio delle solite accuse di complottismo, catastrofismo ecc., e in attesa di essere smentiti dai fatti, il Nostro sogna da Grande: assicurare che sarà Lui l’Esecutore della Svendita Finale agli impazienti Convenuti. Che chiedono Garanti della Trentennale Continuità (DS e SN intercambiabili), cui la provvidenziale paura del vento infetto del CoronaV consente di offrire in Dono.
Al Panfilo Britannia della Regina Elisabetta, ancorato al largo di Ostia il 2 giugno del 1992 (con Andreatta, Ciampi e Draghi, Chef del Menù che privatizzava anime e cose), si brindava assicurando che così avremmo ridotto il Debito Pubblico. E pazienza se poi è invece triplicato! A quel panfilo, l’impomatato Conte ha messo le ali con un’autobotte di Red Bull, curando persino le assonanze, facendolo approdare a Villa Pamphili. Per cui, ora, la mia paura più grande non è del coronavirus, ma di come e quanto degli ultimi nostri ori saranno offerti al Dogma di rimettere tutti i nostri debiti, privatizzando i più preziosi residui Beni Comuni.
Viva l’Italia!

Adam Vaccaro

***
Seguono testi e interventi di
Izabella Teresa Kostka, Monja Marini, Pietro Pancamo,
Fausta Squatriti, Adam Vaccaro

***

Izabella Teresa Kostka

DITTICO SUL COVID 

l
La follia collettiva infetta le viscere
mette una maschera sulla coscienza,
la psicosi non può essere disinfettata
è come un virus che travolge la mente.

Restiamo umani,
non siamo burattini telecomandati.

ll
Il semaforo rosso per la vita
l’ultimo respiro
recintato con la corona di spine,

Virus è come le manette
che incatenano i polmoni,
ci condanna all’apnea
dal sapore della paura.

***

Monja Marini

La vita ai tempi del Coronavirus

C’è chi odia i discorsi inconcludenti,
i dischi rotti
i vaniloqui definiti quando nulla si ha da dire,
forse tutto è troppo
ma in superficie si nascondono cancelli
e lo sanno pure i santi
che in paradiso ci sono chiavi e coltelli.
Chi va oltre va oltre tutto
e dire alla sedia gialla: “tu per me sei blu!”
è una grande verità
scopri il colore blu, non la realtà.
O forse ripetizione fa rima con amore
in quel caffè della mattina.
Ma senza scomodare Freud dalla sua sedia
resta lontana anche la domanda:
“l’uomo non è forse un disco rotto?”
E a ripetere le stesse note
si può solo in un vecchio film
con il tempo inesorabile del figlio
ancora nella stanza.
E ci si butta via tra l’impazienza di un messaggio
e l’istantanea di una foto
seduti su divani di colori differenti
uno nero e l’altro bianco
a illuminarci gli smartphone
con un fiocco stretto al collo,
un papillon color smeraldo.
Per fortuna tra nero e bianco c’è qualcosa,
fino al seme della mela
quasi un poco di speranza.
Cola ansia in questo tempo
dove stare a casa è prigione con finestre
dove amanti e coniugi impazziscono di mancanza
dove vacuità è significato
e la vita rimandata a data incerta.

***

Pietro Pancamo

LA FINESTRA DEL MEDICO

Dal turno di notte, Ribolatti rincasò più stravolto del solito. La continua lotta in corsia gli aveva spezzato i nervi, negli ultimi quattro mesi, e la sua mente stava cedendo, con violenta facilità, alla fatica, alla paura… al dolore. In genere l’unico sollievo, quando finalmente poteva rientrare dall’ospedale, era camminare trafelato su e giù nel salone. Così scostò sia tavolini che poltrone, anche quel mattino, e aprì la finestra per avere un po’ d’aria; solo che il bagliore intenso del cielo, un cielo che prese subito a passargli con insistenza davanti agli occhi, lo accecò d’impeto, suscitandogli un rigurgito di rabbia che lo spinse ad affacciarsi.
«Lo so!» –gridò Ribolatti alle villette intorno, sparse lungo un pendio delle Retiche– «Voi coglioni dediti al televisore, credete ai virologi di Bruno Vespa, e quindi al famoso salto di specie dai pipistrelli all’uomo! Ma la verità è un’altra: quelli che si sono ammalati di covid sono vampiri, in realtà. Schifosi vampiri! Perciò nessun salto di specie. Anzi!».
Rifiatò un attimo, per aggiungere a squarciagola: «Gran coglioni, andate dal falegname o nel bosco a comprare o fabbricarvi un paletto di frassino! Poi tornate a casa e se nel vostro nucleo familiare c’è per caso qualche guarito, trafiggetegli il cuore!».
Ormai era in preda ad una furia delirante: ad un autentico accesso di follia, insomma.
«E non dimenticate di trucidare anche i medici! Perché, sebbene la vostra tv adorata proclami il contrario, noi non siamo affatto eroi. Siamo traditori, invece! Adesso lo capisco! Traditori dell’umanità, che cercano di tenere in vita un branco di mostri assassini!».
Fu pronunciando queste parole che Ribolatti richiuse un battente della finestra, per colpirlo con tutte le forze. Il vetro esplose all’istante, e fra le schegge cadute sul pavimento del salone, colui che –prima d’impazzire– era stato un dottore esemplare, scelse la più lunga e aguzza.
«Somiglia ad un paletto, quasi», pensò ottenebrato, stringendola nel pugno coperto di sangue. E senza aspettare, se la piantò brutalmente in un occhio, mentre il suo cuore si riempiva di lacrime.

*

IN INCOGNITO

Un’altra notte di pandemia
e io dormo in incognito
per non farmi riconoscere dagli incubi.

Scavano per l’aria come talpe;
hanno un paio d’occhi
larghi e fotofobici.

Sul comodino
il lume acceso mi nasconde.

*

IN QUARANTENA

In quarantena
parole e frasi
sono gli intercalari del silenzio
che smette, ogni tanto,
di pronunciare il vuoto.

Allora qualche indizio di materia
deforma l’aria,
descrivendo le pause del nulla
prima che il silenzio
si richiuda.
(Le mani s’infrangono
contro un gesto incompiuto)

*

Fausta Squatriti

Avanzi di cucina

Dalle poesie di alcuni autori italiani, tra Duecento e Ottocento, ho prelevato delle singole parole, che ho poi usato, aggiungendo solo la punteggiatura, o un articolo, per scrivere un mio testo.
Nonostante lo sradicamento delle parole dal loro contesto, e il lavoro di smontaggio, è rimasta l’aura a loro conferita dagli autori legittimi, sebbene i nuovi testi non siano più loro, non sono neppure miei, sono di un terzo, segreto autore.
F.S.

UGO FOSCOLO

Quiete fatale, orribile, furente,
con lei parlo incerto e freddo,
nubi d’occhi incavati, ombra
di petrosa fama
a lei m’appiglio
con secrete soavi cure,
il peggio sospiro
descrivo danni.
Polvere e sassi,
del vivere il lezzo
miserandi avanzi.
Memoria serbava
della morte il pallore,
petrosa fama.
Deprecate reliquie,
con più nomi,
fantasmi adirati, afflitti,
rissosi, piagati predatori,
ossa fraterne
e profani silenzi.
L’astro uniforme
al patir mio consacra il segreto:
fioritelo di gigli.

*
ALESSANDRO MANZONI

Gara d’insana rabbia,
addenta speranza.
Sdegno e riso:
levigata gemma dal fango brilla,
s’affanna gran circo,
spaziano vizi, fama senza doni,
immaturo fiore
della tirannia il pianto.
In sanguinoso scritto
nel cerchio a rinserrar le porte
cupi occhi profani
color di morte.

*
GIACOMO LEOPARDI

Di attonito lacrimoso passo
datevi pace, di misfatti è la vita.
Consolata ira, in seno a deserto affanno
lodate altrui nemici,
querela di errori
senza svelarsi
il nulla accresce.
Vinti flagelli, ultimo inganno
noioso e tetro
in terra siede.
Interminati spazi
superbi fastidi,
misero tempo nella buia stanza.
Fango è il mondo
e celeste beltà fingendo ammiri.

***

Adam Vaccaro

Un bel piattino

Rubò il piattino d’elemosine in Chiesa
e si vestì distinto coprendo gli istinti
famelici, applaudito e pettinato
dal vento furioso di fame e virus
che come Dono di Dio si offriva alla
gota di rosso dipinta della sacra Ghota

Col sorriso di monsignore e l’eloquio di
fratino che incanta persino gli esperti
di questue, entrò infine nella Reggia
Mensa da trepidi Custodi accolto
frementi e accupiditi intanto di
quanto offriva il prezioso suo piattino

16 giugno 2020

2 comments

  1. Monja ha detto:

    Grazie Adam Vaccaro per aver pubblicato la mia poesia. Si riferisce alla quotidianità durante il periodo di quarantena e in modo indiretto anche a quel fenomeno che l’OMS identifica con il termine infodemia: «abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno». Cita la differenza che intercorre tra realtà e verità e alla difficoltà di discernere quando le notizie agiscono sulla parte più istintiva delle persone e quindi sulla paura. Il vecchio film è quello di Nanni Moretti intitolato: “La stanza del figlio”, il tentativo di ritornare indietro e poter cambiare gli eventi nella scena del “disco rotto” l’ho trovato commovente. Tante belle cose e un caro saluto.

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