Anticipazioni – Flaminia Cruciani

Pubblicato il 1 giugno 2018 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Flaminia Cruciani

Inediti

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Con un commento di Laura Cantelmo

Nota di poetica
Richiamo, in proposito, qualche brano dal saggio di Carlo Pasi sulla mia poesia: “Lo scavo dell’origine”, scritto sul mio libro “Semiotica del male” e in cui mi riconosco: “Sento un certo fastidio per le scritture della ‘pienezza’ che pretendono di occupare tutti gli spazi, perfino le riserve del lettore. E l’io sovraccarico non lascia mar¬gini alle derive della fantasia, il vagare dis-tratto della mente. Lo strappo dell’invenzione”…“Preferisco accordarmi a testi che ci allarmano dagli an¬goli oscuri, i punti ciechi delle loro cavità insondate …e cer¬co di scrutare l’invisibile.”

Flaminia Cruciani

Lo chiamano tempo questo dramma
di attimi impilati
la chiamano vita questa sottrazione
di rosari d’istanti zoppi
che si esegue senza prove
con sguardi di sabbia
e chiese di carne sotto
i bombardamenti di pane quotidiano.
Estranei convincenti invecchiano al mio posto
ci spartiamo i copioni
le contraddizioni sul tram
gli alfabeti metallici di ogni età
che non descrivono nulla.
Vieni siediti, c’è spazio nella mia maschera
è comoda è in carne e ossa
non si sconta niente per fingere
solo l’arruolamento alla realtà
e un reato di mancato vissuto.
Per quanto riguarda me
vado a nuoto in assenze cardiache
sono iscritta al futuro anarchico
mi sto aspettando da tutta la vita per uscire di scena
seduta sul muretto a giocare a dadi con l’assenza
e vedo passare, il mercante, l’impiegato, il contadino
che si fondono uno nell’altro
aspetto il matto col cuore spettinato
per pagare la cauzione alla verità
per sopravvivere all’esistenza
che come una puttana batte
all’inferno di ogni giorno
e fa l’inventario delle vittime.

L’autore non si conosce
lo chiamano Dio
non si sa che maschera indossi.

*
Quando ti cammino dentro
conosco i tuoi vicoli
i campanili storti delle tue piazze
le serrature arrugginite
dei tuoi pensieri inconfessabili.

*

METAPOESIA

Stasera il sole non riesce a tramontare
è come un cappio di grano appeso agli occhi
ti tocco la schiena e t’inarchi
come un petalo al vento del mare
gli occhi calpestano l’infinito davanti.
Ti parlo come si dice un segreto
della mia fiamma a fiato in cui cerco la poesia
nascosta nella sua cripta di veli
delle mie mani stanche al lavoro
coraggiose e colme di parole ribelli
con cui estrarre il fuoco ogni giorno
di pensieri che crocifiggono e guardano verso l’alto.
Mi guardi e i tuoi occhi cambiano voce
mentre ci copriamo con il cappotto, vorresti consolarmi.
Ti racconto delle emozioni orfane
quando vogliono restare in versi
come offerte ostinate al tempio
di tentazioni che non danno anima né tregua
che portano all’inferno e
che non sono cifre, né figli, né case.
Ti parlo di sogni mescolati a diluvi
che vorrei fissare e fermare
di quando le parole non si aprono ancora
e sono vicoli bui, viaggi di sola andata
e a volte patti di bellezza definitivi
codici aperti di nuove resurrezioni
quando dimostrano galassie e fiumi
e il tempo predatore procede
a passi inginocchiati nella campana senza ringhiere
dove i pani tornano alla mia bocca colma di aprile
che bacia il tuo profilo contro il sole
sospesi sull’ala con cui ogni giorno provo
a innalzarmi oltre gli elmi degli angeli
come in cielo così in terra.

*

OCEANOFONDENTE

Il viso appoggiato alla spalla
l’inchiostro cola dai miei occhi neri
e tinge il tuo corpo acuminato
come un dono votivo.
Verso su di te il mio abisso
sui tuoi numeri in transito
il mio nero minerale sulla giostra dei sensi
e quando avrò finito di marchiarti
il tuo corpo diventerà vedente
sarà organo vedente.

*

Oggi era un giorno del 1943
mi sei venuto incontro a Recanati
con i pantaloncini corti
suonando la fisarmonica.
Il mio letto ora è vicino
a quello tuo da piccolo
e ci diamo la mano
siamo tutti e due bambini e
ci diamo la mano per addormentarci
sentendo il mare che entra dalla finestra.

*

È giugno (per il decimo compleanno di Bianca)

È giugno
il cielo è un fossato di luce
i predatori stanchi dormono
nei campi di grano
i demoni sono innamorati.
Il brigante commosso dal gelsomino
porta in dono una tartaruga alla vecchia madre
il cadavere è ubriaco e dorme fino all’alba
la morte ha perso la falce
nei bacili d’oro delle ginestre.
È sempre giugno nei tuoi occhi verdemarrone
dove poso il senso del mio uragano
sai, anch’io mi perdo
infinitamente più di te
nelle mie spalle eremite
nei versi che tirano dadi truccati
ma tutto accade amore
e come dice la luce
la vita è imminente
e tu nasci ogni giorno
infinitamente più di me
nel tuo stelo arboreo
con coraggio cammini e ridi
nel frutteto impastato di sole
sull’Appia antica dove continuiamo a giocare
a caccia al tesoro con Babbo Natale.
Non ridimensionare il volo della tua rondine
sottraiti alle aspettative
non perdere te stessa
segui la tua vertigine.
Verrò io a visitarti a capo chino
come si entra in un bosco sacro
imparerò il sangue alato del solstizio
e m’insegnerai i canti dei tuoi nidi.
L’amore non fa domande.
Il tuo nome è una preghiera
non me ne ero mai accorta.

*

Oggi il mare mi è entrato dentro dai piedi
ho ospitato la sua santità nelle mie orbite
le sue ossa liquide nelle mie onde
l’ho invitato a entrare nelle bocche
spalancate del mio corpo
 per imparare
il suo canto oracolare e ho sentito
le mie rive per la prima volta
la contrazione delle mie sabbie psichiche
lo scardinare dell’acqua salata nelle vene.

Ora so che non è stato creato
che anche Dio davanti al mare
era rimasto in piedi a guardare.

*

Nota Biobiblio

Flaminia Cruciani Nata a Roma, è archeologa e analogista. Per lunghi anni è stata membro della “Missione archeologica italiana a Ebla” in Siria. Nel 2008 ha pubblicato Sorso di Notte Potabile, ed. LietoColle e nel 2015 Lapidarium, ed. Puntoacapo. Semiotica del male, edito da Campanotto, è del 2016, mentre del 2017 è Piano di evacuazione, Samuele Editore. Chora, un libro scritto a due mani con Ilaria Caffio, con la prefazione di Carlo Pasi, è del 2018, Spagine edizioni, Fondo Verri. Una sua antologia bilingue We were quiet in the same language, con la prefazione di Marco Sonzogni, sarà pubblicata nel prossimo ottobre da Gradiva Publications, New York. Suoi testi letterari sono presenti in numerose antologie, italiane e straniere. Con Tomaso Kemeny e altri poeti ha fondato e dirige il movimento culturale Poetry and Discovery.

*

Nota di lettura

“Cerco la poesia/ nascosta nella sua cripta di veli” (in “Metapoesia”). Che alla parola poetica venga riconosciuto un ruolo magico di rivelazione del mistero più recondito della realtà è un topos cui i poeti hanno fatto spesso riferimento. Questa la via d’accesso a quell’oscurità che Flamimia Cruciani individua nel suo faticoso iter tra parole “ribelli”, attraverso cui, poco a poco, si snocciola il rosario che porta al compimento del testo poetico: “Ti racconto…ti parlo…“, dal quale emergono emozioni “orfane”, “sogni mescolati a diluvi”, la fatica di “parole che non si aprono ancora”…Una poesia che possiede una solennità inconsueta di questi tempi. Per Cruciani le parole sono materia vivente, che al proprio interno ingloba altre parole, portatrici di significati plurimi nella tensione a palesare l’arcano, metà trasparente e metà sommerso, custodito nella cripta di veli.
Lo scavo nel linguaggio svela la missione che Flaminia Cruciani ha posto al centro della sua vita di archeologa – la ricerca di segni di civiltà sommerse, soffocati da cumuli di terra stratificati nel tempo che ne impediscono la vista custodendone il tesoro. Il lavoro di scavo, che richiede delicatezza e costanza nel rispetto di quanto ancora dorme nell’oscurità della terra, ha a che fare con il sacro e diviene per Cruciani metodo di scrittura poetica. Scrivere è dunque ricerca della parola nella sua intima ricchezza e potenzialità e necessita di uno sforzo minuzioso di indagine delle sue origini sia etimologiche che di relazione tra significante e significato. Una fatica che, attraverso la scoperta di una serie di perle nascoste nel lemma, porta alla luce il nucleo originario della parola stessa e il suo enigma mediante un percorso iniziatico attraverso il tempo e la storia. Il poeta è depositario di un potere taumaturgico capace di individuare “codici aperti di nuove resurrezioni” strappati al “tempo predatore”, tali da trasformare profondamente chi alla parola poetica si avvicina e la pratica. Per Cruciani la missione della poesia è di “far vedere” le origini più autentiche del reale, nel tempo storico devastante e devastato in cui viviamo, dal quale insieme alla presenza del sacro è stato cancellato il rapporto con l’invisibile.
In tutto ciò la presenza di un Fattore rientra a sua volta nel mistero – “l’autore non si conosce/ lo chiamano Dio/ non si sa che maschera indossi” (in “Lo chiamano tempo questo dramma“). In questo ultimo testo compaiono due temi centrali nella poesia di Cruciani – quello del tempo e quello della maschera. Il primo, il tempo eterno, le cui porte è il poeta ad aprire, svelando l’eternità che ci è negata nell’effimero istante di “attimi impilati” che è la nostra esistenza, l’altro, quello della maschera, metafora di una alienazione profonda nella vita che è non-vita, che in-clude una serie di locuzioni e lemmi appartenenti al campo semantico della morte – giocare a dadi (con la morte, n.d.r), uscire di scena, assenza.
Non a caso io penso che Flaminia Cruciani – fondatrice del Movimento “Poetry and Discovery” insieme a Tomaso Kemeny – riecheggi tematiche preromantiche, romantiche e persino relative al Modernismo anglosassone. Ad esempio, sul ruolo del poeta come persona dotata del potere sciamanico di giungere all’essenza, mostrando la verità delle cose. Inoltre, nella tensione a ritrovare l’autenticità della parola come garanzia di un’etica recuperata, nei suoi testi emergono temi cari a grandi poeti del Novecento, quali Eliot – nel concetto di sacro – e Pound, con la confuciana “Dottrina della rettificazione dei nomi”, e di molti altri intorno a loro.
Tematiche grandiose in un tempo spesso declinato da minimalismi di varia natura o da esercizi autoreferenziali chiusi nel letterario.

Laura Cantelmo

One comment

  1. Fabrizio Bregoli ha detto:

    Conosco Flaminia da tempo e ho avuto la gioia di partecipare ad alcuni eventi di azione poetica da lei organizzati. Di lei ammiro l’energia, la grinta, la difesa del bello a spada tratta. Di lei apprezzo, come emerge da questi testi, la capacità di trasformare la parola in profezia, manifestazione sciamanica di una realtà altra da sondare. Questi testi ne sono un esempio vivo, grazie alla sua capacità di combinare immagini inconsuete, associazioni di piani semantici dissonanti che in lei diventano plausibili, concretezza di poesia. Occorre tenere alta l’asta della poesia, non rinunciare alla parola maestosa e profonda e credo che Flaminia ci riesca credibilmente aldilà del dilagante minimalismo prosastico e della dozzinalità di tanta altra “poesia” contemporanea.

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