A vilde chayes
Ronit Dovrat – israeliana contro il massacro.
(pubblicata su “Il Manifesto del 17/2/2009, p.6)
Le mie nonne, quando mi raccontavano i pogrom in Russia oppure quelli dei nazisti che hanno massacrato 1500 ebrei in piazza a Rokitno, dove la mia nonna materna è cresciuta e dove ha perso 33 famigliari tra cui tanti bambini; tra una lacrima all’altra chiamavano quegli assassini “a vilde chayes” – traduzione letteraria dal Yidish sarebbe animali selvatici ma il significato è più vicino a “bestie feroci”.
In questi giorni, scioccata e scossa dal massacro nella striscia di Gaza , di fronte a queste immagini e testimonianze di crudeltà, non posso che ripetere e ripetere queste parole in yidish “a vilde chayes ”. Abbiamo vissuto anche “Sabra e Shatila”, ma questa volta il massacro è così perfetto. Niente si può nascondere nemmeno dietro la menzogna più “intelligente”. Qui non ci sono le Milizie Falangiste. La gloria è tutta di Tzahal – l’esercito israeliano. In realtà non c’è da stupirsi. L’occidente ha dato tutto il suo aiuto e appoggio perché potesse succedere. Usa e Italia in testa. Dalll’11 settembre 2001, Israele ha aumentato del 60% le sua produzione ed esportazione di prodotti per la sicurezza e la lotta al terrorismo. Terrorismo, nato e cresciuto nel medio oriente legato al conflitto israelo-palestinese e all’esistenza dello stato d’Israele. Mentre il terrorismo palestinese fu presentato come una atrocità nata dal nulla, per puro odio di Israele, Israele ha potuto fortificare e perfezionare la sua macchina militare fino ad arrivare all’uso del fosforo contro la popolazione Libanese nel 2006 ed ora contro i palestinesi. Mark Regev il portavoce d’Israele ha detto alla tv che Israele usa soltanto “armi democratiche”. I piloti dell’esercito israeliano che hanno da sempre bombardato i palestinesi dal alto non sono mai stati chiamati terroristi.
Dimenticata la tragedia palestinese del ‘48, dimenticati gli oltre 400 villaggi palestinesi rasi al suolo, dimenticati i profughi palestinesi, dimenticata soprattutto L’OCCUPAZIONE che dal 1967 ha permesso ad Israele di fare di tutto: di non rispettare nessuna legge internazionale, di confiscare, insediare, ammazzare, arrestare, torturare, chiudere università, soprattutto quelle democratiche, di appoggiare economicamente le università musulmane, di costruire il muro, bloccare la mobilità civile con i check point, di permettere ai coloni fascisti di tagliare gli ulivi e di sparare sui contadini palestinesi, di costruire strade per i coloni e distruggere case dei palestinesi, di non prendere in considerazione le denunce legali dei palestinesi contro i crimini dell’esercito.
Dal ritiro israeliano dalla striscia di Gaza nel settembre 2005, Israele ha creato con furbizia l’immagine di chi ha fatto “un sacrificio” ma in realtà continua ad occupare la striscia di Gaza con la piena consapevolezza dell’occidente e dell’Unione Europea. La vita dei cittadini della striscia è peggiorata. Israele controlla il porto, la mobilità, proibisce il passaggio dei viveri e delle merci, dei medicinali, dei carburanti e l’elettricità. Blocca i pagamenti, separa famiglie tra la striscia e la Cisgiordania. Non dà permessi di lavoro, non lascia pescare. Più dell’80% della popolazione palestinese nella striscia di Gaza vive oggi in condizioni incettabili di povertà.
Mentre tutta questa macchina militare israeliana cresce e si perfeziona, mentre la cultura militare penetra sempre di più nella società israeliana, in Italia si festeggiano i 60 anni d’Israele elogiando “l’unica democrazia” del medio oriente. Italia invita Israele come ospite d’onore alla fiera del libro a Torino, per festeggiare il suo alto livello culturale rifiutando ogni protesta contraria e ignorando completamente l’occupazione, mentendo e dicendo che si deve separare la cultura dalla politica. Non solo. avvertendo la gravità e il pericolo di antisemitismo proveniente da chi osa protestare contro questa presenza culturale. Ma dentro lo stand d’Israele si vendeva altro che solo cultura: oltre ai libri c’erano i prodotti cosmetici “Ahava” che noi israeliani contro l’occupazione boicottiamo perché sono prodotti da una azienda dei coloni. Ci sono i vini del Ramat Hagolan – e chi si ricorda che il Golan appartiene alla Siria? Israele è solo cultura e democrazia. Ci sono i depliant turistici che ti invitano a visitare Israele ignorando l’occupazione e vendendo le bellezze della città vecchia di Gerusalemme come fosse solo città Israeliana.
Se succede qualcosa agli israeliani si deve difendere Israele e fare giustizia, sempre e a prescindere dall’occupazione, perciò: colpire i “veri” colpevoli: I palestinesi. Sinistra come destra. Fini diventa il più grande amico d’Israele. Il partito democratico dà una mano all’istituto Peres e diverse regioni italiane appoggiano economicamente gli ospedali israeliani per curare lì i bambini palestinesi, a prescindere dell’occupazione, quando le donne incinte non hanno il permesso di passare il check point per partorire, quando i bambini vengono feriti dai soldati israeliani, quando gli ospedali palestinesi rimangono quasi privi di tutto per via dell’occupazione, quando nessuno può svolgere una vita normale.
In 60 anni Israele è riuscita a manipolare la Shoa per giustificare tutto. In nome della Shoa si deve usare la forza, si deve educare al nazionalismo, si può disprezzare il medio oriente culturalmente poco occidentale, si possono creare alleanze con governi che hanno parlamentari fascisti.
Perché no? Contenta anche la comunità ebraica italiana. Di fronte a questo massacro è possibile che non ci sia almeno un rabbino in Italia che alzi la voce contro i crimini d’Israele? Oppure, qualcuno ha paura per il suo posto di lavoro alla comunità?
Senza la fine dell’occupazione e senza un piano di una giusta pace, Israele diventerà sempre più feroce e crudele, Hamas e i movimenti islamici integralisti si rinforzeranno e cresceranno. Le prossime generazione non avranno nessun futuro. Nessuna possibilità di conoscere la democrazia.
Il medio oriente diventerà una esplosione di odio, di sofferenze e di morte.
La giornata della memoria è alle porte. Mentre ricevo un e-mail con l’invito: “Per ricordare come l’uomo talvolta possa essere più crudele di una bestia feroce”, ricevo un altro e-mail da Israel. Il tenente colonnello israeliano, Yoav Tal, ha detto in un dibattito: ”secondo me, bisogna farlo (il massacro) più forte, Dresda, Dresda, Sterminare la città!”.
Sabato sarò a Roma per manifestare contro il massacro e per gridare di fermare immediatamente i Vilde Chayes. Sarò là con i mie amici palestinesi e israeliani contro l’occupazione. Non bruceremo le bandiere né utilizzeremo la svastica e la stella di Davide. Andremmo insieme mettendo sul vestito una striscia di stoffa nera strappata, come si strappa un pezzo del vestito nel lutto ebraico. Vi invito a manifestare assieme a noi contro il massacro, condividere con noi il lutto per la morte dei bambini e cittadini innocenti, lutto per la morte delle democrazie dei paesi occidentali che ignorano per anni la terribile occupazione israeliana e che consentono a Israele di perfezionare sempre di più la sua macchina militare. Teniamo la striscia nera anche nel giorno della memoria perché si fermi il massacro e perché la memoria della Shoa diventi un appello al rispetto pieno dei diritti umani in tutto il mondo per tutti i popoli.
Per ricordare che l’unica arma contro la violenza è la pace.
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Ronit Dovrat, israeliana contro l’occupazione.
Vice presidente dell’associazione Zeit U za’atar – palestinesi e israeliani residenti in Italia per una pace giusta.