Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Stefania Di Lino
Inediti 2019
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Con un commento di Adam Vaccaro
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Nota dell’Autrice
“Molte esperienze non sono dicibili, accadono in uno spazio in cui mai nessuna parola è penetrata” (R.M.Rilke)
‘La presenza di un corpo non muoverà mai desiderio quanto la sua assenza.’ (U.Galimberti)
Si scrive per assenza, per una mancanza permanente, e per l’incongruente stridore delle cose che pure continuano ad esistere malgrado tutto, ignare. Si scrive per sottrazione, nel tentativo compulsivo di trovare un senso e di lasciare una traccia del passaggio. Si scrive per tentare di fermare l’oblio, la dimenticanza che tutto cancella, come fossimo, tutti noi, scritti sulla sabbia. E si aspetta l’onda che arriva, che sicura arriverà quest’onda di stupore, obbedendo anch’essa a chissà quale oscura legge che regola il finire che il ri-cominciare. E il finire e il ri-cominciare si ripetono mai uguali, come fossero sempre nuovi. Ma si nasce e si muore sempre allo stesso modo, che pure per ognuno è nuovo.
Mi chiedo se vi sia altro, non legato a tutto questo, di cui valga la pena scrivere.
Stefania Di Lino
si annuncia sempre con un’altra lingua
è grande il potere del poeta
non di svelare ma nascondere se stesso /nelle crepe antiche delle parole
sehnsucht! sehnsucht ! vi dico!
e di carnalità /di materia vi parlo
e di altri risibili dettagli,
il poeta scrive
con i piedi piantati tra le zolle
e i sensi sparsi come semi al vento
il poeta è un cespuglio una siepe
è un albero che cammina,
ti ponevi intanto
più avanti con la semina
nel tuo giardino senza terra
attendevi delle radici la presa
affinché crescessero i piccoli rami di albicocco,
tu invece pensavi bastasse
un punto geometrico da disegnare
o un’equazione algebrica da imparare
mentre c’è dello scrivere l’ora tarda
il disperare,
come si vive aspettando qualcosa
che arrivi a staccare le coste dallo sterno?
ora sorge il sole sulle rovine di una notte crollata,
nuda mi lascia e oscura vivo
in una pelle sanguigna
che non ripara l’affronto
si dilatano i pori al sole e nella penombra
della presenza accanto
s’incistano vermigli i codici
di un antico comando,
io sono il sale del mio mare
io l’onda del mio naufragio
[a volte c’è un giallo
che inonda di luce],
è sempre così curiosità
a chiedere come te la cavi
se è sufficiente la conformità
la prestazione al pensiero astratto
il dimostrare in atto e in virtualità
quanto sei degno per quel che non ricevi
però sono i lombi a partorire
e le vertebre a guaire nello scatto
è l’apparire improvviso di una muffa
l’attraversare rapido di un ratto
e i dirupi delle strade _i fondi _ i tonfi
la punta aguzza di un vetro,
[ingenua la morte ignora /che prima lento/c’è il frantumarsi del credo],
nei secoli costruiremo dighe
per arginare un mare
l’onda anomala
che sulla nullità incombe
impareremo ad impastare il male
fino a renderlo buono
a cuocere mattoni
a erigere la casa
che abbia il candore di una favola
raccontata ai bambini,
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Nota biografica
Stefania Di Lino è formatrice e docente abilitata per l’insegnamento di materie artistiche nei Licei. Artista e poeta, ha partecipato a numerose manifestazioni. Le sue opere d’arte visiva sono state esposte in numerose manifestazioni, tra cui: Migranti, Acqua Vergine – Sito Archeologico Città dell’Acqua – Fontana di Trevi, Roma, 2007; Casa Internazionale delle Donne – anno 2008 “12 Articoli per la Costituzione”, Convegno presso Accademia dei Lincei e Palazzo Valentini, 2006/2008; Mille Artisti – Museo dello Swatch – Cologno Monzese – Milano, 2007; Arte per la Pace, Teatro Brancaccio, Roma 2010; I° Premio Monteverde Pasolini – 2011-12; Cammino Artistico per un palcoscenico immaginario, Auditorium Conciliazione, Roma, 2012; Museo Civico Archeologico di Tolfa, 2013; Le ragioni dei sogni, le visioni della realtà (Teatro Vascello) Roma; ‘Stereotipa’, U.D.I. Unione Donne in Italia, Palazzo della Cultura, Catania (2015-16); Forum degli Stati Generali per Cooperazione Internazionale, Università Roma Tre; “Visione dell’Umanità”, Liceo Ettore Maiorana, Roma;
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Nota di lettura
La poesia è vitalmente a innervata in ciò che manca, questo è il nodo epifanico della scrittura di Stefania Di Lino. Un nodo radicale da cui lo sviluppo della forma può irraggiarsi in direzioni a 360 gradi, quali quelle che la storia della poesia ha offerto nei millenni: dal bisogno di narrare vicende mitiche ed epiche, alla passione amorosa, dalla visione critica e satirica dell’esistente al colloquio con le proprie aree più intime e profonde, ecc. La poesia ha mostrato subito, dalle sue primissime manifestazioni e opere, la tensione alla totalità della vita, non solo antropologica, per riempire il vuoto di conoscenza lasciato dagli altri linguaggi.
La sua tensione alla totalità comincia dal coinvolgimento dell’intelligenza della testa, del cuore e del corpo, offrendo parola e forma con la sua lingua anomala tutte le lingue che ci costituiscono. Cercando di dare voce, attraverso la lingua algoritmica, quelle dei sensi, dell’inconscio e del rimosso.
La ricerca poetica di Di Lino si colloca con forza in questo nodo, ineludibile e mai sciolto: “di carnalità /di materia vi parlo/ e di altri risibili dettagli,// il poeta scrive/ con i piedi piantati tra le zolle/ e i sensi sparsi come semi al vento/ il poeta è un cespuglio una siepe/ è un albero che cammina”.
Senso e moto materici e biologici del fare poesia, Perché, ci dice implicitamente, non basta alla (mia) poesia la fenomenologia dello spirito, ma la fenomenologia che coinvolge tutto, alto e basso del corpo, della mente e dell’universo, visibile e invisibile, vociante-rumoroso e muto. Le alternative cerebrali o i giochi verbali appagati di sé, non sono poesia; “tu invece pensavi bastasse/ un punto geometrico da disegnare/ o un’equazione algebrica da imparare”
No, la testa, il pensiero sono necessari ma non sufficienti, sono una parte della (mia) identità dinamica che “nuda mi lascia e oscura vivo/ in una pelle sanguigna”; “se è sufficiente la conformità/ la prestazione al pensiero astratto/ il dimostrare in atto e in virtualità,”, poi “è l’apparire improvviso di una muffa/ l’attraversare rapido di un ratto/ e i dirupi delle strade _i fondi _ i tonfi/ la punta aguzza di un vetro”, cui quell’esercizio non basta. Occorre altro per procedere tra male e bene, tra cielo e terra, per misurarsi con “l’onda anomala/ che sulla nullità incombe”, per imparare a “impastare il male/ fino a renderlo buono/ a cuocere mattoni” a erigere la casa”, fino a rovesciare la clessidra e nel suo brillìo scovare “il candore di una favola”,
C’è questo sogno di utopia e speranza, senza le quali la poesia rimane una bandierina noiosa al vento. I versi di Stefania hanno e ci regalano questa tensione, dalle sue radici originarie alle più irriducibili e incessanti capacità di coniugare complessità e leggerezza, di una vita denudata da ogni orpello intellettualistico.
Adam Vaccaro
Un sentito ringraziamento ad Adam Vaccaro per l’accurata, profonda esegesi dedicata ai miei testi. Una lettura precisa che rivela una rara capacità empatica. Vorrei ringraziare anche la redazione tutta per l’accoglienza. Cordialissimi saluti.