Uc de Saint Circ – Alessandro Cabianca

Pubblicato il 2 novembre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Radici eticosociali ed estetiche della poesia moderna

Adam Vaccaro

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Alessandro Cabianca, Uc de Saint Circ – Un trovatore alla corte degli Ezzelini, Cleup (Cooperativa Libraria Editrice di Padova) – Romanzo, pp. 234 . € 18,00

Alessandro Cabianca è stato un importante compagno e amico del viaggio di ricerca intrapreso con Milanocosa all’inizio degli anni 2000, di cui è stato referente di un adiacente gruppo veneto, che a Padova in particolare ha curato e organizzato non poche iniziative.È un abbrivo non gratuito o cortese della lettura di questo romanzo, perché della visione interdisciplinare di ricerca intorno alla poesia (quale ha animato nell’arco di tre decenni il progetto e le cento e più iniziative di Milanocosa), l’appassionato viaggio intorno alle vicende umane e creative di Uc (Ugo) de Saint Circ ci arricchisce di conoscenza delle radici della poesia moderna.

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Bookcity 2024 – Evento Milanocosa

Pubblicato il 30 ottobre 2024 su Eventi Milanocosa da Adam Vaccaro

XIII Edizione BookCity Milano
Fond. Cult. San Fedele – Sala Loyola
Piazza San Fedele 4 – Milano
17 novembre 2024 – H 14,30-16,00

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Progetto di Milanocosa
A cura di Adam Vaccaro

La vita è un paese straniero
Kerouac in Italia 1966

Alessandro Manca
El Doctor Sax, Beat & Books, 2023

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Un libro di approfondita ricerca socio-culturale, stimolato anche dalla iniziativa di Milanocosa realizzata nel 2019 col titolo, all’interno della serie Attraverso Milano,
Jack Kerouac e i poeti della Beat Generation italiana.
Fu un incontro a cura di Luigi Cannillo e la partecipazione di Alessandro Manca, che divenne una sorta di radice da cui si è poi sviluppata la ricerca del libro che presentiamo.
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Il volume La vita è un paese straniero è la ricostruzione del viaggio che Jack Kerouac fece in Italia nel 1966, quando fu invitato da Mondadori per presentare il suo romanzo Big Sur, scelto come 500° della collana Medusa. Più che un semplice resoconto di un viaggio è il racconto dello scontro titanico, ricco di provocazioni e caustiche recensioni, fra Kerouac, insofferente e ubriaco, e un establishment culturale che in Italia, ancor più che in America, non lo comprende, ne sminuisce il valore letterario e lo riconduce a uno stereotipo.

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Anticipazioni – Marco Melillo

Pubblicato il 29 ottobre 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Marco Melillo
Inediti

Con nota di lettura di Luigi Cannillo
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Nota di poetica
Aver fede nella contraddizione come esser certi di esistere, dubitando al contempo di sé e del mondo con la stanchezza ma anche la gioia che ciò inevitabilmente produce. Credo di aver declinato in questi solchi per anni il rapporto con la scrittura in versi. Animato sì – come tutti – da quel senso di scoperta e quella attenzione alla scoperta (o attitudine) che il vivere produce, e che si attesta molto più spesso nell’esitazione e nell’indugio che nella potenziale carezza di una consuetudine.
Dallo strame novecentesco nell’essere poesia oggi deduco l’enorme quantità di dati cui siamo sottoposti, cercando di non cadere in un inganno inestricabile. Considerazione di tenore filosofico questa ma legata da un lato alla scabrosa mole dell’inessenziale (fatto di sempre) e dall’altro alla datità contestuale.
Se la poesia nasce da interrogativi più che da certezze il viatico mi pare ancora per me quello adottato in modo naturale da ragazzino. Ma l’attenzione al mondo e all’ignoto nulla sarebbero senza esperienza, e col passare degli anni si accetta ben volentieri di non produrre uno stucchevole vaniloquio in versi, onde ritrovarsi – sì – soprattutto nell’errore, trovando attraverso la vita nel mondo e lo stare profondo in essa – come asseriva Giorgio Caproni – possibilmente quel profondo talmente vasto e pungente da abbracciare l’altro e l’altrove.

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Trilogia di Racconti – Gianni Caccia

Pubblicato il 24 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

A caccia della difficile Armonia
Adam Vaccaro

Gianni Caccia, Trilogia di Racconti, Puntoacapo Editrice, Pasturana (AL):
– RICERCA, 2018
– TRIODOS, 2021
– L’ULTIMO BIVIO, 2024

Conosco Gianni Caccia da alcuni decenni, ma dopo La Vallemme dentro di oltre 20 anni fa, non avevo ancora letto la serie di racconti lunghi di questa trilogia, in cui ritrovo il suo respiro misurato e lungo, di maratoneta, teso a indagare l’Orizzonte socioculturale e a tradurre sulla carta la ricerca (sic!) a caccia (omonimia e gioco verbale che la lettura mi scodella) di un equilibrio che, nell’arco degli ultimi anni, è diventato sempre più difficile.
Sono già esplicativi di tale sintetico nucleo di senso, i titoli, incentrati e motivati dall’ansia di capire. Che non si muove in ambiti speculativi astratti, ma sul territorio del proprio orizzonte vitale, trasmutato in materia di pensiero, riflessione filosofica e visione critica, entro una esemplare messa in forma della lezione di Anassimandro di Mileto, per il quale la filosofia fioriva interconnessa alla geografia.
E la fonte alta del pensiero greco è richiamata sin dalla citazione di Eraclito in esergo a Ricerca: “Armonia che si tende da un estremo all’altro, come dall’arco alla lira”.
Dopo di che prende avvio il primo racconto, dal titolo Palintomia, che fa ricordare palinodia, termini entrambi di profonde radici greche, ma quest’ultimo con senso che si contrappone a dettati precedenti, mentre Palintomia è subito eco di complessità, termine polisemico, di tensione alla pluralità semantica e alla capacità di considerare sensi opposti, quali sono poi svolti dal racconto.
La narrazione parte da «Il profilo delle montagne che si stagliavano sotto il cielo di cenere sembrava apposta per respingere chi volesse violarle… mentre l’auto intraprendeva le prime salite… sotto la guardia delle montagne». Dopo di che il racconto ci conduce nelle trame della ricerca del protagonista, Giovanni, traslucido alter ego dell’Autore, dedicata a una setta dal nome evocante, Penti, e motivata dalla fascinazione per ciò che è eretico, anomalo e fuori dai dogmi indiscussi dai fedeli assuefatti. Metafora di sensi ampi e molteplici.
Il testo trasmette la suddetta fascinazione e il passo lungo è necessario a un tragitto lungo, già presente nell’animo pregno che inizia a premere sui tasti del pc, che si traduce in periodi altrettanto lunghi, intercalati da subordinate, virgole e punti e virgole. Eppure il respiro del testo non trasmette affanno e fatica, come a volte capita anche con certi classici. È che la levità non deriva solo da piccoli passi, brevità di articolazioni frasali. Ed è un dono di cui Gianni Caccia mostra di conoscere il segreto.
Ivano Mugnaini, di questa trilogia non è solo un fraterno compagno di viaggio, è un esempio di ciò che io chiamo lettore co-autore, di un’Opera consistente – sia per le complessive 570 pagine, che per i 6-7 anni di vita dedicati alla sua stesura, che hanno magari lasciato qualche capello di meno e qualche ruga in più. Ma la consistenza è soprattutto di grani di coscienza in più, e di spessore culturale, che qui cerchiamo di lumeggiare almeno nei suoi nuclei principali.
Mugnaini intercala la trilogia cacciana con la postfazione del primo e le prefazioni del secondo e terzo tomo, evidenziando con condivisione adiacente ed affettuosa acribia, sin dall’abbrivo della sua lettura di Ricerca, la sapienza di scrittura: «Non c’è fretta né approssimazione, nei racconti di Gianni Caccia, Non c’è frenesia tipica di chi vuole produrre per apparire, sfornare di continuo per raccogliere esclamazioni di plauso che durano quanto un croissant sul bancone di un bar. Caccia dà l’idea di scrivere con gusto antico e tuttavia attualissimi. Cerca la parola esatta, indirizza il cursore del computer e della mente con occhio serissimo e divertito…che sente di voler comunicare…la dimensione onirica apparentemente eterea e l’asfalto apparentemente saldo e impoetico… che ancora parla della memoria leggera e tenace, quella che in fondo ci rende ciò che siamo».
Il secondo e terzo racconto di Ricerca si svolgono guidati da un altro alter ego, il professor Konrad Jaeger, tra sfondi di passioni per corse di Formula 1, attività scolastica, territori e orizzonti di memorie storiche lontane, in cui Jaeger è filo conduttore; ciò si ritrova anche in Triodos, titolo che richiama un orizzonte geografico più definito, di vicende collocate nel triangolo di tre Regioni – Lombardia, Piemonte ed alta Emilia, con lo sfondo dell’oltralpe ligure – area dell’Appenninico Oltregiogo, territorio in cui è posta Novi Ligure, e dove vive Caccia: un territorio marginale e ibridato tra le provincie di Alessandria, Pavia e Piacenza, davanti al bastione di montagne, oltre le quali c’è la Liguria.
Anche nel terzo libro permane il filo conduttore di Konrad Jaeger, in un percorso che si fa più serrato e formalmente più secco, di un tratto del viaggio di ricerca e acquisizione conoscitiva del Sé e del Resto, che è – come ben sottolineato da Mugnaini nella prefazione a L’ultimo bivio – a specchio, radicato in un tempo e in un territorio materici e interiori, trasmutati in paesaggi dell’anima, e immagini del processo autopoietico della interminabile ricerca della propria identità.
Ed entro tale quadro, questo ultimo disegno è, come già indica il titolo, tutt’altro che un punto di arrivo definitivo, una Itaca e un porto in cui dare riposo e appagamento alla ricerca di sé stessi. Perché l’orizzonte geografico-temporale contemporaneo non consente equilibri armonici, innervati in una polis e in relazioni gioiose, quali intese da Spinoza.
Ne consegue che il dono di un giardino fiorito di senso, rimane una utopia umana, sociale e storica. Che però non va lasciata nel ripostiglio delle cose dismesse e irreparabilmente logorate. Anzi, quanto più le condizioni attuali tendono a negarla, essa va ripresa e coltivata in quel giardino, seppure devastato e sommerso da nebbia, in atmosfere cupe che lo contornano e irridono.
Questo è almeno il mio personale punto di arrivo, aperto e non arreso, di tre libri di cui sollecito la lettura. Un viaggio da condividere e che rimarrà nella memoria, perché ci offre una misura attiva con la complessità e le difficoltà di armonia ecologica ed antropologica, entro l’orizzonte di Tempo che stiamo vivendo.
Ottobre 2024

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Luoghi sospesi – A. Ferramosca

Pubblicato il 23 ottobre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Annamaria Ferramosca, Luoghi sospesi, Premio Città di Roma 2021, puntoacapo Editrice 2023

Nota di lettura di Margherita Parrelli

Luoghi sospesi di Annamaria Ferramosca è un flusso di coscienza, non ha un inizio né una fine e a indicarlo non è solo l’assenza di maiuscole, o le domande bambine che lo aprono e quella che lo chiude e ne svela l’anelito che lo percorre e ne è ragione: “forse è nel sentire il senso?”.

A svelarne la sua natura di flusso di coscienza, che si mostra e si disperde, è il senso di tempo unitamente molecolare e magmatico che lo attraversa e quello di spazio definito solo dall’essere dietro il vetro (“bambina/ isola d’occhi indagatrice (…)/ per ore a guardare/ di là dal vetro/ fuori dalla finestra”, p.9) o fuori il vetro (“fuori dalla finestra/ dove si mostra il mondo/ guardo (…)/ e riconosco e imparo/ il duro limite della parola”, p.45).
Separata o unita, nell’introspezione o nell’esposizione al mondo, Annamaria apprende che stare oltre il vetro non comporta alcuno svelamento, ma piuttosto l’incontro-scontro con il limite (“oh sapevo eccome lo sapevo/ fin da bambina/ che sarebbe finita così/ che la parentesi vissuta/ – o mai vissuta – si sarebbe chiusa/ con un arcano flop” p. 90) e che ciò che certo è unicamente l’impossibilità del ritorno allo stato precedente l’entrata nel modo, al momento prima della cacciata dal paradiso, alla gioia dell’inconsapevolezza, poiché una volta intrapresa la strada della conoscenza ha inizio anche la strada dell’estraneamento: “matta voglia di rompere questi vetri (…)/ farmi estranea a me stessa (…)/ lo so poi sarà impossibile/ ritornare nella stanza” (p.36).

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Per Alberto Mari

Pubblicato il 22 ottobre 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

E’ mancato Alberto Mari

Ho appena appreso dalla figlia Ilaria che è mancato Alberto Mari, e mi associo al dolore della famiglia. Anche per me Alberto è stato un caro amico, fonte di molti scambi. Sapevo che non stava bene e purtroppo da parecchio non ci sentivamo.

Con le nostre sentite condoglianze

Adam Vaccaro

Novembre – Serena Rossi

Pubblicato il 20 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Serena Rossi, Novembre, Nulla die, Piazza Armerina (EN), 2024, Pagg. 83, € 15.

Laura Cantelmo

I brevi versi di Serena Rossi sono la sua cifra stilistica, la fulmineità telegrafica di un discorso che allude, che lancia il messaggio per serrare i sigilli poco dopo, con una sorta di pudore, quasi si trattasse di una confessione o di uno sfogo improvviso. Non è difficile attribuire tanta stringatezza all’altra faccia della creatività di Serena, che sono le arti visive. Ė il titolo stesso di questa silloge, Novembre, ad anticipare lo stato d’animo dominante – la melanconia di una stagione che offre una sua compunta bellezza, pur se il mese di Novembre, con la commemorazione dei defunti, resti pervaso da inevitabile tristezza.
Solitarie, sul foglio bianco le parole sono immerse in un vuoto echeggiante risonanze misteriose, ma sempre nell’attesa di qualcosa che resta fatalmente incompiuto: l’amore, il sesso, il mondo avaro di felicità, la sorte dei diseredati, i sogni che non si avverano. E sullo sfondo, il mare. Il tutto esposto con compostezza, senza rabbia, tanto da farlo sembrare un taccuino d’appunti, che trovano nel finale del testo uno sviluppo minimo, in una forma aforismatica esplicativa. Vediamo un testo poetico: “Volo di rondine nera/ Corsa senza respiro. / Limite// Goccia a goccia. //Dal vetro trasparente rotto/Per il troppo riso. / /”. Ed ecco apparire la chiusa:” Sete avara del rimpianto. / / Terra senza pace.” (pag.36).
Nel comporre il discorso, la sinteticità di ogni verso crea un metafisico senso di sospensione e di solitudine: “Un appoggio, un grido/ Latrato di cane selvatico /Allupato assurdo sincopato destino/ Siamo quella roba. / La nave che non fai entrare, l’acqua che ti assorbe/ Il sale che brucia la pelle/ E il sole che ustiona.“. E poi il finale:” /Siamo acqua e terra/ Nuova.” (pag.64).
Il vissuto di chi scrive si fonde con la condizione degli ultimi della società, seppure nella convinzione di essere “nuovi”, nonostante. Non a caso, come è già stato rilevato in altre note di lettura, una ricorrente parola tematica, soglia, denota un senso di esclusione, di insoddisfazione, di incompiutezza. Nulla di nuovo, di questi tempi, in cui tutto viene rimesso in discussione generando nell’Io stesso disagio e smarrimento.
La riflessione dell’Autrice sulla sua microstoria personale viene influenzata o, meglio, inserita nella Storia che impatta sul nostro vivere, sui sentimenti, sugli eventi stessi: “Voglio il foglio pesante per segnare in/ Nero il tratto della fine. / […] / Un anno di guerra genera spavento/ E scompiglio. Mondo oppresso.” Oppure, descrivendo – non a caso – un’opera visiva: “Omini neri appoggiati a terra/ […] Affumicati sul foglio in mezzo/ A macchie ocra e paglia. / / Sorte appesa gestita fuori dalle acque/ Internazionali. Fuori dalla ONG che chiedono compassione. Fuori dalla pietà/ Fuori dalla memoria. Dentro la storia.” (pag.31). Poiché l’isolamento e l’emarginazione allignano profondamente nella Storia attuale, la proposizione/avverbio fuori, iterata più volte, rafforza il significato di soglia, accrescendo un inquietante sentimento di esclusione. A tal punto che, coerentemente, un testo parla di fuga: “Voglio prendere il treno e perdermi/ […] / Voglio sparire.”
Va rilevato che l’uso della maiuscola in apertura di ogni verso, secondo noi, ha un’importanza strutturale, quasi a voler conferire nobiltà ai temi esposti in ogni “riga”, al fine di una successiva argomentazione.
Un intenso spleen novembrino percorre tutta la silloge – lo spleen di Milano…- presente anche nel testo eponimo – “Novembre in Milano” – figurativamente sintetizzato dall’aforisma: “Siamo ombra e soglia.” (pag.31), che avrebbe anche potuto essere il titolo dell’intera raccolta. Smorzando ogni possibile entusiasmo, lo spleen si riverbera in ogni immagine e grazie ad esso neppure l’amore conosce la passione: “I cocci, come cenere/ stanno in basso/ […]/ Stanno sotto il mio sguardo/ […]Che lento ti guarda che ti vesti e/ Non è curioso// Non si appassiona al tuo seno/ All’incavo del tuo braccio al monte del tuo pube/ ”(pag.81). Tuttavia, una venatura affettuosa: “Io voglio il tuo bene” – può essere letta come un’implicita richiesta d’amore.
Spleen o vuoto? Quello che l’Autrice vuole comunicarci di preciso è rinchiuso nei suoi sintetici versi, nel loro mistero. Ma noi percepiamo che il suo sguardo sul mondo ben si adatta all’air du temps che tutti ci avvolge e ci accomuna: la realtà oggettiva è specchio di un “dismesso sogno”, del deserto che è in noi e fuori di noi. Ovvero, per una pittrice come lei, nei “Tableaux vivants” della periferia “accecata”.

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Ombre degli Eroi – Donatella Bisutti

Pubblicato il 16 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

ALLE FONTI DELLA SAGGEZZA

Donatella Bisutti, Erano le ombre degli eroi, Passigli Poesia, 2023 – pp. 203

Entro gli Orizzonti sempre più tragici e antiumani che stiamo vivendo, spesso dobbiamo registrare indifferenze e inadeguatezze, sia politiche che culturali. Ci sono tuttavia, per fortuna, esempi contrari di analisi, denunce, espressioni, iniziative, di presa di coscienza e difesa coraggiosa della verità. Le quali tendono a farsi carico delle responsabilità storicosociali, senza di che la china dei degradi antropologici in atto proseguirà, nella incapacità di riuscire a vedere, immaginare e progettare, come e quando potranno aprirsi le possibilità di un altro Orizzonte epocale. Credo che questo libro di Donatella Bisutti abbia alle spalle il nondetto che ho sintetizzato. Di Donatella conosco il percorso e la storia, costantemente impegnati nella ricerca di un pensiero critico rispetto alle derive e alle falsificazioni dei poteri di turno. È un atteggiamento generale, che definisco oltre la qualifica di civile, termine ormai usurato. In chi, come Donatella, matura un senso di responsabilità politicosociale, l’espressione e l’azione diventano politici, con senso alto ed etimologico, in riferimento alla cura e all’amore per lo stato della polis.

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X Convegno di Antichistica

Pubblicato il 1 ottobre 2024 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini
X Convegno di Antichistica

in memoria di Emilio Piccolo

Tradizioni, voci e immagini
dall’antico, echi nel presente
11 Ottobre 2024
Museo dei Campionissimi – Novi Ligure (AL)

Saluti – interverranno Rocchino Muliere (Sindaco di Novi Ligure) e il prof. Michele Maranzana (Dirigente Scolastico del Liceo E. Amaldi)

I SESSIONE
ore 9.00
presiede Adam Vaccaro
Lorenzo Fort
Presentazione della rivista
Gianni Caccia
Il vegetarianismo di Porfirio come forma elitaria di
rispetto per l’animale
Vincenzo Ruggiero Perrino
I papiri dello spettacolo. Quinta serie
PAUSA
Lucina Àlice e i suoi studenti
Le Rane di Aristofane e il nostro bisogno di
poesia
Alessandro Cabianca
Le traduzioni dell’Iliade, da Vincenzo Monti a
Giacomo Casanova

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Trasmutazioni2 – Adam Vaccaro

Pubblicato il 2 settembre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Adam Vaccaro, TRASMUTAZIONI – ALCHIMIE IN CAOSLANDIA

puntoacapo, 2024

Recensione di Angela Passarello

In questa nuova silloge, Adam Vaccaro ci immerge, come nei suoi libri precedenti, e con la maestria della sua parola, nel paesaggio devastato del reale. Infatti, il poeta, con occhio critico, mai distruttivo, denuncia il mortifero del nostro tempo di cui siamo vittime e al contempo responsabili. Non è un caso la scelta del titolo del libro, dove i termini: Trasmutazioni/Alchimie/ Caoslandia, sono apparentati, seppur nel traslato, da un unico significato. L’alchimia messa in atto dà senso all’esperienza che con la parola poetica crea armonie, dense di significanti e di contenuti. Così, tra i fenomeni e gli oggetti presenti, troviamo la pietra che, oltre a titolare diverse sezioni del libro, è materia, potenza evocativa del sacro. Quel sacro aberrato dalla nostra epoca e sostituito da dettami inferi e dai mezzi sempre più sofisticati del potere. Nelle mani del poeta, la pietra, simbolo arcaico, oggetto dalle molteplici valenze, diventa anche nome, portatore di memorie, chiave di narrazioni universali.

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