Percorsi di Adiacenza – Adam Vaccaro

Pubblicato il 18 aprile 2025 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Percorsi di Adiacenza – Antologia di ricerca critica dei linguaggi della Poesia e dell’Arte, Marco Saya Edizioni, marzo 2025
Introduzione e cura di Donato Di Stasi – Postfazione di Elio Franzini

Libro di un percorso di ricerca, di poesia e di vita, con analisi interdisciplinari, dalla filosofia alla psicoanalisi, dall’arte alla fisica quantistica, alla ricerca del senso, nei testi e nel contesto, dedicate a opere di oltre 50 Autori contemporanei di Poesia, Prosa, Musica e Arti visive. Alla ricerca di parole-pietre miliari condivise, premesse per offrire a piedi, mani, pensieri e anima, energie invisibili quanto necessarie all’Opera Umana di proseguire oltre i limiti che la negano.
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Buona Pasqua!

Pubblicato il 17 aprile 2025 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Buona Pasqua!
Auguri di rinnovate albe e rinascite

Giuseppe Vetromile – Di non chiudere le porte stasera

Pubblicato il 10 aprile 2025 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Giuseppe Vetromile, Di non chiudere le porte stasera, La Valle del Tempo, 2024
Opera vincitrice al Premio “L’assedio della poesia” 2023

Nota di lettura di Margherita Parrelli

Si dovrebbero dire così come ha detto il poeta le sue parole, rinunciare a un’esegesi, quando le sfumature declinate nella penombra della sera appaiono inequivocabili, le tentazioni “dopo un breve capoverso di luce” tornano assopite e il poeta si dichiara “inesatto, mancante di quel tanto / che muove la vita a nuove albe” eppure si svela, per il tramite del suo arrendersi, caparbiamente alla ricerca di senso e, come Penelope, intreccia e scioglie, scioglie e intreccia i suoi versi a segnalarci che “uno scivolare sull’orlo dei giorni” è destino comune, ma che deve essere indagato.
Giuseppe Vetromile, nel suo ultimo lavoro “Di non chiudere le porte stasera”, ci conduce nella sua intimità, che vive e si nutre dei luoghi del suo quotidiano, “Ma hai luci sghimbesce, di traverso, dal fornello di cucina / fino all’angolo del letto: tragiche nello scioglierti di dosso / la nuvola d’ovatta che ti prese lungo il silenzio la notte!”.
Egli abita il proprio microcosmo con tale denudata autenticità che i suoi percorsi diventano i nostri, e gli oggetti ai quali si accompagna sono oggetti poetici, ossia simboli della nostra dimensione umana di finitutide, nella quale “il tempo è sempre comunque avaro d’immobili minuti” e l’eterno si assimila a “attimi imprendibili”.
L’effetto di questa identificazione dell’eterno con l’attimo è una sensazione di sospensione e di attesa che aleggia in tutti i componimenti, fino ad essere dichiarata in vari momenti del racconto poetico: “la vita è quel fantasma in attesa d’essere evocato, / nei giorni chiaroscuri strappati ad un calendario / in eterno giramento”.
A traghettarci in questa cosmologia del quotidiano è un verso allungato, disteso nell’attesa, dal ritmo lento, forse assonato sicuramente incantato e un lessico che gioca tra il “mercatino rionale” e il “passo vespertino”, non temendo di colloquiare con l’amore come con il creato.

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Anticipazioni – Marco Plebani

Pubblicato il 8 aprile 2025 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Marco Plebani
Inediti
Con nota di lettura di Luigi Cannillo

Nota di poetica
Questa mia ricerca è stata diretta verso un linguaggio che prevedesse il cosiddetto “grado zero della scrittura”: assertività al minimo, bandito ogni orpello stilistico, lessico oggettivato, eliminazione di arcaismi, di apocopi e anastrofi, anche se, qualora lo leggeste, troverete che la lirica di stampo tradizionale sopravvive come atto di ribellione consapevole. A ciò aggiungo che le liriche prevedono, in alcune, “follie tutte mie” a cui non ho potuto resistere: onomatopee isteriche e non-sense.

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Fra tempi e terre – Maria C. Baroni

Pubblicato il 4 aprile 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Maria Carla Baroni, Fra tempi e terre, Stampa 2009, Azzate (VA) 2023. Pagg.25. € 7,00

Nota di lettura di Laura Cantelmo

Di Maria Carla Baroni conosciamo la sensibilità militante nell’impegno politico, oltre alla tempra pugnace nella lotta ininterrotta contro il sistema socioeconomico attuale, che sta mostrando un crescente cinismo sociale, con le piaghe che ne conseguono.
Nella sua più recente raccolta, Fra tempi e terre si percepisce una tensione lirica più alta, rispetto al passato, dovuta alla sensazione del trascorrere del tempo verso una meta fatale, la cui presenza è già individuabile nella solitudine, che in questi anni si è aggravata per tutti. Eppure, emerge, incontaminata, una eraclitea convinzione che tutto scorre, ma non si estingue: “L’oceano del tempo avvolge la vita e le sue forme. […] Danza delle dune nel deserto /nel vento che passa/e trasforma.” (“Miraggi”). Si nota nelle stesse parole chiave del titolo, che il tempo è diventato dominante nella sua quotidiana percezione esistenziale, in quel fluire che investe i giorni, mutando gli aspetti della natura e l’anima delle città. Il pensiero si concentra sui luoghi in cui ha vissuto o che ha conosciuto: l’Africa, lapidariamente descritta nella sua perdurante condizione: “All’alba/ accorrono all’acqua/ a corona di una rotonda sorgente / prede e predatori insieme. /All’alba all’acqua/ in una luce soffusa d’attesa/ è sospeso l’artiglio della morte.” (“Alba all’Etosha Park”). Appare in modo esplicito, in questa bella raffigurazione di un’alba in Namibia, una delle parole chiave – morte. La sua presenza in questa raccolta è pervasiva, spesso affidata a una serie di immagini che appartengono a quel campo semantico, determinando l’atmosfera di quasi tutti i testi. Come pure vi aleggia l’idea di prede e predatori – immagine potente, che, con la ripetizione della radice pred, sottolinea la critica al capitalismo imperante e al suo spirito di rapina, tema portante dell’intera silloge.
La stessa immagine ritroviamo in Milano, sua città natale “Milano un tempo/città d’acque lente […] Ora mare di cemento” (“Città che fu d’acque lente”). Il senso tragico dell’indebolirsi della consapevolezza politica, del degrado della vita sociale, emerge nel clamoroso contrasto tra povertà e ricchezza che sembra – questo sì – un destino irreversibile che turba i nostri pensieri. Toni di profonda malinconia che si alternano a quel “tutto scorre”, irrefrenabile destino “fluente verso la sera” e al contempo affermazione di una forza che si trasmetterà, si spera, ad altre generazioni: “Avere un fine di liberazione /come faro lontano” nel caleidoscopio della Storia di chi “tutto è costretto ad accettare” (“La Storia”).
Il senso di vacuità del reale domina nelle riflessioni relative alla decadenza antropologica (“Divenire”), alla fragilità culturale e di prospettive delle giovani generazioni: “Giovani compagne/[…] fiori di una sola primavera/ senza speranza di visione futura.” (“Giovani compagne”). Mentre l’asserzione “Sono una forma del divenire”, mancando il soggetto grammaticale riferito alla voce verbale – sono – potrebbe, se in prima persona, rappresentare l’affermazione dell’Io, della propria capacità di resilienza -“Acqua e fuoco”- della fiducia nella forza vitale dell’amore, così importante nella sua stessa vita: “un amore che dura anche in assenza” (“Quel che rimane”) – che pare “poter vincere qualunque muro/impotente all’alitar della morte.” (“Amore e morte”).
Le bandiere sventolanti nelle piazze, che animavano le precedenti raccolte, sono qui sostituite da: “Ora noi a nude mani alzate, /protese/contro frane di diritti/rubati, la Madre Terra /sventrata […] Il Sistema. /Proteo che uccide per non morire.” (“Proteo”). Un atteggiamento di impotenza insolito in quest’Autrice così appassionata, tanto che i toni di denuncia sfiorano lo sconforto. Tuttavia, il testo conclusivo – “Quando riproveremo” – è un grido di speranza, a futura memoria – l’idea che sia necessaria una maggiore libertà nella concezione del partito ed è anche l’attesa di un avvenire di equità e giustizia, quella che ha sempre ispirato la sua vita, così intensa e ricca di sentimenti e di fede nel futuro. Ė la fedeltà a sé stessa, che si proietta in un domani che dovrà essere affermazione comune, non solo anelito privato, “senza la cappa del partito/Stato/ opprimente e onnipresente/ pur astratto e lontano/ come ora il mercato.”

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Trasmutazioni-Alchimie in Caoslandia – Adam Vaccaro – Roma

Pubblicato il 29 marzo 2025 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

Ringrazio di cuore l’impegno culturale e organizzativo di Anna Maria Curci che, insieme a Donato Di Stasi e Francesco Muzzioli, saranno con me al Villaggio Pentatonic di Roma, il prossimo 6 aprile – H 16,30-18,30 – a presentare il mio Trasmutazioni.

Invito gli amici che potranno essere presenti a condividere questo momento di poesia e riflessioni stimolanti (A.V.)

Associazione Culturale “Villaggio Cultura – Pentatonic”

Viale Oscar Sinigaglia, 18/20 – Roma
Domenica 6 aprile 2025, dalle 16,30 alle 18,30*

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GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA – PADOVA

Pubblicato il 18 marzo 2025 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini
XXXII Giornata Mondiale della Poesia
Padova – 21 Marzo 2025
*** scarica la locandina 

I poeti di Gaccione – Adam Vaccaro

Pubblicato il 16 marzo 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Angelo Gaccione, Poeti – Ventinove cavalieri e una dama,
Di Felice Edizioni, Martinsicuro, 2025
Adam Vaccaro

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Articolo già apparso sul Giornale d’Italia, il 6 marzo e su Odissea del 9 marzo 2025 – seguono i link relativi:
https://www.ilgiornaleditalia.it/gallery/cultura/687640/angelo-gaccione-ritorno-alla-poesia-con-la-pubblicazione-di-poeti-ventinove-cavalieri-e-una-dama-per-la-di-felice-edizioni.html
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https://libertariam.blogspot.com/2025/03/i-poeti-di-gaccione-di-adam-vaccaro_9.html

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Il J’accuse di Adam Vaccaro – Francesco De Napoli

Pubblicato il 14 marzo 2025 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro

Dopo la I Parte – vedi a https://www.milanocosa.it/saggi-poesia/il-jaccuse-di-adam-vaccaro-francesco-de-napoli – segue la

II Parte del saggio di Francesco De Napoli, dedicata specificamente a  Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia 

(2024, puntoacapo Ed.)

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IL SOFFERTO J’ACCUSE DI ADAM VACCARO
IN UN MONDO DI PERVERSI ANTROPOIDI

Francesco De Napoli

II PARTE

IL POEMA DELLA DISPERAZIONE E DELLA RIFLESSIONE “TRASMUTAZIONI – ALCHIMIE IN CAOSLANDIA”

Nel 2024 Adam Vaccaro pubblica una nuova raccolta, “gemella” di Google – Il nome di Dio. Si intitola “Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia”, nella quale le tematiche affrontate si presentano dialetticamente e strettamente collegate con quelle della silloge precedente, ma con accenti lirici che mutano impostazione e prospettiva. Il poeta ha scaricato nella raccolta precedente tutto il suo rancore, la sua ironia, il suo disappunto. Ora alla passione e al risentimento si affiancano, fin quasi a sostituirli, la riflessione e la ponderazione. Nella Postfazione, Gabriella Galzio parla di sistole e diastole della poesia di Vaccaro. L’autore è consapevole che la poesia deve sforzarsi di costruire, non di distruggere. Certamente è possibile edificare anche attraverso la satira più feroce, ed è ciò che Vaccaro aveva realizzato in Google – Il nome di Dio. Ma ora è necessario raccogliere le schegge infrante d’una realtà irriconoscibile, cercare di riunirle e armonizzarle per contrastare l’infinita varietà di spurie manipolazioni perpetrate in un mondo in liquefazione. Nota John Picchione nella Prefazione:
“Vaccaro è guidato da una poetica radicata nella consapevolezza che la disintegrazione temporale e la crisi dei grandi racconti, legate alla nostra tarda modernità, rappresentano due poli di una medesima condizione storica. Ne consegue una poesia che nel suo macrotesto mira a restituirci la possibilità di rielaborare un metaracconto dei nostri tempi e di avversare lo sbriciolamento e l’indebolimento delle versioni del mondo. (…) Al dissolvimento di un obiettivo umano diretto a medicare le ferite della Storia, Vaccaro propone mappe conoscitive, etiche e politiche per restituirci un orientamento e ravvisare segnali di liberazione.”
Come Google, anche Trasmutazioni è suddiviso in quattro Parti: Frane quotidiane – Cosa senza Nome; Pietre senza Luna – Nel macero della Storia; Sassi volanti – Davide senza Golia; Pietre miliari – Memorie e Visioni.
La Prima Sezione mette a nudo con uno sguardo non più giustizialista – ma sempre estremamente severo – i falsi miti della modernità, che poi altro non sono che le sciocche credenze in cui l’umanità affoga da sempre: dall’“altare del fuoco acceso” dei templi pagani e cristiani ai “deliri di conquista”; dal bruco di “Alice nel Paese delle Meraviglie” alla “Cosa” (è ancora la poesia?) “che carezza e consola” nonostante la latitanza dell’atteso “godot rimasto irridente nel nulla”; dagli “Eroi quotidiani” che si nutrono della “Cultura del brutto” al “Regno D’Io” da cui “s’alzano nere colonne/ di fumo d’anime consunte” sulle quali fluttua “l’ala gelida del male”, mentre “i cancelli del Cielo” hanno perso ogni credibilità e “arrugginiscono nel loro/ caduco arzigogolo”.
La Seconda Sezione tratteggia con superiore acutezza e senza eccessivo livore le macabre carnevalate di quanti “parlano di guerra come fosse / un torneo di calcio”, inoltre dipinge un ritratto nuovo di zecca del “Dottor Stranamore 2022” sulla cui groppa cavalcano “trionfalmente / allegri (…) ignari” – soprattutto incoscienti – ciurmaglie di invertebrati incapaci di vedere “in fondo la luce dell’Apocalisse”.
La Terza Sezione sembra rievocare in diverse liriche la primigenia saggezza dei filosofi e poeti presocratici, quel sapere istintivo e ingenuo su cui fu edificata la cultura dell’antichità classica. È l’insuperabile patrimonio di valori che per Adam Vaccaro è fondamentale per cercare di individuare l’originaria sapienza umanistica, e insieme scientifica, della storia della civiltà. Questo perché nell’Umanesimo delle origini era tenacemente radicata una componente esistenzialistica. Nell’antica filosofia greca l’osservazione e la meditazione sul significato dell’esistenza erano inseparabili da una concezione etica e umanistica del mondo.
Era un esercizio collettivo basato sull’osservazione della realtà che tendeva a ridimensionare le credenze sul mito per sviluppare un pensiero razionale, ancorato alla realtà antropologica e naturalistica. Ciò accadeva nonostante che i miti greci fossero l’espressione genuina, spontanea e diretta di quella cultura primordiale.
In un’epoca in cui la menzogna viene elevata a verità e la sopraffazione è la regola, il crollo di qualsiasi ideale positivo è un fatto compiuto e quasi irreversibile. Oggi i manipolatori del pensiero s’inventano a tavolino falsi miti (Harry Potter, Batman, Capitan America, ecc.) assolutamente sganciati dalla realtà concreta, che vengono imposti su masse composte da soggetti psicolabili.
In “Armi di distrazione” Vaccaro affronta la questione con tagliente fermezza: “(…) sei libero e felice di/ scegliere tra i/ mille canali/ dove/ affogare/ nel vuoto/ di ogni idea/ d’un pensiero/ drone d’una mano/ avida di telecomando/ tra supereroi e serialkiller/ poliziotti machi e criminali (…)”.
Ricordiamo che una delle maggiori opere filosofiche del Novecento, firmata da Jean-Paul Sartre, si intitola: “L’esistenzialismo è un umanismo”. È questa la vera Cultura che gli antropoidi del Terzo Millennio avevano ereditato senza minimamente apprezzarla né meritarla, ragion per cui l’hanno calpestata e rinnegata con colpevole faciloneria.
In questa Terza Sezione ci imbattiamo in “La Mano e il Sasso”, un distico perfetto. È un capolavoro di immediatezza poetico-creativa. Leggiamo: “nel volo di un sasso cogli la mano e/ nel suo brillio la memoria dell’acqua”.
Notevolissimo anche “Sassi e Scale”, un frammento poetico leggermente più articolato che si avvale d’una costruzione metrica più ampia, ma sempre racchiusa nell’orbita del discorso precedente: “Se un sasso/ ferisce il tuo passo/ tu fanne canto momento/ e moto teso a un salto più alto”.
Cosa intende dirci Vaccaro attraverso versi così scabri e nudi? Le immagini del “sasso” e dell’“acqua” simboleggiano la primitività dell’essere e della nostra stessa vita. Il poeta lancia un segnale preciso: la prospettiva di un “salto più alto” si pone come umile auspicio, esortazione al recupero degli strumenti primordiali e antichissimi che consentirono all’umanità di progredire. È illusorio pretendere di spingersi oltre utilizzando meccanismi informatici sempre più sofisticati. Il pianeta Terra non è in grado di sostenere ad oltranza l’attuale sperpero di energie e di risorse al servizio di un consumismo sfrenato che sta appestando terra, aria e acqua, e da cui trae beneficio una piccola cerchia di privilegiati.
La Quarta Sezione rappresenta l’epifania finale. È un affranto j’accuse appena mormorato, l’estremo e sommo canto di decantazione del perenne incubo/sogno del quale gli esseri umani sono, ad un tempo, gli artefici e le vittime. È la condizione comune di fatale alienazione che lega indissolubilmente passato, presente e futuro, minando alle radici il raggiungimento d’un vero e duraturo progresso civile e culturale. La poesia intitolata “Trasmutazioni” – che dà il titolo alla raccolta – chiarifica i legami, e insieme le fratture insanabili che avvinghiano eppure dividono – in maniera sempre più folle e stridente – l’impasto di allucinazioni, ambizioni e angosce da cui l’umanità è morbosamente affetta. Scrive Adam Vaccaro:
“La vita è a volte così amata, amore mio,/ che ti versa qui gocce di falsodolce/ di prove di miracoli folli di/ trasmutazioni d’alchimista/ alla ricerca di nomi a cose esistenti/ così resistenti, ma solo in sogni d’Icaro/ d’ali impossibili d’umano”.
In questi versi troviamo tutto ciò che conta veramente, vale a dire la condanna di qualsiasi chimera e superstizione, dai miracoli su cui è costruito il potere temporale delle gerarchie sacerdotali alle moderne ali d’Icaro (le astronavi di ultima generazione) di cui magnati come Elon Musk intendono dotarsi per dominare non solo la Terra ma l’intero Universo.
Alle sfrontate e grandiose messinscene che i potenti di turno danno in pasto a un servitorame sempre più inebetito, il Poeta contrappone alcune sequenze di vita vera forse possibili ancora per poco: l’apina che “volava felice di fiore in fiore” pur temendo il ronzio del calabrone che la inseguiva; il piccolo Pierino che “tra pozzanghere e ciuffi d’erba/ (…) credeva/ ancora in quello che vedeva e sentiva”; infine “quei tram verdi/ degli anni sessanta, sogni di una libertà/ priva di colori (..)/ bastava quel verde/ un po’ serioso e composto come la speranza/ che cresceva forte in noi (…)”.
Siamo di fronte a memorie struggenti di vita vissuta che si mescolano con i flash apocalittici d’un presente surreale ed estremamente funesto. È ormai indubitabile che il genere umano – malato di una “illusione resistente di immortalità” (in “Verginelle”) – ha toccato il fondo: “Sta cambiando la terra sotto i piedi / Fratello”, leggiamo in “Frantumi”.
Adam Vaccaro non ha perso, tuttavia, l’ultima speranza. Egli si rivolge a sé stesso – e nel contempo ai “piccoli uomini-zattere” di Caoslandia –, levando una folgorante supplica che è anche un monito. L’umanità rischia di estinguersi e insieme con essa la vita sulla Terra, ma ancora esiste una minima possibilità di salvezza.
Questa speranza di salvazione potrà venire soltanto grazie alla Cultura e alla Poesia, cioè grazie ai supremi valori dell’Umanesimo. In un giorno non lontano, forse, il terrore d’un universale flagello darà voce a “parole che non sai/ se scendono o salgono lucide come/ attesi sapienti inascoltati nel loro canto (…)” (da “Perle”). Saranno rinnovate “perle sapienti di salvezza”, poiché a parlare sarà l’innocenza e il candore dei poeti, da sempre umili e dimessi come “anime accese fuori/ dalle cloache (…) tra cielo e terra” (da “In questo Fiume”).
Per un mondo di fratellanza e di pace.

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Il J’accuse di Adam Vaccaro – Francesco De Napoli

Pubblicato il 13 marzo 2025 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro

Un’analisi profonda del poeta e saggista, Francesco De Napoli, animatore culturale di Cassino e del Basso Lazio, che – attraverso la lettura degli ultimi libri: Google il nome di Dio e Trasmutazioni – ricolloca nell’ambito storico-sociale degli ultimi decenni l’azione poetica e critica di Adam Vaccaro.

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IL SOFFERTO J’ACCUSE DI ADAM VACCARO
IN UN MONDO DI PERVERSI ANTROPOIDI

Francesco De Napoli

I PARTE

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IL QUADRO GENERALE AGLI ALBORI DEL TERZO MILLENNIO

In Italia e, contestualmente, in altri Paesi del mondo, tutto ebbe inizio negli anni in cui fu liquidata, con un colpo di spugna, la Prima Repubblica. A ragion veduta, è da credere che sia esistito davvero, e che esista tuttora, una sorta di “complotto globale” – magari scalcinato ma abbastanza funzionale allo scopo, come nelle vignette di Sturmtruppen di Bonvi – pilotato dai poteri occulti del Pentagono e di altre lobby sommerse degli Stati Uniti. Nel 1989 Achille Occhetto e Giorgio Napolitano compirono uno stranissimo – anzi misterioso – viaggio a Washington, dove furono ricevuti in separata sede dapprima dal miliardario Edgar Bronfman capo del Congresso Ebraico Mondiale, quindi da Henry Kissinger e infine addirittura da David Rockefeller. Qualche mese dopo il PCI fu sciolto.
La nuova “sinistra” nata dalle ceneri del PCI cancellò istantaneamente qualsiasi traccia del proprio passato marxista e gramsciano, per abbracciare una politica gradita alle spudorate tecnocrazie che già allora imperversavano in Occidente e nell’Unione Europea. In Italia Veltroni, D’Alema e Bersani appoggiarono senza pensarci due volte dei governi liberal-conservatori come quelli di Ciampi, Dini, Prodi, Monti, Letta, Draghi e altri. La motivazione ufficiale era contrastare l’oligarca e imprenditore Silvio Berlusconi, ma in realtà gli esecutivi di cui fece parte il neonato Partito Democratico della Sinistra erano tutti di tendenze moderate e centriste, tant’è che la maggior parte delle privatizzazioni fu realizzata dai governi presieduti da Romano Prodi.
Con la fine della Repubblica fondata dai Padri Costituenti era comparsa all’orizzonte l’ombra funesta del padrino/predone Berlusconi affiliato alla P2 e in odore di mafia, forte d’uno smisurato potere mediatico capace di oscurare senza pietà le altre emittenti televisive. Il crollo, più che politico, fu pertanto di tipo socio-culturale. Venne stravolta e soffocata sotto montagne di falsità e denigrazioni la letteratura dell’“impegno” che era stata il cavallo di battaglia degli eredi di Antonio Gramsci e che aveva contribuito a formare una coscienza di classe tra i lavoratori. Furono tacitamente messi all’indice i grandi capolavori del cinema neorealista e di protesta – pensiamo a maestri come Francesco Rosi, Elio Petri, Giuliano Montaldo, Pier Paolo Pasolini, Damiano Damiani -, che dal dopoguerra in poi avevano educato intere generazioni ai valori della giustizia, della fratellanza e dell’uguaglianza.
Anche “Tangentopoli” fu un pretesto per fare piazza pulita dei personaggi scomodi che, in un modo o nell’altro, si riallacciavano agli ideali dell’antifascismo e della Resistenza. Basta pensare che il bottino complessivo accumulato dai ladroni di “Tangentopoli” non superò i due miliardi di lire (circa un milione di euro), mentre oggi vengono rubati – tra appalti pilotati e finanziamenti occulti – ogni giorno decine di milioni di euro senza che nessuno faccia obiezione.
I magnati mondiali dell’alta finanza – con il tacito assenso di politici compiacenti e corrotti – avevano iniziato già da tempo a parlare in pubblico, sempre più diffusamente, della necessità di un “nuovo ordine mondiale”, per giungere al quale il primo passo da compiere era riconoscere e accettare la totale “globalizzazione” dei mercati. Con lo scioglimento dell’Unione Sovietica era finita la “guerra fredda”, e in molti Paesi – ivi compresa la Russia – avevano preso piede nuove forme di nazionalismo reazionario tutte collegate, in un modo o nell’altro, con la piovra capitalistica dell’Occidente. Perfino la Cina, che ufficialmente esalta ancora il Partito Comunista, è parte integrante non soltanto dei mercati e dei commerci mondiali, ma della stessa catena di produzione di beni di consumo commissionati dai grandi marchi degli Stati Uniti e d’Europa. La logica degli scambi finanziari impose di realizzare delle tacite alleanze sovranazionali che garantissero e rafforzassero equilibri affidabili sia per la Borsa che per i vari “sovranismi”, vista la loro multiforme e instabile consistenza. I Paesi rimasti fuori da queste coalizioni furono destinati all’isolamento e a un inesorabile declino. Da tutto ciò nacque una “piovra” dai mille tentacoli al servizio del Dio danaro, un mostro gigantesco più attivo e possente che mai.
Oggi in Occidente le istituzioni parlamentari sono degenerate al punto da somigliare sempre più ai regimi totalitari sudamericani: sono finte democrazie che non interpretano più i bisogni della collettività, bensì si prefiggono di tutelare sfacciatamente gli interessi dei “poteri forti”: banche, lobby, alta finanza, mafie, imperi mediatici.
C’è da dire che già agli inizi del Novecento aveva cominciato a diffondersi tra gli uomini di cultura più sensibili e attenti la netta sensazione che qualcosa di molto pericoloso e opprimente stesse per verificarsi. Nel mondo soffiavano i venti di guerra di ben due conflitti mondiali, ma c’era dell’altro. L’allettante prospettiva d’un “nuovo ordine mondiale” era alimentata dalle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche, che invogliavano le masse a idolatrare l’aura fascinosa dei maggiori luminari della tecnologia e della scienza, descritti come Superuomini di nietzschiana memoria. Nello stesso tempo, si andava radicando tra i lavoratori la perdita d’una propria “identità di classe” che induceva ad approvare le regole e i metodi del corporativismo fascista e nazista, laddove covava il delirante germe del disprezzo nei confronti dell’uomo della strada considerato alla stregua d’un miserabile granello di sabbia in balia degli eventi.
Quel nichilistico clima di follia collettiva aveva ispirato già sul finire dell’Ottocento non pochi saggi e romanzi di fantapolitica e di fantascienza, volti a ritrarre realtà distopiche in contesti sempre più inquietanti. Quel filone si arricchì nel secolo successivo di opere ancora più ardite e coinvolgenti. Ne cito alcune tra le più significative:
“Guardando indietro 2000-1887”, di Edward Bellamy, un successo mondiale edito nel 1888, che Erich Fromm definì “uno dei più importanti libri mai pubblicati in America”; “Il tallone di ferro” (1908), di Jack London; “Noi”, di Evgenij I. Zamjatin, scritto tra il 1919 e il 1921 e pubblicato postumo in Russia nel 1988; “Cuore di cane” e “Uova fatali” (entrambi del 1925), di Michail A. Bulgakov; “Il mondo nuovo” (1932) di Aldous Huxley; “La vita è nostra” (1938) di Ayn Rand; “1984” (1949) di George Orwell; “Fahrenheit 451” (1953) di Ray Bradbury; “Il complotto contro l’America” (2004) di Philip Roth. In Italia furono pubblicati dossier romanzati come “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini, scritto tra il 1972 e il 1975 e pubblicato postumo, incompiuto, nel 1992. Né vanno dimenticati i tanti romanzi di Leonardo Sciascia sulle collusioni tra mafia, politica, finanza e spionaggio internazionale, come il superlativo “L’affaire Moro” (1978). Questo perché i grandi capolavori del pensiero posseggono una spiccata valenza premonitrice, in grado di prefigurare eventi futuri a lunghissimo termine.

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