Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Bruno Di Pietro
SEI INEDITI DA
“Come se il sole calasse ad Oriente”
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Con un commento di Adam Vaccaro
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IL DOVE DELL’ALTRO: Lo sguardo, l’ascolto, il gesto
L’era del digitale è l’inferno dell’Uguale. Una comunicazione che non raggiunge alcuna profondità, ripetitiva e conformista. La “normalizzazione” del linguaggio è la cifra dell’era attuale. L’abolizione della distanza in ragione del medium non genera maggiore vicinanza bensì la distrugge. Per poter immaginare una “nostalgia dell’Altro” occorre un nuovo elogio dell’amore. L’amore ha la potenza di strappare l’Uguale all’Uguale, di produrre una fuoriuscita dalla individualità. Come e dove trovare il totalmente-Altro? Il “dove dell’altro” è nell’ “altrove”. Ma non nel senso spaziale: l’altrove è nella parola.
Come in quella Grata di linguaggio di cui parla Paul Celan: Io e Te “due bocconi di silenzio”. La poesia e l’arte sono in viaggio verso quell’Altrove dello sguardo, dell’ascolto, del gesto e della parola del Totalmente-Altro con cui oggi l’Occidente si trova a dover corrispondere. Come se il sole calasse ad Oriente, appunto.
Bruno Di Pietro
1.
in un altrove aereo o marino
forse nell’ultimo lembo di terra
al confine di ogni pensabile destino
ai margini sconfinati di un deserto
nell’incerto che inclina alla speranza
noi ci ritroveremo
allora sarà detta la parola giusta
quella che fugge la noia dell’indicibile
daremo altro nome a tutte le cose
liberi dalla paura di morire,
esaurito ogni dove, di esaurire ogni dire
2.
di come un mattino di ottobre
seduto sulla riva del mare
spettinato dal grecale
pesando la retata del pescato
tu abbia immaginato
una nuova terra un nuovo cielo
di come ti sia sembrato labile
il margine fra l’onda e il lido
e avresti voluto per detto
tutto il dicibile
dirai un giorno
e di come allora
fiutato il vento
come un vecchio marinaio
sia iniziato il cammino
verso il non ancora
3.
restò sulle labbra il bacio mai dato
insieme a un lieve sentore di lillà
cullato fra volere e non volere
ed era già ricordo
quando lo riportarono le sere
di autunno coi primi temporali
gonfi di una pioggia che lava
e scava
4.
“era bello il tuo sguardo”
“era bello guardarti”
ma eravamo in ritardo nel gioco di parti
poi lo sbaglio, le labbra serrate
quella vita sofferta ristretta
quella bocca al sapore di orgoglio
al ritorno dischiusa in rigoglio
rimanesti infine a guardarti
tu da sola a guardare il mio sguardo
occhi abbassati ancorati agli scarti
5.
non so più scrivere
non so più scriverti
per quali vie raggiungerti
con quali sguardi
suoni sorrisi gesti
e poi con quali pretesti
ora siamo palude
il brutto ci circonda
(e ci si affonda)
6.
se sia lecito dirti la furia
le sere passate in un nembo di fumo
i silenzi traboccanti di lussuria
in cui penso tu mi accolga in grembo
se sia lecito dirti il profumo
dell’ansia, l’attesa della voce
che implora calma per le mani
se sia lecito dirti “domani
vorrei che tu mi fossi accanto”
mi chiedo: e intanto invecchio presto
senza il gesto, la parola che incide
(il giorno ha sempre una fuga un ghigno
e mi deride)
*
Bruno Di Pietro (1954) vive e lavora a Napoli esercitando la professione forense. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche:“Colpa del mare”(Oédipus, Salerno-Milano 2002)“[SMS] e una quartina scostumata” (d’If,Napoli 2002), “Futuri lillà” (d’If, Napoli,2003),
“Acque/dotti.Frammenti di Massimiano” (Bibliopolis,Napoli 2007), “Della stessa sostanza del figlio” (Evaluna,Napoli 2008), “Il fiore del Danubio” (Evaluna,Napoli 2010), “Il merlo maschio” (I libri del merlo, Saviano 2011), “minuscole” (IL LABORATORIO/Le edizioni, Nola 2016, “Impero” (Oèdipus,Salerno-Milano, 2017), “Undici distici per undici ritratti” (Levania Rivista di Poesia n° 6/2017).
È presente in diverse antologie fra cui: Mundus. Poesia per un’etica del rifiuto (Valtrend, Napoli 2008) Accenti (Soc. Dante Alighieri, Napoli 2010) Alter ego. Poeti al MANN (Arte’m , Napoli 2012). Errico Ruotolo, Opere (1961-2007) (Fondazione Morra,Napoli,2012). Ha inoltre pubblicato interventi poetici nella Rivista Patapart edita dall’Istituto Patafisico Partenopeo. È redattore della Rivista di poesia “Levania”. Ha fondato con Mimmo Grasso la Rivista di arte, scienza e letteratura “Calibano”. Ha fondato, insieme a Gabriele Frasca, Mariano Bàino e Nietta Caridei la Casa Editrice d’If. È stato socio della casa Editrice Cronopio.
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Nota di lettura
La tensione verso l’Altro è origine di parola, di senso, di arte e poesia, infine di vita. Questo il nucleo di pensiero e di canto di questi versi di Bruno Di Pietro. Versi incarnati nell’aria, nei luoghi, nelle pietre e nei visi evocati. Versi aperti ed espliciti e, al tempo stesso, ricchi di aloni trattenuti, che si traducono in sonorità assonanti, in musica assorta e densa che fa sentire la presenza assente cercata e, senza la quale, il senso si disfa, il luogo si fa diafano e insopportabile. La poesia diventa respiro resistente e critico sia della banalità del male comune, vissuto nella cornice spesso delirante e piatta che connota il presente, sia rispetto a presenze perdute nei perimetri più circoscritti e personali. Presenze necessarie alla capacità di dare sostanza allo sguardo, ai luoghi, alla carne e all’anima del proprio percorso vitale.
Senza la tensione a tale “altrove”, ci si perde entro i “margini sconfinati di un deserto/ nell’incerto”. La certezza che ridà vita e “inclina alla speranza”, “che fugge la noia dell’indicibile” e consente di dare “altro nome a tutte le cose/ liberi dalla paura di morire”, ritrova il dove attraverso il declinare insistente e inarreso della cosa-parola che si fa vento e poesia. E che, lungo il declivio a volte patetico dell’esistente, sa farsi corpo e baluginio sui confini tra cielo, acque e terra, “sulla riva del mare/ spettinato dal grecale”, sul “margine fra l’onda e il lido” – metafora splendida tra “detto” e intoccabile di “tutto il dicibile”!
Una notazione va aggiunta: sono versi che fanno sentire il respiro dell’aria salmastra che aiuta a ritrovare energie, ma che naviga bordeggiando da fermo intorno al suo Sud napoletano. Anche non sapendo le origini dell’autore, i versi evocano sensi e immagini di tali orizzonti. Sono questi che danno forza al vento del verso che, ad esempio, fa fare “marino” rima con “destino”. Mentre, “fiutato il vento/ come un vecchio marinaio”, il viaggio dei versi deve provare ad aiutare e sfidare un ben altro verso, “verso il non ancora”, imprendibile e invisibile, che non sta sulla pagina ma in un altrove cui le formiche nere che si ricorrono su quest’ultima, cercano “la parola che incide”, anche se “il giorno ha sempre una fuga un ghigno/ e mi deride”. Sorta di saudade napoletana, che sa sempre volgersi a Oriente, alla rinascita e alla incessante nostalgia del futuro.
Adam Vaccaro
Una nota di lettura di Adam Vaccaro davvero splendida e “dentro” i testi.
Fa piacere la verifica e il riscontro dell’autore, rispetto a quello che la lettura suggerisce. E mi auguro che questo primo scambio con Bruno Di Pietro possa avere altre occasioni di conoscenza reciproca.
Il piacere sarà tutto mio. Ritengo importante aver conosciuto te e l’Associazione che mi riprometto di seguire con attenzione. E grazie ancora.
Sorprendenti questi versi di Bruno Di Pietro, asciutti ed essenziali, così lucidamente consapevoli di percorrere i territori inevitabili di un’assenza, di un vuoto di parola, mentre si vorrebbe sentirsi colmi di tutto il detto e di tutto il dicibile. Una mancanza che ci rende soli e increduli, amaramente soli nella ricerca di uno sguardo che sia sostanziale, di un incontro/parola di cui resti memoria, che dia senso al procedere.
“territori inevitabili dell’assenza” – certamente Marisa Papa Ruggiero – ma coniugati con un principio-speranza : “noi ci ritroveremo”.
L’altrove della parola cercata che scava e fa intravedere il non ancora, il mistero del nostro esistere, perché anche se talvolta la vita sembra deriderci, Bruno Di Pietro sa che l’ascolto potrà aprire un territorio in cui ci ritroveremo e riconosceremo, liberi dalla paura e dal brutto che ci affonda. Mi hanno colpito le parole dell’autore, incarnate nei luoghi, come dice Adam Vaccaro. Sanno di terra e di mare. Sanno di origine e di destino, sanno che si può ancora resistere alla solitudine e ancora sperare.
Grazie di cuore Fabia. Hai colto un aspetto essenziale : “sanno di terra e di mare”. Origine e destino , proprio come dici.
Il coraggio di una parola che rendendosi esplicita allude in realtà all’altro per non adeguarsi alla banalità della comunicazione ordinaria, questa di Bruno, con il coraggio di impiegare ancora le rime in modo convincente, non stucchevole. Sicuramente poesia di valore, ma misurata, riflessiva, che non cerca di sorprendere ma piuttosto di offrirsi come un garbato invito alla lettura.
Ti ringrazio di vero cuore Fabrizio Bregoli anche se con colpevole ritardo. Soprattutto per quella attenzione sulle rime per le quali ci vuole davvero , hai ragione, coraggio. Spesso interrogo me stesso sull’argomento e mi dico “quanto vecchio sembrerai!” . Eppure mi risultano indispensabili perché cerco ,con la parola, il suono. E grazie infine per l’apprezzamento relativo al rifuggire dalla banalità della comunicazione. Ho letto molte cose tue, conosco il tuo valore e il tuo giudizio mi giunge davvero grato.