Alessandro Cabianca
Ha pubblicato: Per l'inaugurazione del restaurato Teatro Torresino di Padova ha realizzato
il lavoro multimediale di poesia-danza-pittura-video INFLUSSI, musicato
dal compositore Matteo Segafreddo, dalla raccolta inedita DELLE METAMORFOSI
e DEI MUTAMENTI (su temi della mitologia classica e del libro sapienziale
cinese I KING). IL GIOCO DEI GIORNI ha le prefazioni di Maria Irma Mariotti e di Mario
Stefani. I GUARDIANI DEL FUOCO hanno la prefazione di Aldo Vinello e le
postfazioni di Gianni Cabianca e Attilio Carminati. ALESSANDRO CABIANCA
TESTIMONI DEL TEMPO non è questa la ferita più vera, Chiamerò a testimoni di questa storia Dino Campana, occhio di luce sopra ogni memoria Aldo Palazzeschi, dolente e cinico clown rotondo, Ezra Pound, del tempo vagabondo e, più di questi, Alda Merini, Tra quanti camminano rasente terra e, ancora, molto più rossi,
"La complessità insita nei versi di Cabianca è motivata
da una ricca e composita visione del mondo lirico legato soprattutto alle
problematiche temporee, in tutte le direzioni, fino a stratificare con
dei tocchi sapienti il presente sul passato, anche arcaico, anche primordiale.
In questo coinvolgimento si formano e si animano i più diversificati
richiami afferenti all'uomo, dalla sua derivazione ai giorni nostri. Si
assiste così al suo passaggio attraverso la temperie mitica, la
favola e la leggenda, la storia e l'antistoria, l'urgenza e la casualità,
fino al raggiungimento di una condizione oggettivata alla realtà
naturale, più pagana che cristiana, niente affatto fideistica o
pietistica. La poesia di Cabianca si fa sempre più ricca di pudore, quasi restia a concedersi, temendo nel tradimento della parola (sarebbe lo scacco massimo, la morte, la fine dell'io del poeta). Cabianca che freddo, nordico per la forma così racchiusa pudicamente in se stessa, che si rivela a poco a poco, con parsimonia, cela invece momenti di fuoco e di sogno antico quanto l'uomo. Sono versi a volte doloranti, che aprono uno squarcio improvviso, quasi un grido: "e noi migriamo più per restare,/ che per partire". E quasi pare l'antica moneta messa in bocca al faraone, quasi viatico, lasciapassare necessario, il sapere ciò che ha vissuto l'uomo, la consapevolezza dell'essere: "non sarà come il tuo bambino:/ quello che avrà vissuto, gli varrà per morire" (Di maggio in maggio").Nel suo verso si trova evidenziata una musicalità diversa, nuova, forte, alta, che ha improvvise secche risonanze taglienti. Ricordiamo "Venere.... i tuoi furori", ebbene, vi troviamo accenti foscoliani, degni dei sonetti. MARIO STEFANI E' uno stile che si misura con delle pause, diciamo, paragonabili al sonno dei vulcani e delle foglie più trasparenti... Il poeta, nella ricerca di essere semplicemente uomo, è come una legge che affronta un programma di guerra. Egli è "solo", tra il sangue e il frutto che dal ramo "schianta" il riflesso della memoria, mai la genesi della colpa! Questo lo si sapeva, ma da come Cabianca ne porta il peso non poteva non esserci, in fondo ai suoi passi, la grande responsabilità di un monito. Da oggi per sempre i valori, che solo il canto non tradisce, devono facilitare le azioni della carità e della bellezza. Rappresentando l'uomo in tutta la sua natura espressiva, Cabianca denuncia uno stato di malessere per eccellenza, quello che si chiama Civiltà dei consumi. Ne capovolge le basi con l'effetto di uno schiaffo. L'introspezione del poeta padovano è particolarmente calibrata; accumula scansioni specifiche per un sempre più largo raggio d'azione. Allora un silenzio a vela di pensiero si fa rapire dai polmoni, e una voce frusta più a fondo il potere della menzogna. Insomma Alessandro Cabianca sta nella pelle di questa necessità: non ama tanto l'impressionante pagina che brilla sulla fronte, quanto il poter leggere un vento senza bandiera. ALDO VIANELLO Talmente classici i suoi versi che possono parere poco distinguibili.
Riconoscibilità che tuttavia si impone nella struttura del linguaggio:
dalle fonti greche e latine si attua come una pausa di qualche millennio
dove non si avverte la presenza dei contributi nordici o del barocco mediterraneo,
mentre si potrebbero scorgere influssi arabi e della favolistica mediorientale
nei dialoghi e nella simbologia animale. A me paiono scelte di forma e
non di merito: la funzione poetica resta sacra e taumaturgica, sciamanica
forse, permettendo i versi la congiunzione all'inconscio o più
genericamente al sacro e all'arcano. Ed è soprattutto questa memoria
profonda, una voce che viene da lontano, a caratterizzare la poesia di
Alessandro anche nelle figure reali che prendono prospettiva più
ancora delle figure mitologiche. Il suo è un attaccamento alle
origini anche geografiche, quelle bellissime colline vicentine, ma culturalmente
delle popolazioni locali è rimasto unicamente quel senso di magia
e di profano che esce (o rientra) ed è comunque legato alla terra,
poiché tutto il resto appartiene ai contributi classico-cristiani
della storia. GIANNI CABIANCA |