TRASMUTAZIONI – Alchimie in Caoslandia – Genova

Pubblicato il 15 novembre 2024 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

Giovedi 28 Novembre ore 17,00

Biblioteca Universitaria di Genova
Via Balbi 40

PRESENTAZIONE

Adam Vaccaro

TRASMUTAZIONI

Alchimie in Caoslandia

 Dialogano con  L’Autore
Gabriella Galzio
Paolo Gera

Scarica la locandina 

Info:  Associazione Culturale Milanocosa – www.milanocosa.it – info@milanocosa.it – T. 3477104584

Anticipazioni – Cristina Polli

Pubblicato il 12 novembre 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Cristina Polli
Inediti

Con nota di lettura di Laura Cantelmo

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Nota di poetica
La mia poesia origina da uno scarto, un movimento a lato, una visione sfalsata, che parte dal reale ma non vi aderisce. È uno stato di distrazione che mi permette di scorgere altro: un riflesso, una via. Spesso il fulcro è un’immagine che colgo dal quotidiano; altre volte un lampo che mi attraversa e su cui indago a lungo. È nata come caduta di un velo che avevo sugli occhi ed è diventata consapevolezza costante di mancanze e attese, luce sulle ferite e necessità di purificazione. Il nutrimento della mia poesia è l’attenzione a ciò che vedo e a ciò che sento e il dialogo con la parola scritta e la parola detta, l’immersione nel dettato poetico altrui, è per me fondamentale.
Recentemente ho iniziato una sperimentazione nell’ambito della found poetry in cui la composizione poetica nasce dalle parole di una pagina stampata, selezionate e riunite tramite un processo di ascolto interiore, e dialogo con la pagina, appreso tramite il Metodo Caviardage di Tina Festa per il quale sono certificata per la didattica scolastica. Il processo compositivo è associato a una parte visiva che nella mia ricerca deriva sempre più dal gesto e forma un tutto unico con le parole.

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Blackout – Anna Lombardo

Pubblicato il 9 novembre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Il deserto della verità e l’Oltre
Adam Vaccaro

Anna Lombardo, Blackout, El martillo press, 2024, pp. 178

Questa raccolta bilingue di Anna Lombardo è traduzione sulla pagina della costante instancabile azione che l’Autrice conduce tra Venezia e le Americhe, organizzando continue iniziative con Palabra en el Mundo, di connessione tra voci che non smettono di dare testimonianze di resistenza vitale nella pervicace tempesta di sabbia prodotta dai poteri economici, politici e socio-tecnologici contemporanei. Un contesto innervato nelle logiche ideologiche, costitutive e contraddittorie, di due teste e forme dei domini in atto: da una lato una globalizzazione che spaccia illusioni di Eden di libertà senza limiti, di persone e merci, dall’altro un orizzonte asfissiato da guerre senza fine, imposte dalla testa dell’espansionismo imperialistico.
Nelle varie aree di influenza dei livelli di interesse e potere hanno agito nel corso degli ultimi decenni logiche particolarmente pervasive e tese, per un verso a disgregare senso di comunità, dall’altro ad accecare la capacità di pensiero autonomo e critico. La risultante, per essere efficace, deve innervarsi in una orchestrazione di mezzi di comunicazione di massa, storicamente mai così vasta e onnipotente come quella contemporanea. I mass-media sono oggi fonti essenziali di dominio, in primo luogo culturale, che martellano 24 ore su 24 una Verità (tra)vestita da pensiero unico falsificante e fondamentalista. Al tempo stesso, l’orchestra deve assordare e ottundere attenzioni emotive e mentali con una incessante trasmissione di forme del cosiddetto intrattenimento. Ne scaturisce una guerra di distrazione di massa in cui, al pari di quella con bombe e missili, “La verità è la prima vittima di guerra” (p.156), titolo e oggetto di un testo, dedicato a Julian Assange.
Ecco, di questo articolato processo di erosione antropologica, questo libro di Anna Lombardo si fa voce di denuncia lucida, appassionata e al tempo stesso fredda, alla ricerca di oasi in cui ricostruire e salvare il bisogno prioritario di relazioni sociali non alienate, denunciando il buio epocale, le ferite e il dolore di degradi, imbarbarimenti e desertificazioni umane crescenti, come in questi versi: “mani salivano amore, lenzuola intrecciate/ come pergole sui giardini sognati dell’Eden/ piantati in libri osannanti città bruciate,/ lingue storpiate, per diritto divino di primigenie// Sirene intrappolate dall’abbondanza mescolano/ il giusto e il vero, dai balconi della borghesia diamanti,/ sangue e foreste ammassate su navi guerriere”(p.76).
Pochi versi capaci di raggrumare l’intruglio di dominio globale che falsifica e disumanizza, in cui tuttavia si riafferma il bisogno di un Oltre e Altro di amore, utopico quanto necessario. E ogni pagina di questo libro replica tale verso e musica: “nel silenzio di vuoti modelli di stato/…costante testimone è il cielo assente/ ed il fiume scorre da altro lato. Dove/ non c’è solo l’andare verso la corrente?” (p.52). L’imperativo categorico, etico ed epico, è cercare un altro verso, che coniughi e congiunga vita e poesia, se la poesia non è intesa solo come segno trascritto sulla pagina, ma voce di bisogni ancorché qui e ora non contemplati. Perché “Le cose non dette ristagnano: nel cuore gonfiano rabbiose le vene/ vegetano nel vivere segreto di colpe/ ignote a vigilare risvegli, moti/ o speranze di ritrovamento/…/ nell’angolo più buio del pianeta/ come fossi veramente tu il pirata” (p. 38). Scrittura densa di serena passione, critica e autocritica, capace anche di graffi ironici, mentre “L’umanità schiacciata la si può cogliere” (p.22), al pari di “Quel lamento di conchiglia – strappata al mare/ che accorcia il tempo dei tempi, sa anche/…/ in attesa di proiettili calibrati/…/ di dirci della nostra vita (p. 26), che “tra case, alberi e canali, quella dell’umano/ è la forma più precisa su cui sparare” (p.22).
Questo libro (con copertina di un’opera dell’artista neozelandese Kaye Cederman) è una sorta di anello di totalità della vita, dalla biologica alla intimità psichica, in cui l’umano “appare goffo manichino”, sconnesso al Resto, per cui esplode la pena per l’anima che “si acquatta là al suolo/ senza neppure la dignità di blatta,/ formica o verme…/…latrato di cane, nitrito di cavallo/ o il cincillare di uccelli in volo” (p.22).
Da queste citazioni emerge la musica poematica del testo, tra sguardo lucido, pietas e non arresa speranza di riscatto umano, un canto resistente che nelle tre sezioni del libro (Blackout, Con candide mani / With candid hands, Tracce / Traces) sviluppa un percorso dal buio alla resistente ricerca di luce, un moto laico e dantesco, svolto in lampi d’amore di memorie personali e collettive, per cui: “Quando la Speranza sembra andata – e il dolore della vita è alto// è allora che ritorno/ a cercare scintille dentro”, che fanno “Ricordare la dolcezza del tuo sguardo/…/ Ricordare la soffice luce del giorno e della notte”, che rigenera energie e fa sentire che “La natura è con me ogni volta che la faccio entrare” (p.172).
8 novembre 2024

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Uc de Saint Circ – Alessandro Cabianca

Pubblicato il 2 novembre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Radici eticosociali ed estetiche della poesia moderna

Adam Vaccaro

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Alessandro Cabianca, Uc de Saint Circ – Un trovatore alla corte degli Ezzelini, Cleup (Cooperativa Libraria Editrice di Padova) – Romanzo, pp. 234 . € 18,00

Alessandro Cabianca è stato un importante compagno e amico del viaggio di ricerca intrapreso con Milanocosa all’inizio degli anni 2000, di cui è stato referente di un adiacente gruppo veneto, che a Padova in particolare ha curato e organizzato non poche iniziative.È un abbrivo non gratuito o cortese della lettura di questo romanzo, perché della visione interdisciplinare di ricerca intorno alla poesia (quale ha animato nell’arco di tre decenni il progetto e le cento e più iniziative di Milanocosa), l’appassionato viaggio intorno alle vicende umane e creative di Uc (Ugo) de Saint Circ ci arricchisce di conoscenza delle radici della poesia moderna.

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Bookcity 2024 – Evento Milanocosa

Pubblicato il 30 ottobre 2024 su Eventi Milanocosa da Adam Vaccaro

XIII Edizione BookCity Milano
Fond. Cult. San Fedele – Sala Loyola
Piazza San Fedele 4 – Milano
17 novembre 2024 – H 14,30-16,00

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Progetto di Milanocosa
A cura di Adam Vaccaro

La vita è un paese straniero
Kerouac in Italia 1966

Alessandro Manca
El Doctor Sax, Beat & Books, 2023

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Un libro di approfondita ricerca socio-culturale, stimolato anche dalla iniziativa di Milanocosa realizzata nel 2019 col titolo, all’interno della serie Attraverso Milano,
Jack Kerouac e i poeti della Beat Generation italiana.
Fu un incontro a cura di Luigi Cannillo e la partecipazione di Alessandro Manca, che divenne una sorta di radice da cui si è poi sviluppata la ricerca del libro che presentiamo.
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Il volume La vita è un paese straniero è la ricostruzione del viaggio che Jack Kerouac fece in Italia nel 1966, quando fu invitato da Mondadori per presentare il suo romanzo Big Sur, scelto come 500° della collana Medusa. Più che un semplice resoconto di un viaggio è il racconto dello scontro titanico, ricco di provocazioni e caustiche recensioni, fra Kerouac, insofferente e ubriaco, e un establishment culturale che in Italia, ancor più che in America, non lo comprende, ne sminuisce il valore letterario e lo riconduce a uno stereotipo.

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Anticipazioni – Marco Melillo

Pubblicato il 29 ottobre 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Marco Melillo
Inediti

Con nota di lettura di Luigi Cannillo
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Nota di poetica
Aver fede nella contraddizione come esser certi di esistere, dubitando al contempo di sé e del mondo con la stanchezza ma anche la gioia che ciò inevitabilmente produce. Credo di aver declinato in questi solchi per anni il rapporto con la scrittura in versi. Animato sì – come tutti – da quel senso di scoperta e quella attenzione alla scoperta (o attitudine) che il vivere produce, e che si attesta molto più spesso nell’esitazione e nell’indugio che nella potenziale carezza di una consuetudine.
Dallo strame novecentesco nell’essere poesia oggi deduco l’enorme quantità di dati cui siamo sottoposti, cercando di non cadere in un inganno inestricabile. Considerazione di tenore filosofico questa ma legata da un lato alla scabrosa mole dell’inessenziale (fatto di sempre) e dall’altro alla datità contestuale.
Se la poesia nasce da interrogativi più che da certezze il viatico mi pare ancora per me quello adottato in modo naturale da ragazzino. Ma l’attenzione al mondo e all’ignoto nulla sarebbero senza esperienza, e col passare degli anni si accetta ben volentieri di non produrre uno stucchevole vaniloquio in versi, onde ritrovarsi – sì – soprattutto nell’errore, trovando attraverso la vita nel mondo e lo stare profondo in essa – come asseriva Giorgio Caproni – possibilmente quel profondo talmente vasto e pungente da abbracciare l’altro e l’altrove.

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Trilogia di Racconti – Gianni Caccia

Pubblicato il 24 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

A caccia della difficile Armonia
Adam Vaccaro

Gianni Caccia, Trilogia di Racconti, Puntoacapo Editrice, Pasturana (AL):
– RICERCA, 2018
– TRIODOS, 2021
– L’ULTIMO BIVIO, 2024

Conosco Gianni Caccia da alcuni decenni, ma dopo La Vallemme dentro di oltre 20 anni fa, non avevo ancora letto la serie di racconti lunghi di questa trilogia, in cui ritrovo il suo respiro misurato e lungo, di maratoneta, teso a indagare l’Orizzonte socioculturale e a tradurre sulla carta la ricerca (sic!) a caccia (omonimia e gioco verbale che la lettura mi scodella) di un equilibrio che, nell’arco degli ultimi anni, è diventato sempre più difficile.
Sono già esplicativi di tale sintetico nucleo di senso, i titoli, incentrati e motivati dall’ansia di capire. Che non si muove in ambiti speculativi astratti, ma sul territorio del proprio orizzonte vitale, trasmutato in materia di pensiero, riflessione filosofica e visione critica, entro una esemplare messa in forma della lezione di Anassimandro di Mileto, per il quale la filosofia fioriva interconnessa alla geografia.
E la fonte alta del pensiero greco è richiamata sin dalla citazione di Eraclito in esergo a Ricerca: “Armonia che si tende da un estremo all’altro, come dall’arco alla lira”.
Dopo di che prende avvio il primo racconto, dal titolo Palintomia, che fa ricordare palinodia, termini entrambi di profonde radici greche, ma quest’ultimo con senso che si contrappone a dettati precedenti, mentre Palintomia è subito eco di complessità, termine polisemico, di tensione alla pluralità semantica e alla capacità di considerare sensi opposti, quali sono poi svolti dal racconto.
La narrazione parte da «Il profilo delle montagne che si stagliavano sotto il cielo di cenere sembrava apposta per respingere chi volesse violarle… mentre l’auto intraprendeva le prime salite… sotto la guardia delle montagne». Dopo di che il racconto ci conduce nelle trame della ricerca del protagonista, Giovanni, traslucido alter ego dell’Autore, dedicata a una setta dal nome evocante, Penti, e motivata dalla fascinazione per ciò che è eretico, anomalo e fuori dai dogmi indiscussi dai fedeli assuefatti. Metafora di sensi ampi e molteplici.
Il testo trasmette la suddetta fascinazione e il passo lungo è necessario a un tragitto lungo, già presente nell’animo pregno che inizia a premere sui tasti del pc, che si traduce in periodi altrettanto lunghi, intercalati da subordinate, virgole e punti e virgole. Eppure il respiro del testo non trasmette affanno e fatica, come a volte capita anche con certi classici. È che la levità non deriva solo da piccoli passi, brevità di articolazioni frasali. Ed è un dono di cui Gianni Caccia mostra di conoscere il segreto.
Ivano Mugnaini, di questa trilogia non è solo un fraterno compagno di viaggio, è un esempio di ciò che io chiamo lettore co-autore, di un’Opera consistente – sia per le complessive 570 pagine, che per i 6-7 anni di vita dedicati alla sua stesura, che hanno magari lasciato qualche capello di meno e qualche ruga in più. Ma la consistenza è soprattutto di grani di coscienza in più, e di spessore culturale, che qui cerchiamo di lumeggiare almeno nei suoi nuclei principali.
Mugnaini intercala la trilogia cacciana con la postfazione del primo e le prefazioni del secondo e terzo tomo, evidenziando con condivisione adiacente ed affettuosa acribia, sin dall’abbrivo della sua lettura di Ricerca, la sapienza di scrittura: «Non c’è fretta né approssimazione, nei racconti di Gianni Caccia, Non c’è frenesia tipica di chi vuole produrre per apparire, sfornare di continuo per raccogliere esclamazioni di plauso che durano quanto un croissant sul bancone di un bar. Caccia dà l’idea di scrivere con gusto antico e tuttavia attualissimi. Cerca la parola esatta, indirizza il cursore del computer e della mente con occhio serissimo e divertito…che sente di voler comunicare…la dimensione onirica apparentemente eterea e l’asfalto apparentemente saldo e impoetico… che ancora parla della memoria leggera e tenace, quella che in fondo ci rende ciò che siamo».
Il secondo e terzo racconto di Ricerca si svolgono guidati da un altro alter ego, il professor Konrad Jaeger, tra sfondi di passioni per corse di Formula 1, attività scolastica, territori e orizzonti di memorie storiche lontane, in cui Jaeger è filo conduttore; ciò si ritrova anche in Triodos, titolo che richiama un orizzonte geografico più definito, di vicende collocate nel triangolo di tre Regioni – Lombardia, Piemonte ed alta Emilia, con lo sfondo dell’oltralpe ligure – area dell’Appenninico Oltregiogo, territorio in cui è posta Novi Ligure, e dove vive Caccia: un territorio marginale e ibridato tra le provincie di Alessandria, Pavia e Piacenza, davanti al bastione di montagne, oltre le quali c’è la Liguria.
Anche nel terzo libro permane il filo conduttore di Konrad Jaeger, in un percorso che si fa più serrato e formalmente più secco, di un tratto del viaggio di ricerca e acquisizione conoscitiva del Sé e del Resto, che è – come ben sottolineato da Mugnaini nella prefazione a L’ultimo bivio – a specchio, radicato in un tempo e in un territorio materici e interiori, trasmutati in paesaggi dell’anima, e immagini del processo autopoietico della interminabile ricerca della propria identità.
Ed entro tale quadro, questo ultimo disegno è, come già indica il titolo, tutt’altro che un punto di arrivo definitivo, una Itaca e un porto in cui dare riposo e appagamento alla ricerca di sé stessi. Perché l’orizzonte geografico-temporale contemporaneo non consente equilibri armonici, innervati in una polis e in relazioni gioiose, quali intese da Spinoza.
Ne consegue che il dono di un giardino fiorito di senso, rimane una utopia umana, sociale e storica. Che però non va lasciata nel ripostiglio delle cose dismesse e irreparabilmente logorate. Anzi, quanto più le condizioni attuali tendono a negarla, essa va ripresa e coltivata in quel giardino, seppure devastato e sommerso da nebbia, in atmosfere cupe che lo contornano e irridono.
Questo è almeno il mio personale punto di arrivo, aperto e non arreso, di tre libri di cui sollecito la lettura. Un viaggio da condividere e che rimarrà nella memoria, perché ci offre una misura attiva con la complessità e le difficoltà di armonia ecologica ed antropologica, entro l’orizzonte di Tempo che stiamo vivendo.
Ottobre 2024

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Luoghi sospesi – A. Ferramosca

Pubblicato il 23 ottobre 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Annamaria Ferramosca, Luoghi sospesi, Premio Città di Roma 2021, puntoacapo Editrice 2023

Nota di lettura di Margherita Parrelli

Luoghi sospesi di Annamaria Ferramosca è un flusso di coscienza, non ha un inizio né una fine e a indicarlo non è solo l’assenza di maiuscole, o le domande bambine che lo aprono e quella che lo chiude e ne svela l’anelito che lo percorre e ne è ragione: “forse è nel sentire il senso?”.

A svelarne la sua natura di flusso di coscienza, che si mostra e si disperde, è il senso di tempo unitamente molecolare e magmatico che lo attraversa e quello di spazio definito solo dall’essere dietro il vetro (“bambina/ isola d’occhi indagatrice (…)/ per ore a guardare/ di là dal vetro/ fuori dalla finestra”, p.9) o fuori il vetro (“fuori dalla finestra/ dove si mostra il mondo/ guardo (…)/ e riconosco e imparo/ il duro limite della parola”, p.45).
Separata o unita, nell’introspezione o nell’esposizione al mondo, Annamaria apprende che stare oltre il vetro non comporta alcuno svelamento, ma piuttosto l’incontro-scontro con il limite (“oh sapevo eccome lo sapevo/ fin da bambina/ che sarebbe finita così/ che la parentesi vissuta/ – o mai vissuta – si sarebbe chiusa/ con un arcano flop” p. 90) e che ciò che certo è unicamente l’impossibilità del ritorno allo stato precedente l’entrata nel modo, al momento prima della cacciata dal paradiso, alla gioia dell’inconsapevolezza, poiché una volta intrapresa la strada della conoscenza ha inizio anche la strada dell’estraneamento: “matta voglia di rompere questi vetri (…)/ farmi estranea a me stessa (…)/ lo so poi sarà impossibile/ ritornare nella stanza” (p.36).

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Per Alberto Mari

Pubblicato il 22 ottobre 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

E’ mancato Alberto Mari

Ho appena appreso dalla figlia Ilaria che è mancato Alberto Mari, e mi associo al dolore della famiglia. Anche per me Alberto è stato un caro amico, fonte di molti scambi. Sapevo che non stava bene e purtroppo da parecchio non ci sentivamo.

Con le nostre sentite condoglianze

Adam Vaccaro

Novembre – Serena Rossi

Pubblicato il 20 ottobre 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Serena Rossi, Novembre, Nulla die, Piazza Armerina (EN), 2024, Pagg. 83, € 15.

Laura Cantelmo

I brevi versi di Serena Rossi sono la sua cifra stilistica, la fulmineità telegrafica di un discorso che allude, che lancia il messaggio per serrare i sigilli poco dopo, con una sorta di pudore, quasi si trattasse di una confessione o di uno sfogo improvviso. Non è difficile attribuire tanta stringatezza all’altra faccia della creatività di Serena, che sono le arti visive. Ė il titolo stesso di questa silloge, Novembre, ad anticipare lo stato d’animo dominante – la melanconia di una stagione che offre una sua compunta bellezza, pur se il mese di Novembre, con la commemorazione dei defunti, resti pervaso da inevitabile tristezza.
Solitarie, sul foglio bianco le parole sono immerse in un vuoto echeggiante risonanze misteriose, ma sempre nell’attesa di qualcosa che resta fatalmente incompiuto: l’amore, il sesso, il mondo avaro di felicità, la sorte dei diseredati, i sogni che non si avverano. E sullo sfondo, il mare. Il tutto esposto con compostezza, senza rabbia, tanto da farlo sembrare un taccuino d’appunti, che trovano nel finale del testo uno sviluppo minimo, in una forma aforismatica esplicativa. Vediamo un testo poetico: “Volo di rondine nera/ Corsa senza respiro. / Limite// Goccia a goccia. //Dal vetro trasparente rotto/Per il troppo riso. / /”. Ed ecco apparire la chiusa:” Sete avara del rimpianto. / / Terra senza pace.” (pag.36).
Nel comporre il discorso, la sinteticità di ogni verso crea un metafisico senso di sospensione e di solitudine: “Un appoggio, un grido/ Latrato di cane selvatico /Allupato assurdo sincopato destino/ Siamo quella roba. / La nave che non fai entrare, l’acqua che ti assorbe/ Il sale che brucia la pelle/ E il sole che ustiona.“. E poi il finale:” /Siamo acqua e terra/ Nuova.” (pag.64).
Il vissuto di chi scrive si fonde con la condizione degli ultimi della società, seppure nella convinzione di essere “nuovi”, nonostante. Non a caso, come è già stato rilevato in altre note di lettura, una ricorrente parola tematica, soglia, denota un senso di esclusione, di insoddisfazione, di incompiutezza. Nulla di nuovo, di questi tempi, in cui tutto viene rimesso in discussione generando nell’Io stesso disagio e smarrimento.
La riflessione dell’Autrice sulla sua microstoria personale viene influenzata o, meglio, inserita nella Storia che impatta sul nostro vivere, sui sentimenti, sugli eventi stessi: “Voglio il foglio pesante per segnare in/ Nero il tratto della fine. / […] / Un anno di guerra genera spavento/ E scompiglio. Mondo oppresso.” Oppure, descrivendo – non a caso – un’opera visiva: “Omini neri appoggiati a terra/ […] Affumicati sul foglio in mezzo/ A macchie ocra e paglia. / / Sorte appesa gestita fuori dalle acque/ Internazionali. Fuori dalla ONG che chiedono compassione. Fuori dalla pietà/ Fuori dalla memoria. Dentro la storia.” (pag.31). Poiché l’isolamento e l’emarginazione allignano profondamente nella Storia attuale, la proposizione/avverbio fuori, iterata più volte, rafforza il significato di soglia, accrescendo un inquietante sentimento di esclusione. A tal punto che, coerentemente, un testo parla di fuga: “Voglio prendere il treno e perdermi/ […] / Voglio sparire.”
Va rilevato che l’uso della maiuscola in apertura di ogni verso, secondo noi, ha un’importanza strutturale, quasi a voler conferire nobiltà ai temi esposti in ogni “riga”, al fine di una successiva argomentazione.
Un intenso spleen novembrino percorre tutta la silloge – lo spleen di Milano…- presente anche nel testo eponimo – “Novembre in Milano” – figurativamente sintetizzato dall’aforisma: “Siamo ombra e soglia.” (pag.31), che avrebbe anche potuto essere il titolo dell’intera raccolta. Smorzando ogni possibile entusiasmo, lo spleen si riverbera in ogni immagine e grazie ad esso neppure l’amore conosce la passione: “I cocci, come cenere/ stanno in basso/ […]/ Stanno sotto il mio sguardo/ […]Che lento ti guarda che ti vesti e/ Non è curioso// Non si appassiona al tuo seno/ All’incavo del tuo braccio al monte del tuo pube/ ”(pag.81). Tuttavia, una venatura affettuosa: “Io voglio il tuo bene” – può essere letta come un’implicita richiesta d’amore.
Spleen o vuoto? Quello che l’Autrice vuole comunicarci di preciso è rinchiuso nei suoi sintetici versi, nel loro mistero. Ma noi percepiamo che il suo sguardo sul mondo ben si adatta all’air du temps che tutti ci avvolge e ci accomuna: la realtà oggettiva è specchio di un “dismesso sogno”, del deserto che è in noi e fuori di noi. Ovvero, per una pittrice come lei, nei “Tableaux vivants” della periferia “accecata”.

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