Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Gilberto Isella
Inediti
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Con un commento di Luigi Cannillo
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Nota dell’Autore
La mia ricerca poetica tende a privilegiare l’Altro in senso esteso, in primo luogo il linguaggio che scrive in noi e al contempo ci inscrive nella sua essenza. Il linguaggio, anche, come memoria: deposito tenace di miti, insistente richiamo all’enigma delle origini.
Tra gli elementi distintivi del lavoro, prevale forse l’attenzione rivolta al progressivo stato di perturbazione della nostra sfera esistenziale e sociale. Un dissesto oserei dire di natura cosmo-ecologica, almeno alle sue radici, che forse non ha uguali nella storia. E narrabile di preferenza, per quanto mi riguarda, attraverso strumenti allegorici a vasto raggio, ovviamente aggiornati e problematici sul piano formale. Una difesa dalle derive del tardo naturalismo.
Ho sperimentato tutto questo in Arepo (2018), e continuo a farlo in Le furie ristoratrici, libro in elaborazione che associa testi in versi e testi in prosa. Il titolo richiama l’ossimoro, figura-chiave dell’agire poetico. Nel mio caso una figura ‘aperta’ che, senza risolvere l’opposizione dei poli semantici (nella fattispecie la furia e l’atto ristorativo-restaurativo) la rende permeabile a ulteriori scansioni dell’immaginario.
Gilberto Isella
Dorsali illusive
Notte illune, senza oracolo tinta.
Fuori è il capannello dei mondi, che mai
hanno avuto motivo d’esserci.
Stagioni che nessun dio ha contato, infarcite
di muffa sottile, che s’appunta alle finestre.
Ha piovuto, ha germinato invano il tempo.
Ognuno di quei mondi reietti
nondimeno
tenta di forzare il vetro.
È qui, intasa la camera del corpo
come immane pupilla di sangue.
E intanto un figlio dell’esilio
insegue la sua cataratta
fin nella trave sospesa più bianca,
lì dove lenta la casa si arrocca
e svanisce.
Traccia dorsali illusive
prima di accedere all’occhio parallelo,
abitato da un solo, iconoclastico fosfene.
Vede non vede, come calice nottambulo
che a casaccio sparga aloni
del suo sterile vino.
Sfiora la bisettrice
di un triangolo incostante, secco
trifoglio dall’astro lasciato sulla soglia.
Altri corpi, veline di memoria,
palpeggiano il silenzio.
Da frutici assenti
gigli aspirano pallore.
*
Lungo l’aporia
Arbitrario separare l’ostacolo
da un qualsiasi canale di sguardo
che prema, s’allunghi ferace.
Stenosi d’ambiente
rigurgita spazio annerito,
vibrando s’inchina sulle spoglie
del più ruvido
geometrico dilemma.
La mappa rilancia al certame
una manciata di engrammi,
che a piedi nudi procedono
verso l’infera cerniera
della terra.
Mentre il parco, nel suo
serrame di ceppi capovolti,
recide ogni rizoma per la vista,
l’ascolto, per i lamenti segreti
discesi dalle piante.
Ma all’occhio sibillino, all’aporia
caduta nell’incuria delle lande,
chi mai potrà negare volto e accento?
Aporia lunga che solchi i mondi,
noi t’accogliamo
come muta frattaglia lunare
in intervallo d’Essere
deflussa. Come una dimora
disanimata, solitaria
compagna della radura
che batte
batte ancora
nell’etere immenso.
*
Misura per misura
Metro e compasso,
l’accozzaglia di molle
nel letto, una cruna infingarda
di fisionomie, il pesce ovale
che un unico specchio
non riesce a contenere
e fremerebbe
con passione in altri
se non fosse geometria
intirizzita, all’appello
refrattaria.
O l’interminabile fischio
che uno studioso ideò
per sostituire la Recherche
con verginissimo suono
e così renderla folle durata.
Non si sa perché
qualcuno accorre ad ammirare
i paradigmi fissurati delle cose,
come quando senza spinta alcuna
un vaso all’improvviso si congeda
dal tavolo, e inonda di cocci
il pavimento del salotto in festa.
Non si sa perché
di quel poco che ci hanno insegnato
nulla o quasi nulla resta.
*
Gilberto Isella, vive a Lugano, dove è nato nel 1943. Poeta, critico letterario, traduttore e autore teatrale, collabora con giornali, riviste letterarie e siti web. Come critico si occupa in particolare di poesia contemporanea e teoria letteraria. Ha tradotto dal francese Charles Racine, Jacques Dupin e Bernard Vargaftig, e dal catalano diversi poeti contemporanei. Tra le sue recenti raccolte poetiche: Caro aberrante fiore (2013), L’occhio piegato (2015) e Arepo (2018, finalista al Premio Camaiore e al Premio Bonanni Città dell’Aquila, 2019). Per il teatro ha scritto Messer Bianco vuole partire (2008) e Il giardino della vita (2017). Nel 2019 è uscito il suo saggio-racconto Engadina.
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Nota di lettura
La poesia di Gilberto Isella si caratterizza per la tessitura complessa e affascinante, nella quale si affiancano e intrecciano diversi piani e modalità di rappresentazione. Nella sua Nota l’Autore richiama esplicitamente la figura dell’ossimoro anche in funzione di una “ulteriore scansione dell’immaginario”. Infatti l’opposizione e il doppio ricorrono di frequente in questi inediti: fuori (esterno) e qui (interno), oppure l’idea stessa della dorsale come linea di discrimine tra al di qua e al di là; e ancora. il concetto di aporia basato su una doppia soluzione, il dilemma, la cerniera che riunisce e divide due lati oppure la fissura come lesione e separazione. Si potrebbe dire che la parola si fa spazio tra polarità, rappresentandone allo stesso tempo quello spazio e gli estremi che lo delimitano.
Una seconda scansione può essere suggerita dai riferimenti legati alla misurazione, a una rappresentazione geometrica, la linea della dorsale, il solco dell’aporia, la bisettrice del triangolo, il riferimento al metro e al compasso di una “geometria intirizzita”, la rappresentazione di una mappa di un “geometrico dilemma”. Là dove la misurazione e gli strumenti per realizzarla non fondano certezze bensì confermano casualità e mistero. Su tutto indaga un occhio che si dilata e raddoppia, nella duplice direzione interno verso esterno e viceversa. E nella costruzione di un sistema di immagini che comprendono percezione visionaria e costruzione allegorica, dalla pupilla di sangue ai mondi che si appuntano alle finestre, dal pesce ovale che deborda dallo specchio al vaso che va improvvisamente in frantumi: una vista illusoria e sibillina.
Dalle caratteristiche multiformi di questi inediti non dobbiamo considerare in sottordine le scelte lessicali che creano una rete di riferimenti di medicina, fisica e biologia. Termini anche ricercati o inconsueti fissano significanti e significati in una anatomia testuale nella quale la precisione delle definizioni si intreccia all’elemento enigmatico e oscuro. Tutto ruota nel “capannello dei mondi”, dei corpi come entità coagenti nella nostra sfera esistenziale e sociale, in una ricerca poetica che, come dichiara l’autore, privilegia l’Altro anche come linguaggio, nel suo doppio effetto dinamico: la lingua che scrive in noi e noi che ci inscriviamo nella sua essenza, la lingua come filo e telaio allo stesso tempo.
Luigi Cannillo